An evening with...Mike Stern
Ueffilo Jazz Club - 3 maggio 2007, Gioia del Colle (BA)
di Adriana Augenti e Alberto Francavilla
Sebbene di solito non ci si meravigli ad assistere ad una sala gremita
al Ueffilo Jazz Club,
grazie alla competenza e all'ospitalità che da sempre lo staff dimostra, mescolando
abilmente qualità dell'offerta musicale ad atmosfera piacevole e acusticamente impeccabile,
nella melodica serata di Gioia del Colle, in cui sono diversi gli ambienti dove
ascoltare musica di livello, il colpo d'occhio sul pubblico appena entrati in sala
spiazza.
Chi mai dovesse essersi trovato a passare lì per caso ("possibile?" verrebbe
da chiedersi), avrebbe avuto un attimo di perplessità... prima di scoprire chi stava
per esibirsi sul palco.
Classe '53,
Mike Stern
è senza alcun dubbio uno dei chitarristi di primo piano della storia musicale moderna.
Compagno di studi di
Pat Metheny
alla Berklee College of Music, la sua carriera musicale lo vede agli esordi accanto
a nomi illustri come Billy Cobham e Miles Davis. Altri grandi nomi
hanno potuto vantarsi della sua collaborazione:
Bob Berg,
Jaco Pastorius,
Michael
Brecker, gli Steps Ahead di Mike Mainieri...
Sull'imprinting di grandi chitarristi da cui ha potuto apprendere tecniche
e passione, come
Jim Hall e Wes Montgomery,
Mike Stern
ha sviluppato un suo stile nel suono e nell'amplificazione che lo hanno consacrato
come innovatore, seguito e a sua volta "studiato" da giovani (e meno giovani) chitarristi
di tutto il mondo.
Dopo aver dialogato con varie persone, dimostrando già una certa affabilità,
Mike Stern
sale sul palco con i suoi compagni di viaggio per questa serata, ossia Paolo
Patrignani alla chitarra (e nel ruolo di interprete),
Paolo Romano
al basso e, a sorpresa,
Mimmo Campanale
alla batteria, presenza assolutamente non preventivata.
Stern
comincia a parlare col pubblico, e parte dal suo approccio al mondo della musica,
sin dall'infanzia. "Ho iniziato suonando ad orecchio. Ascoltavo chitarristi come
Jimi Hendrix, B.B.King, Eric Clapton, Jeff Beck, consumavo
i loro dischi, ero affascinato dalle sonorità rock-blues. Mia madre invece, che
suonava il piano, ascoltava tantissima musica jazz. All'inizio ero incuriosito e
attratto da questi suoni, così cominciai a "rubarle" qualche disco. In camera mia,
mentre li ascoltavo, provavo a riprodurre anche questi brani suonando ad orecchio,
ma mi resi subito conto che era molto più difficile. Fu allora che capii l'importanza
dello studio e decisi che avrei frequentato una scuola (in effetti poi sono stato
al Berklee). Benché una persone possa essere portata per queste discipline, ritengo
infatti sia necessario conoscere a fondo le note per poter successivamente creare
nuove sonorità. Ma ora basta parlare, suoniamo qualcosa".
Stern
imbraccia la chitarra e attacca un motivo a dir poco celeberrimo. Dalle sue corde
escono inconfondibili le note di "Autumn Leaves",
brano che esalta la personale padronanza dello strumento del chitarrista americano.
Stern gioca sapientemente con le scale tonali, secondo uno schema che spiegherà
successivamente, nel corso della chiacchierata.
Una volta concluso il pezzo,
Stern
racconta che ama molto suonare gli standard, al punto che "una sera, a New York,
in un'ora di concerto eseguii esclusivamente tre standard. Ma questa non è una prerogativa
esclusiva dei live, ma anche degli album. Per esempio in "Standard
and other song" c'è "Someone in love"...
e successivamente, dopo qualche anno, è uscito sempre in versione acustica un altro
album che si chiama "Give and Take", con
Jack DeJohnette
alla batteria e
John
Patitucci al contrabbasso e anche
Michael
Brecker al sax, in cui suoniamo degli standard".
Domanda: "Quando una canzone per te è (diventa)
uno standard?"
Stern: "E' una bellissima domanda... non lo so!
Molti di questi brani vengono scritti con parole per essere cantati o diventare
colonne sonore di film o spettacoli di Broadway (mima prima con la voce e poi con
la chitarra qualche standard tra i più famosi).. a volte ci sono stati brani jazz
jazz, tipo i brani strumentali di
Wayne Shorter, o alcuni pezzi di bebop dell'era di Charlie Parker.
C'è un comune denominatore tra alcuni brani.
Jim Hall,
un grandissimo chitarrista, ha fatto un tour in Italia con un bassista e nessuno
dei due parlava la lingua dell'altro, ma riuscivano ad intendersi attraverso gli
accordi, ad esempio suonando "Someone in love"
e questa è una lingua comune che i jazzisti usano ed è quello che stiamo facendo
stasera."
Domanda: "La tua "Common
ground" diventerà uno standard?"
Stern:"Non lo so, lo spero...ti ringrazio."
Domanda: "A proposito di "Standard-and other
song" qualcuno ha parlato di jazz/metal. Ti riconosci in questa definizione?"
Stern:"No! (applausi) Ritengo che sia un album
molto soffice, è suonato con le spazzole...questo è il mio parere."
Patrignani: "Ho conosciuto Mike prima ancora
di suonare con lui, ero a casa di un ragazzo e conoscevo Mike per la fusion e lui
mi ha fatto ascoltare Jigsaw per la prima volta.
È un root quel disco, per un chitarrista penso sia una nuova maniera di suonare
gli standard."
Stern: "Può darsi. Io credo che l'unica cosa
differente in quel disco è che uso un suono più moderno rispetto ad esempio a quello
di Jim Hall.
Jim Hall
amplifica con un solo amplificatore, ha una chitarra dal suono "grosso", ha una
chitarra semiacustica con la cassa alta. È incredibile! E Wes Montgomery...
anche lui è incredibile. Come dicevo all'inizio, sono cresciuto ascoltando il blues,
Buddy Guy, B.B.King, Eric Clapton, Jimi Hendrix, mi
piacciono questi tipi di chitarra, spesso. Non mi piace quando prendo la mia chitarra
in mano pensare di dover suonare jazz. Il suono deve essere nella mia testa, deve
essere un suono che "canti" di più. È quello che cerco di ottenere: un suono stereo,
con qualche chorus in più in modo che sembri un po' più grosso, un po' più hear,
più legato. È questo il modo in cui io sento il suono ed è questo il modo in cui
io voglio suonare. (Prendendo la chitarra) Io "plettro", ma la mia gestualità sulla
chitarra cerca di ottenere un suono delicato, cerca di suonare come un sassofonista,
imita un po' la voce."
Domanda: "Sei spesso lontano da casa. Cosa è per
te indispensabile, cosa non può mancare nella tua valigia. Cosa non ti faresti procurare
da un tour manager?"
Stern: "La mia chitarra!! (risate e applausi)
devo avere sempre la possibilità di suonare quando sento l'ispirazione. Ad esempio
stamattina ero in viaggio in macchina e avevo un motivo in mente...Nella valigia
un chitarrista ad esempio dovrebbe sempre avere un piccolo amplificatore con due
entrate, in modo da poter suonare con un altro chitarrista. Mi porto del materiale
su cui lavorare, tipo un piccolo registratore su cui registrare i suoni degli altri
per poi poterci lavorare sopra. Sento di non aver imparato nulla in tutti questi
anni, per cui sento la necessità di dover continuare a studiare. The more you know
the less you know . Principalmente trascrivo i soli e le melodie di sassofonisti,
come Sonny
Rollins,
John Coltrane,
mentre per quel che riguarda gli accordi mi ispiro ai pianisti, come
McCoy Tyner
e Bill Evans."
Domanda: "La differenza tra studio sessions e live
performances."
