Multiculturita Summer Jazz Festival
2006
IV Edizione
Capurso, Piazza Libertà, 19 - 21 luglio 2006
di Adriana Augenti e Alberto Francavilla
foto di Nicola Taranto
Per il quarto anno di seguito, grazie all'impegno e allo zelo di tutti
i suoi componenti, Porta del Lago,
associazione culturale capursese, ha proposto alla sua cittadina e agli amanti del
jazz il "Multiculturita
Summer Jazz" festival.
In questi anni in cui i festival jazz risentono dell'incrocio di vari
generi musicali, con la compresenza di artisti propriamente jazz ed artisti pop
o artisti rock, il
Multiculturita
si è fatto portavoce di una sfida, un filo conduttore che ha accompagnato tutte
e tre le serate: le big band, formazione jazz per antonomasia.
Sfida che il direttore artistico Michele Laricchia ha affrontato
con maestria, spaziando nella scena musicale nazionale non senza special guest di
fama internazionale tra i componenti, mantenendo il dovuto occhio di riguardo per
quella pugliese, a cui è stata dedicata tutta la prima serata.
Il maestro Andrea Gargiulo, a cui per primo è spettato cogliere
la sfida, non è stato meno ardito nella scelta dei suoi accompagnatori e del repertorio.
L'Orchestra
Zero e lode, progetto composto da un ensemble di docenti e studenti del primo
anno di diploma accademico in jazz del conservatorio "N. Piccinni" di Bari, ha proposto
un percorso nella storia del jazz, propriamente musica di tradizione orale, attraverso
il solo modo che si può dire la storia stessa riconosce: le note.
"La partitura deve essere semplicemente una guida …".
E'
questo il metodo d'insegnamento del maestro Gargiulo, metodo che non potrebbe
essere più appropriato per l'apprendimento di un genere musicale che fa del suono
una forma che più di ogni altro carattere rappresenta la personalità artistica del
musicista.
E' con brani come "A
nigth in Tunisia" di Dizzy Gillespie, in cui sul palco c'è fin da subito
il maestro Roberto Ottaviano al sopranino, che siamo calati in un'atmosfera
che del 2006 ha ben poco. Omaggi alle grandi
orchestre del passato, dal bebop allo swing, come il riarrangiamento di "Sing
Sing Sing" di Benny Goodman fatto da uno degli allievi, o il jazz- walzer
in ¾, "A child is born".
Accenti, segni ed improvvisazione per il brano intitolato "Conti
Basilari", composizione del maestro Gargiulo, evidente omaggio
a Count Basie la cui orchestra è stata una delle più rappresentative dell'era
bebop.
Immancabile Gershwin, "But not for me",
eseguita in sestetto dai maestri: Roberto Ottaviano al sax,
Guido Di Leone
alla chitarra,
Mino Lacirignola alla tromba, Andrea Gargiulo al piano, e
con Pippo D'ambrosio alla batteria e Francesca Leone, reduce dal primo
lavoro discografico a suo nome, "All the way" (Fo(u)r,
2006), alla voce. Ancora, "Bye
bye blackbird", con un'altra voce femminile, e "Blue
Miles" di C. Corea, riarrangiata per orchestra da uno degli alunni, in
cui c'è anche una parte vocale di Roberto Ottaviano.
Insomma, "It don't mean a thing if it ain't got that swing", ed
anche il pubblico è d'accordo.
In un'atmosfera molto più mediterranea si naviga invece durante il secondo
set della serata, continuando a lodare il jazz made in Puglia. Formazione
più usuale per il jazz moderno, tocca al quartetto del batterista andriese
Mimmo Campanale
coinvolgerci musicalmente.
Le note riempiono subito l'aria: il piano di
Mario Rosini,
special guest della serata, la chitarra di
Nico Stufano,
il contrabbasso di Maurizio Quintavalle, la batteria di
Mimmo Campanale,
catturano la nostra attenzione con un sapiente e ritmico interplay.
