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La dimensione del piano trio si addice a perfezione
al talento del pianista napoletano
Fausto Ferraiuolo
classe 1965, ora figlio adottivo in terra ligure.
E questa sua ultima produzione per l'Abeat conferma, qualora ce ne fosse ancora
bisogno, quanto questa formula gli sia congeniale. D'altronde la sua formazione
passa attraverso gli studi accanto a musicisti come
Franco D'Andrea ed
Enrico Pieranunzi veri riferimenti oggi, non solo in loco ma anche
a livello internazionale, del piano trio.
Ferraiuolo
tra l'altro è alla sua quarta produzione discografica, quindi è già un musicista
navigato che dispiega le sue qualità in crescendo ad ogni appuntamento discografico,
pur muovendosi in ambiti mainstream con l'inevitabile rischio di essere superficialmente
etichettato come già sentito o come emulo di qualche altro grande nome del passato.
Ed in verità ad un primo ascolto, magari un po' distratto, è facile liquidare il
tutto senza troppa considerazione, salvo poi, ad un ascolto più attento, accorgersi
effettivamente di trovarsi al cospetto non di una produzione qualunque ma di un
lavoro accurato e ben calibrato pur nell'ambito di un jazz che si fa ascoltare con
piacere e senza grande impegno.
Il tocco del pianista è raffinato e preciso e la sua arte regala momenti
intensi e di assoluta introspezione anche grazie alla azzeccata compagnia di cui
Ferraiolo si fregia ovvero il contrabbasso di
Piero Leveratto e la batteria di Alfred Kramer, musicisti
che lo affiancano condividendone opportunamente la filosofia musicale che predilige,
nella maggior parte dei casi, lo schema classico dell'esposizione del tema e della
conseguente parte dedicata all'improvvisazione sviluppata sempre e comunque nell'ambito
delle coordinate armoniche del tema in questione.
Tra gli undici brani che compongono la selezione di questo
Changing Walking, quasi a voler avvalorare la tesi
prima esposta, si segnalano in special modo quelle dall'incedere lento, da ballad,
in cui il pianista ha mondo di esprimere il suo lato romantico e più intimo, come
in 1000 Miles Voyage e
If I Could See You, dove il trio riesce a catturare
magicamente l'attenzione di chi ascolta e il tutto si replica anche nella struggente
e intimista Exodus, ultima traccia del cd, dove
Ferraiuolo
è da solo al pianoforte dedito ad una delle sue composizioni di cui peraltro questo
cd è ampiamente ricco. In una sola occasione, Improtune,
il trio abbandona questi territori per cimentarsi in ambiti meno prevedibili e l'azzardo
risulta ben riuscito al punto che viene da chiedersi se si tratti di un'innocente
evasione o di un primo approccio a tematiche già prefissate per il futuro?
Giuseppe Mavilla per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 19/03/2008
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