Stern: "Sono due cose differenti. Quando si fa
un disco si prova a condensare il lavoro in un tempo più ristretto, tutto tende
ad essere più compatto. Quando suoni live puoi suonare per più tempo, fare soli
più lunghi. Dal vivo suoni con altre persone mentre quando registri spesso i suoni
vengono registrati separatamente. In ogni caso io di solito anche in studio voglio
che suonino tutti insieme, per avere una situazione più live. Poi eventualmente
si aggiusta qualcosa."
Domanda: "Quando armonizzi sono quasi tutte forme
quartali. C'è un modo per poter iniziare a studiare questo metodo, questo modo di
suonare? Pensi alla tonalità del brano o scomponi le quarte per ogni accordo?"
Stern: "Normalmente suoniamo le scale in posizioni
da chitarristi. Ma possiamo anche suonare come un pianista, dall'inizio alla fine
della tastiera. Sul pianoforte c'è il tasto centrale poi tutte le note sono consequenziali.
Sulla chitarra ci sono molti posti per la stessa nota. Ci sono diverse posizioni
per suonarla. È molto complicato perché ci sono cinque possibilità verticali per
fare una scala. Spesso le scale per i chitarristi vanno studiate due volte, orizzontalmente
e verticalmente (riproduce le due modalità alla chitarra). Un buon esercizio è quello
di eseguire tutto lentamente e poi farlo in tempo. Il tempo è la cosa più importante
nella musica. Pensate al groove! (si diverte a "giocare" con la chitarra). Quando
studio penso contemporaneamente a scale e accordi."
Domanda: "Hai suonato con gli Stepd Ahead,
una formazione molto particolare per via del cambio continuo dei componenti. Cosa
ti piace dell'idea che c'è alla base del progetto?"
Stern: "E' stato fantastico suonare con quei
musicisti. Mi piace moltissimo Mike Mainieri, oltre che naturalmente
Michael
Brecker. Il mio ultimo tour con loro è stato due estati fa.
Bill Evans
sostituiva Michael al sassofono e c'era Richard Bona al basso."
Domanda: "Con quale canzone ricorderesti
Michael
Brecker?"
Stern: "Moltissime. Io ho suonato molti brani
di Michael così come lui ha suonato molte delle mie e sono molto affezionato ad
ognuna di esse. È stata una persona molto importante per me (applausi)."
Il pubblico comincia a rumoreggiare, vorrebbe ascoltare meno parole e
più note. Mike accontenta gli spettatori e parte con gli accordi di "Equinox"
di John Coltrane
(un musicista nominato più volte da
Stern
nell'arco della serata). Eccezionale, seppur quasi improvvisata, l'intesa tra chitarra
e batteria (Stern
e Campanale
hanno successivamente "confessato" di aver suonato insieme solamente durante il
soundcheck, e per pochissimo tempo). Molto buona anche la performance di
Romano
al basso, mentre la chitarra di Patrignani è naturalmente oscurata dalla
presenza di un simile "gigante".
Successivamente l'ensemble esegue "Wing and Prayer",
un originale dello stesso
Stern,
che mostra tutta l'influenza rock che sembra far parte intrinsecamente del Dna del
musicista.
Poi si torna all'interattività.
Domanda: "Quando suoni jazz a cosa pensi?"
