Il digipack è ad alta tensione: cinque foto ben
fatte mettono in luce, in cinque differenti particolari anatomici, le belle fattezze
della giovane vocalist danese, in deshabilles.
L'alta tensione termina all'involucro del cd; perché i dodici brani contenuti
nel disco scivolano via senza lasciare alcuna traccia, anche epidermica.
Malene Mortensen, figlia di due musicisti, ha dato ai posteri un lavoro che
pone in bella mostra le sue caducità vocali nonché le sue titubanze compositive.
Dodici brani, di cui ben sette recano la firma di Malene; cinque le cover, anche
queste senza sussulti ad aggio di una linea continua ben definita.
Di buona fattura la ritmica che accompagna la Mortensen ed asseconda
l'intentio auctoris con supina veemenza espressiva. Se ciò non bastasse, accanto
alla triade ritmica, appaiono – in diverse soluzioni e diversi momenti – eccellenti
musicisti come
Mike Stern, Chris Potter, Toku. I risultati sono,
comunque, uniformi: Stern non da colore al simil -bues di
If You Gotta make a fool of Somebody; Potter
tenta di alzare la temperatura di Temptation,
ma i suoi interventi sono poco convinti e convincenti. Toku, invece, ha dalla
sua Desperado (di Henley e Frey), melodicamente
ed armonicamente ben strutturata, ma incredibilmente livellato dal range costante
e metafisico della vocalist scandinava.
Forse un prensile tentativo di emulare la nouvelle vague di vocalist
affascinanti dispensatrici di saperi esclusivi tanto amati dalla massificazione
democratica e mass-mediatica.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 01/02/2009
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