Intervista a Matteo Sabattini marzo 2104
di Gianmichele Taormina
Poco conosciuto in patria ma acclamato interprete nella "grande
mela", non solo come leader ma anche come session man "di lusso", dotato di inventiva
e spontaneità nelle colorazioni compositive, strumentalmente tra i più preparati
fiatisti della sua generazione Matteo Sabattini, bolognese, sassofonista contralto
e soprano, ci racconta la sua permanenza decennale negli States, il suo non facile
rapporto con l'Italia, l'incisione dei suoi splendidi lavori discografici. Con tanta
umiltà, rispetto per il jazz e immensa energia ancora da spendere. Ancora da ascoltare...
Matteo, partiamo subito scoprendo le carte: cosa ti ha
spinto a trasferirti per un lungo periodo a New York, e soprattutto perché?
New York è la capitale artistica nel mondo e senza dubbio il punto storicamente
e attualmente più influente nello sviluppo della musica jazz contemporanea. Tutti
i più importanti musicisti jazz o vivono a New York o in ogni caso orbitano nella
città, in qualche modo per usufruire dell'opportunità di poter suonare con i migliori
musicisti di oggi…Altra motivazione è stata la vittoria di una borsa di studio presso
una delle migliori scuole di jazz del pianeta, la New Shool University, un istituto
in cui si sono laureati fra gli altri, Mehldau, Glasper, Moreno, Bernstein, Strickland
Brothers, ecc... Non ebbi nessun dubbio e decisi così di partire per avere maggiori
possibilità di imparare e suonare con i migliori musicisti di quell'area.
Lì hai conosciuto il chitarrista Mike Moreno e una
sezione ritmica completata da Matt Clohesy e Obed Calvaire. Parlami
di loro e del rapporto che con questi hai instaurato...
Mike è in assoluto uno dei miei musicisti preferiti e senza dubbio la mia prima
scelta fra i chitarristi. Amo il suo suono, il suo modo organico di accompagnatore,
il suo senso innato della melodia… Amo inoltre i batteristi. Sono, a mio parere,
l'elemento più importante in un gruppo perché sono quelli che possono cambiare in
modo più drammatico l'atmosfera in qualsiasi momento. Non c'è niente di peggio che
il batterista sbagliato per la musica che si deve suonare… In questo senso devo
dire che Obed corrisponde esattamente a queste mie aspettative... lo scoprii
ad un concerto nel Novembre 2004 al Fat Cat.
Stava suonando con uno dei miei gruppi preferiti: il sestetto di Lage Lund
(nel quale suonava anche Matt quella sera). Pensa, di quel concerto ne hanno anche
fatto un bootleg che ancora oggi ascolto spesso... concerto straordinario. Era la
prima volta che vedevo Obed, e mi innamorai istantaneamente del suo modo di suonare,
della sua energia, della sua musicalità e del controllo del suono. Quella sera andai
subito a parlare con lui, poi lo sentii in molti altri concerti ed in seguito iniziammo
a suonare insieme in sessions. Con l'andare del tempo siamo diventati anche amici…
Infine Matt Clohesy: lo conobbi in situazioni analoghe l'anno prima, mentre
suonava nel gruppo di Lage. Anche se iniziammo a suonare insieme anni dopo, quando
il bassista con cui suonavo stabilmente (Chris Tordini) non fu disponibile
per alcuni concerti e un tour in Italia. Decisi così di chiedere a Matt con il quale
avevo voluto sempre suonare. Da allora abbiamo registrato due cd insieme.
Avete, suppongo, anche condiviso un palco per eventi "live"?
Si, abbiamo fatto tanti concerti insieme anche se, essendo tutti musicisti di prima
caratura, è veramente difficilissimo averli tutti disponibili nello stesso giorno…
a meno che non si pianifichi moooolto in anticipo... cosa pero' difficilissima sia
in Italia e in Europa, sia a New York. È comunque sempre fantastico avere l'opportunità
di suonare dal vivo con musicisti straordinari e per lo più amici.
Dopodiché siete entrati in studio per l'incisione di "Dawning",
tuo secondo lavoro discografico. Com'è avvenuto il tutto?