Stern: "Suono col cuore piuttosto che con la
testa. Non mi importa che tipo di musica è, ma cerco di esprimere me stesso. La
musica è un linguaggio del cuore. All'inizio è difficile esprimersi appieno, quando
si impara un nuovo linguaggio, perché è una lingua nuova; bisogna studiare per avere
gli strumenti per trasmettere agli altri. Dopo un po' arrivi ad un punto in cui
conosci abbastanza per poter essere più fluido. Quando sei più fluido pensi alle
scale, agli accordi e alle cose più strettamente musicali, non devi dimenticare
che ciò che vuoi trasmettere nasce dal cuore. Ci sono alcuni musicisti rock e blues
che non conoscono niente di teoria musicale, ma riescono ad esprimere tanto pur
avendo a loro disposizione solo il loro modo di suonare. Ad esempio B.B.King
riesce a dire tantissimo anche suonando solo due note, è importante la dinamica,
l'espressività con cui le suona, quelle due note. Sono modi differenti di leggere
la stessa storia. Io trascrivo tantissimo e imparo tantissimo da questo perché questo
è il modo di imparare qualsiasi linguaggio, come a scuola: imparare lo spelling,
la pronuncia, la coniugazione dei verbi. Ma se vuoi imparare veramente una lingua,
il modo giusto è parlare con qualcuno che conosce davvero quella lingua, ascoltarlo
e poi assorbi, provi a parlare la lingua pur facendo molti errori, finché la conosci
in maniera più fluida; a questo punto quando hai la padronanza della lingua non
hai più problemi di espressione, non devi pensare al modo in cui esprimi ciò che
vuoi, sei in grado di riformulare la cosa che volevi dire in modo più chiaro. A
volte improvvisiamo quando parliamo una lingua che conosciamo bene, il concetto
da esprimere lo senti nella testa e immediatamente lo comunichi: dopo un po' di
tempo questo succede pure con la musica. Studiare appartiene all'altra fase, ma
per imparare ad esprimersi è molto importante ascoltare e trascrivere. A volte sentire
senza analizzare dal punto di vista didattico, ma sentire semplicemente col cuore.
Fare errori fa parte del mio stile (ride)."
Domanda: "In Given Take
fai una cover straordinaria di Hendrix. Come pensi le dissonanze che usi
in quell'assolo?"
Stern: "Qualche volta suono fuori dalla tonalità.
Ci sono molte maniere per suonare fuori tonalità e dunque essere più stridente,
più dissonante. Giusto un esempio: pensare a una tonalità diversa e sovrapporla
a quella che ci sta accompagnando. Puoi pensare a molti più accordi da sovrapporre
e prendere una scala estranea alla tonalità originaria e muoverti andando dalla
tonalità originale a quella fuori e puoi rientri. (riproduce l'esempio alla chitarra
su un accordo in Do minore, poi fa salire la stessa scala di un tono e mezzo, poi
passa in Si minore) Può darti anche l'impressione di suonare sbagliato in quel momento
ma è una questione di dizione. Molti musicisti hanno usato questa tecnica,
Michael
Brecker,
John Coltrane.
All'ascoltatore dà una sensazione di tensione, nervosismo di fraseggio, e poi distensione.
Puoi ottenere moltissimo anche restando all'interno della stessa scala, grazie all'utilizzo
della dinamica. Anche usando molto di meno, facendo respirare le note. A volte rientri
sempre in dei pattern, ma puoi uscire da questo pericolo improvvisando su una sola
cosa. (fa un esempio su Autumn Leaves) Quando
stai su più corde ti senti più libero, invece in questo caso sei più limitato, però
devi scegliere. Una via per economizzare note e iniziare il tuo solo con meno materiale."
Siamo in chiusura di serata, è evidente. Molte parole e molte note si
sono susseguite nella cornice del
Ueffilo. Si legge sul
volto degli astanti un certo appagamento. Quella che potremmo definire una lezione/concerto
è una formula che entusiasma, che non concede vuoti.
Per la maggior parte di noi è in ogni caso la musica il filo portante
dell'incontro col nostro. E questo un grande musicista come
Mike Stern
lo sa bene. Torna alle pure note e ci regala una versione struggente della ballad
"Sonnymoon for two" di
Sonny Rollins,
nella quale la chitarra sembra quasi emettere lamenti, avvicinandosi al suono del
sax del grande sassofonista cui
Stern
rende omaggio. Un po' quello di cui ci ha parlato durante la serata: l' "imitazione"
del suono di un fiato col manico della sua chitarra.
E forse non a caso anche l'ultimo brano è un omaggio a un grande degli
strumenti a fiato, Miles Davis, che viene citato con questa originale esecuzione
di Jean Pierre, in cui
Stern
strappa applausi con alcuni ottimi soli, per congedarsi nel modo migliore da un
pubblico che gli ha riservato sicuramente grande calore e affetto.
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Data pubblicazione: 08/07/2007
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