E' "Of
course…" (J.Jazz, 2006),
primo lavoro da leader di
Mimmo Campanale,
filo conduttore della performance dei quattro musicisti pugliesi. La poetica del
leader, che abbiamo modo di apprezzare nella ballad "Dear
Karol…", una delle due composizioni a suo nome, diventa ancor più marcatamente
liricità d'ensemble nell'altra ballad eseguita, "People",
un omaggio a J. Styne, in cui tutti i musicisti prendono voce.
In "Andrea be quiet!",
brano a firma di M. Quintavalle, la ritmica segnata dal contrabbasso riesce
ad aprire ad ogni solista una vasta serie di possibilità, mentre in "Call
65-65", composizione di
Stufano,
sono più evidenti le influenze rock del chitarrista.
Tra le cover eseguite, oltre alla ballad già citata, "Giant
Steps" di Coltrane e "Inner
Urge" di Joe Henderson (quest'ultima non presente nel disco). E non deve
meravigliare la scelta di omaggiare due sassofonisti da parte di un quartetto privo
di fiati: grazie alla capacità di tutti di superare i limiti "fisici" del proprio
strumento ogni brano diviene voce strumentale, con timbro, fraseggio e registro
aperto e al contempo compiuto.
Vitali, vigorosi, ma soprattutto irriverenti.
Per la seconda serata del
Multiculturita Summer
Jazz 2006, sul palco di Capurso
sbarcano The Good Fellas, i "gangster dello swing" (per loro stessa definizione).
La seconda big band del festival, rivelazione di Umbria Jazz
2005, arriva in scena e fa capire da subito
che tipo di serata sarà: completi gessati, energia contagiosa, lingua biforcuta,
una ricostruzione quasi perfetta delle atmosfere che contraddistinguevano il periodo
d'oro delle sale da ballo.
Guidati
dal contrabbassista e cantante forlivese Stelio Lacchini (in arte Lucky Luciano),
fondatore del gruppo assieme al batterista bolognese Fabrizio Casadei (in
arte Bum Bum La Motta), The Good Fellas si insediano a giusto titolo nella
tradizione italica dei Carosone e dei Buscaglione ed in quella italoamericana dei
grandi crooner (Frank
Sinatra, Dean Martin, tanto per fare due nomi): la loro performance unisce
la prorompente vigoria delle big band ed un'ironia pungente tipicamente romagnola,
che non risparmia nessuno, dal pubblico alle hostess, dai critici musicali ai componenti
della formazione.
Il
loro repertorio si basa su quanto di più classico tale genere possa richiedere:
da That's amore di Dean
Martin a Kansas City
della coppia Leiber – Stoller, da
I never fall in love again
di Bacharach per chiudere con le canzoni più famose di
Louis Prima
(Angelina,
Zooma Zooma Baccalà,
Sing sing sing); in mezzo,
rivisitazioni di classici italiani che ben si prestano a questo tipo di arrangiamenti,
da Nel blu dipinto di blu
ad alcuni pezzi di Celentano (Il
tuo bacio è come un rock,
Ballando il rock), passando
per Mambo italiano e
Sentirsi solo, tema
tratto dalla colonna sonora del film "L'audace colpo dei soliti ignoti".
Il concerto scorre via veloce, il ritmo è forse l'unico elemento costante
di un ensemble camaleontico, in cui l'interplay è la chiave del successo, e le carte
vengono continuamente rimescolate: l'emblema di questo funambolismo è Charlie
Martino, all'occorrenza voce, tromba o percussionista improvvisato sul contrabbasso
di Lucky Luciano. I punti di forza della band sono sicuramente Rico Romano,
raffinato trombettista che lascia il segno per un'emozionante interpretazione di
My Funny Valentine di bakeriana memoria e che
è anche l'arrangiatore ufficiale; Wally Di Capua al sax tenore, musicista
dal suono deciso ed esuberante che perfettamente rientra nei canoni dei sassofonisti
swing; il già citato Fabrizio "Bum Bum La Motta, batterista dal tocco vigoroso
che, in piena trance concertistica, percuote qualsiasi oggetto, comprese alcune
bottigliette di birra. Completano il gruppo Jimmy Gennaro alle tastiere,
Johnny Costa alla chitarra, JJ Di Giacomo al trombone e Benny Marsala
al sax e al clarinetto.
