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Progetto composito, colto, originale tanto nell'ideazione quanto nell'esecuzione,
"Unquiet Serenade" sembra prender vita come
un'opera aperta, complessa e segnata da una progettualità espressionistica,
essenziale nella presentazione di temi agitati d'improvviso, mossi da una ricerca
formale animata da un'introspezione intensa e raffinata nell'esplorazione d'ogni
possibilità lirica dello strumento e delle armonie.
Serenata inquieta: non sempre facile all'ascolto, senz'altro connotata
da una polifonia volutamente contemporanea nelle intenzioni, indiscutibilmente avveniristica;
un pathos iterato all'infinito da iati tanto elaborati quanto talora sfuggenti
nei significati; tanto accuratamente elaborata quanto evoluta nel progetto d'assieme
– pensiero che, spesso, sembrerebbe sfuggire di mano nel momento della variante
compositiva, nell'istante dell' improvvisazione jazzistica strettamente intesa.
Come nel titolo, l'album rivela un'inquietitudine esposta secondo canoni
estetici sottolineati dal virtuosismo del sestetto: strumentisti atti ad ornare
narrazioni debordanti di sensibilità modernistica, sebbene talora compiaciuta in
tale oscura acidità.
Il sestetto muove sensazioni tutt'altro che fragili, esatte nei registri
e negli effetti stranianti, indiscutibili sotto il profilo tecnico: un' intricata
conversazione intima che può lasciar perplessi nel passo ritmico e nel rilievo dell'immediatezza
emotiva del groove, come nel caso degli stranianti assoli del clarino basso,
in cui è possibile intuire la ripetitività di certi andamenti primonovecenteschi
e, non di rado accade, spontaneamente free.
Qualcosa di déjà écouté s'incontra, qualcosa che non sembrerebbe
nelle intenzioni estetiche di Nicita e Di Rosa: ma, si sa, a volte
nel jazz le note sfuggono – e per fortuna – dalle mani dei solisti, le tradizioni
s'intrecciano anche se, come in questo caso, non sempre paiono integrarsi con la
creatività compositiva e con l'esplorazione profonda del testo.
Ed allora l'indagine semantica potrebbe, a parere di chi scrive ed ascolta,
stridere con l'intenzione del suono in libertà.
Non raziocinante inventiva quanto flussi emozionali, non formalismi
gratuitamente iconoclasti quanto ricerca dell'essenzialità del suono: "Unquiet
serenade", coerente l'intenzione.
Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 16/06/2007
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