Generalmente cerco sempre di sviluppare la mia musica nel corso di un tour prima
di effettuare una registrazione. Nonostante i musicisti con cui suono siano fantastici,
ed abbiano una preparazione e un talento musicale raro, la differenza nel registrare
un cd dopo un tour, invece che registrarlo con solo una o due prove come avviene
spesso, è abissale. Soprattutto quando si vuole registrare un repertorio di composizioni
originali con forme estese e ritmi e armonie più ricercati. Nonostante Mike, Obed,
Matt e Aaron possano leggere a prima vista senza alcuna difficoltà anche le mie
composizioni più complicate, il fatto di avere un tour a disposizione per interiorizzare
la musica rende il tutto più naturale e il risultato finale molto più soddisfacente
e coinvolgente.
Qual è il clima musicale che si respira nella Grande Mela?
In cosa il jazz "nostrano" si differisce, a parte le sonorità, da quello statunitense?
Il clima è totalmente differente. La differenza principale è che in Italia la maggior
parte dei musicisti non ha amore per la musica. Per quanto questa sembri una dichiarazione
forte, a confronto con la realtà newyorkese è la pura verità. A New York suonavo
sessions private a casa di musicisti quasi tutti i giorni. Quando vuoi suonare basta
fare qualche telefonata e ci si ritrova per il puro piacere di suonare insieme,
leggere nuova musica, incontrare nuovi musicisti... In Italia questo amore per il
suonare assieme non c'è. È difficilissimo riuscire a trovare musicisti che abbiano
voglia di suonare tanto per suonare. Se non c'è un concerto di mezzo, qui, non si
suona... E questo è triste... Ovviamente ci sono delle eccezioni, ma purtroppo la
situazione in generale è questa... Altra differenza sostanziale è che in Italia
molti musicisti che sono relativamente famosi, hanno un atteggiamento da divi...
In Italia ti guardano con sufficienza. Non faccio nomi ma sono sicuro che molte
persone possono condividere i miei sentimenti e hanno probabilmente avuto spiacevoli
incontri... A NYC invece, a parte poche eccezioni, tutti i musicisti sono genuini,
umili e hanno comportamenti terra terra, ad esempio quando si parla con loro ai
concerti. In più c'è anche la possibilità di suonare in session con autentiche superstar,
sempre quando ovviamente hanno il tempo per farlo.
In seguito hai confermato la tua formazione con l'innesto
del pianista Aaron Parks al posto di Kristjan Randalu. Come mai?
Molto semplice, Kristjan non era disponibile per il tour che avevo fissato, e per
fortuna Aaron (uno dei musicisti che più prediligo) lo era. Ho quindi colto la palla
al balzo... (ride).
"Metamorpho" è il terzo disco a tuo nome. Ritieni sia la
continuazione ideale di "Dawning" o hai voluto rielaborare altre formule sonore
prima di entrare in studio?
Difficile per me essere obiettivi sulla mia musica. Le mie composizioni sono tutte
figlie di una parte di me, delle mie esperienze, delle mie sensazioni... faccio
onestamente fatica a giudicarle con distacco. Posso solo dire di essere molto più
contento del modo in cui ho suonato in "Metamorpho". Sento senza alcun dubbio di
essere maturato come musicista.
Preziosa "special guest" di questo tuo ultimo cd è la presenza
di Chris Potter. Parlaci di com'è avvenuto l'incontro e la session in studio.…
Beh, io e Chris siamo buoni amici, lui e' uno dei miei musicisti preferiti in assoluto.
Quando ero a New York vedevo praticamente ogni suo concerto... il problema è che
Chris è in tour quasi 300 giorni all'anno...Quindi ho avuto MOLTA fortuna... Infatti
pochi giorni prima della registrazione, l'ho chiamato e gli ho chiesto se fosse
a NY uno dei 2 giorni della registrazione. Mi confermò che era a NY e senza impegni
avrebbe suonato uno di quei giorni. Aveva solo un unico problema da risolvere: fare
da baby sitter a sua figlia. Allora mi disse: "guarda se mi trovi qualcuno che
si prende cura di mia figlia mentre registriamo vengo". A quel punto ho iniziato
a fare telefonate, e un grande amico e grande chitarrista, Kevin Wang, si
è offerto di aiutarmi e di prendersi cura di Anna allo studio mentre Chris registrava...
