Brad Mehldau - Joshua Redman
Roma, Auditorium Parco della Musica – 8 maggio 2010
di Dario Gentili
Brad Mehldau
- pianoforte
Joshua Redman - sax tenore e soprano
Ci sono concerti che, pur avendo per
protagonisti professionisti affermati e rodati, fanno storia a sé: è il caso del
concerto di
Brad Mehldau e Joshua Redman all'Auditorium di Roma. Concerti
in cui si crea un'alchimia speciale tra i musicisti – sarà qualcosa che c'è nell'aria
o semplicemente uno scambio di battute appena prima di salire sul palco – difficile
capirlo, fatto sta che all'Auditorium Mehldau e Redman hanno dato vita a una performance
eccezionale e unica, nonostante i due si conoscessero fin da ragazzi, quando un
Mehldau praticamente sconosciuto era il pianista del quartetto di un Redman che,
invece, fin dall'esordio, è stato baciato dal successo di critica e pubblico come
il nuovo enfant prodige del jazz americano. "Giovani leoni" erano
stati denominati i jazzisti americani della generazione degli anni novanta, e Redman
ne era il capofila. Oggi sembrerebbe che i ruoli si siano un po' invertiti, considerando
lo straordinario successo internazionale di Mehldau, che ha travalicato i confini
del jazz. Comunque, si narra che i due siano rimasti ottimi amici e, quando Mehldau
ha concepito la sua opera più ambiziosa, Highway Rider (2010),
ha coinvolto Redman come sassofonista.
I primi due brani eseguiti, John Boy e The Falcon will
fly again, tratti da Highway Rider, hanno confermato le sensazioni di
molti fan di Mehldau e Redman, e la presentazione stessa dell'evento sulla stampa:
il concerto sarebbe stato una versione in duo del cd, magari più aperta all'improvvisazione,
in quanto Highway Rider, oltre al trio di Mehldau e a Redman, vede la presenza
di un'orchestra sinfonica, che fa capire quanta importanza vi rivesta l'aspetto
"compositivo". Non che l'esecuzione dei brani di Highway Rider sia stata
deludente, anzi: si tratta comunque di pezzi molto belli, in pieno stile Mehldau,
con Redman al soprano particolarmente "dentro" la "scrittura" del pianista. Ma il
salto di qualità – una qualità già estremamente elevata – c'è stato quando il concerto
ha preso la strada dell'improvvisazione. Si è assistito allora a una sorta di sfida
d'altri tempi tra due solisti straordinari, senza risparmio di colpi e Redman, per
rispondere da par suo, infatti, quando sono stati esplorati i territori vergini
dell'improvvisazione, ha imbracciato il tenore. Da Epistrophy di Monk a Charlie
Parker, dal blues più classico fino a Smells like teen Spirit dei Nirvana
(omaggio alla canzone rock simbolo degli anni novanta), ogni brano era l'occasione
perché ognuno dei due affermasse la propria personalità tecnica e musicale. Forse
è appunto questo il segreto: due personalità tanto diverse – introverso e romantico
Mehldau quanto esuberante ed estroverso Redman – hanno creato una tensione palpabile
che l'affiatamento ha condotto a un felice equilibrio: il piano cercava la ritmica
del sax e il sax l'espressività del piano. Questa tensione creativa non poteva non
accendere l'entusiasmo del pubblico, davvero in visibilio.
All'ennesimo bis richiesto a gran voce, era evidente l'imbarazzo
di Mehldau e Redman nel non sapere quale altro brano eseguire – niente di strano:
di previsto e prevedibile, questa serata ha offerto davvero ben poco.
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Data pubblicazione: 01/08/2010
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