Alla fine il ritmo trascinante coinvolge anche lo spettatore più ritroso,
ed è difficile non muovere almeno le gambe: l'allegra goliardia dei Good Fellas
ha ormai convinto il pubblico capursese.
Riservata alla serata di chiusura una grande orchestra con due special
guest d'eccezione: la Montecarlo Orchestra con Nick the Nigthfly e
Sarah
Jane Morris.
L'orchestra,
formata da importanti musicisti che vantano collaborazioni prestigiose in tutti
gli ambiti musicali, opta per un'inevitabile scelta di standard e ci accoglie con
"Splanky", brano di
uno dei più grandi musicisti di big band dell'era dello swing, Count Basie.
Non
è l'unico brano di Basie che abbiamo modo di ascoltare, ma subito dopo il primo
pezzo esclusivamente strumentale ecco che dal palco si leva, insieme alla musica,
l'irrompente ed inconfondibile voce, in particolar modo per gli amanti della radio,
di Nick the Nigthfly, molto più che un semplice punto di riferimento per
gli ascoltatori notturni.
E' grazie al suo amore per le swinging big band che musicisti come
Emilio Soana, Mauro Parodi, Giulio Visibelli,
Claudio Angeleri,
Sergio Orlandi e gli altri hanno avuto l'opportunità di suonare insieme in
un progetto originale.
Sotto la direzione di Gabriele Comeglio seguiamo uno swing di classe
e qualità, con un forse ai più inedito Nick the Nigthfly come vocalist maschile.
Il repertorio proposto spazia da Count Basie a Bobby Timmon, da Horace
Silver, con un assolo di Soana su "Song
for my father" dalla linea melodica nitida e pulita, a Cole Porter. Non
mancano brani di
Frank Sinatra
e di Burt Bacharach, di Ray Charles e di Van Morrison.
Ma non solo la musica partecipa a coinvolgere il pubblico: la simpatia
dei musicisti tutti e il furore di Nick the Nigthfly, creano in poco tempo
un feeling che rende complici tutti i presenti.
Poi …
Mentre arriva sul palco l'aria si riempie di un silenzio inverosimile
fino a quel punto.
Siamo tutti distratti ora, e seguiamo ogni suo passo, ogni suo movimento,
ogni sua parola fino a quando non inizia a cantare. E la sua voce ci regala una
splendida "Me and Miss Jones",
interpretata con un timbro tale da sembrare eseguita da una cantante di colore.
Sarah
Jane Morris prosegue così, plasmando con la voce altri brani da sola
o accompagnata dall'amico Nick, come "Rain
drops falling on my head", preceduta dalla divertente introduzione di
the Nigthfly, che ci avverte che se dovesse piovere lui non ha colpa, o "Moondance"
di Van Morrison.
Splendida
esecuzione di "Georgia On My Mind" e poi finale,
in cui tutto il pubblico viene invitato a partecipare e il cantante si accerta che
ciò avvenga scendendo dal palco e passeggiando tra una platea che ha realizzato
il tutto esaurito.
I musicisti spariscono dietro le quinte, ma dura poco, perché il pubblico
capursese che hanno infiammato in quell'ora e mezza e più li richiama a gran voce.
Si fanno un po' pregare, ma accettano l'invito.
Dopo un brano improvvisato dalle tonalità blueseggianti, con parole inventate
al momento dall'innegabile fantasia di colui che è stato nominato "miglior voce
radiofonica della notte italiana", ci lasciano, questa volta sul serio, con
"Route 66" e con un
pubblico ormai tutto in piedi che accompagna la musica con movimenti delle mani
… e del corpo.
Quale modo migliore per concludere la quarta edizione del
Multiculturita Summer
Jazz di Capurso!
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Data pubblicazione: 03/09/2006
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