Sono rimaste escluse composizioni non inserite nel disco?
E se si, perché?
Io scrivo tantissimo, ho più di un centinaio di composizioni già terminate, quindi
scrivo molto di più di quello che riesco a registrare. Per quanto riguarda i pezzi
che registro sono quelli che ho scritto per un certo progetto o per i musicisti
con i quali voglio registrare.
In pochi In Italia conoscono la tua splendida valenza artistica
e il tuo spessore strumentale. Dicci in che modo si è sviluppato il tuo incontro
col jazz... Chi sono stati i tuoi maestri sia nello strumento sia riguardo i riferimenti
prettamente musicali e culturali?
Maestri...tanti...Mio padre senza dubbio, il quale super-appassionato di musica
mi ha attaccato l'amore per la musica jazz e classica, e mi portava a comprare i
dischi fin da quando avevo quattro anni...passavamo intere sere ad ascoltare nuovi
dischi. Sono cresciuto sostanzialmente conoscendo solo musica jazz e classica. Musicalmente
ci sono tantissimi compositori e musicisti a cui mi ispiro volontariamente o no
(nel senso che avendoli ascoltati così tanto ogni tanto mi accorgo che una tal cosa
è venuta fuori naturalmente perché ho ascoltato un certo musicista).
Qualche nome?
(ride): Bird, Sonny Stitt,
Bill Evans,
Lennie Tristano,
Sonny Rollins,
Pat Martino, Tony Williams,
Wayne
Shorter, Oscar Peterson,
Stan
Getz,
Michael Brecker,
Claus Ogerman, Miles, Clare Fischer, Sam Most, Chris Potter,
Brad Mehldau,
Chris Cheek,
Brian
Blade, Kurt Rosenwinkel, Chris Dave, Robert Glasper,
Stefon Harris,
Kendrick Scott, Chick
Corea, Vincent Herring, Dick Oatts, Rory Stuart, e tantissimi musicisti
con i quali ho avuto il piacere e la fortuna di suonare (Mike, Obed, Aaron, Frank
Locrasto, Tommy Crane, Lage Lund, Will Vinson) e tanti altri... i grandi compositori
russi, Bach, Mozart, Wagner, R. Strauss, Barber, Part, J. Williams... troppi!
Qual è il tuo rapporto con gli standard?
Gli standard sono parte integrante della storia del jazz, proprio per questo motivo
essendoci decine / centinaia di fantastiche versioni di standard, mi interessano
solo quei musicisti che suonano gli standard in maniera personale con la propria
voce, invece di quelli che ripetono o peggio ancora copiano le stesse frasi...
In che modo invece intendi la parola "rinnovamento" nel
tuo jazz?
Mah, rinnovamento è una cosa che spetta agli altri dire della mia musica... Posso
solo dire di continuare a cercare "la mia voce" personale, di cercare di essere
aperto il più possibile. La musica che mi piace più ascoltare e suonare (il contemporary
jazz che viene da NY) e che trovo più interessante e' quella che prende ispirazione
da tante cose diverse. Il jazz classico, la musica classica, la world music con
i suoi ritmi inusuali, il gospel, R&B, pop, funk...
Tre o più dischi preferiti. Charlie Parker - "Bird with Strings";
Bill Evans
- "Alone"; Miles Davis - "Nefertiti":
Brad Mehldau
- "The Art Of The Trio Vol. 4"; Joshua Redman - "Elastic"
Un evento personale che ti ha cambiato per la vita.
Vivere a New York per dieci anni.
Cosa sogni la notte? Un tema ricorrente?
Non ricordo quasi mai i miei sogni purtroppo.
Un obbiettivo ancora da raggiungere...
Ce ne sono troppi…Suonare con
Brad Mehldau
e Brian Blade forse li batte tutti!