Un lavoro con un batterista come leader ed anche compositore è sempre un'opera prima. Ciò al di là del fatto che possa aver preso parte a numerosi lavori ovvero possa aver prodotto altro.
…Of course è il primo lavoro discografico di
Campanale come leader. Un'impresa che presuppone molto nerbo. Ed il nerbo di un batterista si sente tutto allorquando riesce a "domare" gli altri strumenti ed a farne un'orchestra, un combo, strumentale alle sue affermazioni acustiche e ritmiche.
Mimmo Campanale, batterista pugliese DOC, è riuscito a coedere ogni singolo strumento ed a farlo convogliare nelle sue strutture armonico-ritmiche. Un lavoro appassionato che fonde le sonorità migliori e più veementi del panorama musicale del "tacco d'Italia".
L'arguzia penetrante di Si Kar Bi Si Barak Bi composta – e magistralmente eseguita – dal giovane pianista brindisino Nicola Andrioli, apre questo album concedendo i sapori ed i profumi più mediterranei che si possano ascoltare. Il sostegno ritmico del contrabbasso dell'eclettico Maurizio Quintavalle apre alle incursioni armoniche della chitarra di Nico Stufano ed al piano dello stesso Andrioli. Il brano è un tessuto
cool con tinte arabe. La batteria di
Campanale tende le trame e le sorregge con acume.
Andrea be quiet! E' il titolo del secondo brano, a firma di
Quintavalle. E di calmo c'è ben poco! Le rapsodie cesellate dal pianoforte si intrecciano con una ritmica asistolica. La chitarra di
Stufano si apre la strada ad un solo che fonde i suoni in maniera armonica controllando ogni percussione timbrica e spargendo didascalie hendrixiane.
Dear Karol
è una composizione del leader, con un approccio classico di solo piano che vede Andrioli muoversi su cambi di timbro e di ritmo
particolarmente interessanti e in un rapporto dialettico con il contrabbasso e la batteria degno delle più raffinate soluzioni cameristiche. Il brano si snoda attorno alle melanconie disegnate dal piano e sorrette dal composto drumming di
Campanale. La liricità che ne fuoriesce è struggente.
Giant Steps
è una delle due cover che si ascoltano. E la si ascolta con piacere nel fraseggio
disarmante di
Stufano e nel timing di
Campanale che doppia lo
slappin' di Quintavalle.
Le sonorità costruite da
Stufano si evidenziano tutte in Call 65-65, a sua firma, le onde rock – anche
progressive – traspaiono e catturano l'attenzione dell'intera sezione ritmica che trova ancora maggiore fluidità esecutiva e contamina le armonie jazz con riff di rock puro. I suoi
algoritmi, le sue incursioni opportunamente sbavate, aprono al piano di Andrioli che disegna archetipi monkiani, combinazioni singhiozzanti lacerate dalle figure ritmiche di
Campanale.
Ed ancora
Campanale colpisce per la sua composizione dai sapori latini: Maki Papi
(un calypso in 5/4). Con il pattern costruito dal piano e la chitarra che si ritaglia il suo spazio "vocale".
Il lavoro si chiude con un evergreen: People di J. Styne. Il piano prende il posto della voce e ben la sostituisce in ogni senso.
La poliedrica valenza di
Campanale è fuor di dubbio e la si può assaporare tutta in questo lungimirante lavoro. Sia nelle composizioni e sia nelle esecuzioni, così come nella scelta dei compagni di avventura, è stato più che oculato. L'interplay colpisce così come la credibilità delle soluzioni adottate.
Da ascoltare sorseggiando un cognac d'annata.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia