Intervista con Elisabetta Serio
ottobre 2014
di Laura Scoteroni
Gli eventi della vita ti segnano nel profondo. Si dice che ciò
che non ti uccide ti fortifica. Ed è quello che succede durante il percorso di crescita
di ognuno di noi.
Elisabetta è diventata "terra", è diventata carne e sangue perché è partita dalla
morte per arrivare alla vita, e ha capito che la vita ha un senso e se ne deve fare
qualcosa. Elisabetta adesso vive con i piedi per terra, ogni tanto con un occhio
al cielo, per quella parte di me un po' fanciullesca che ha bisogno di spazi, ha
bisogno della sua camera scura, più che oscura: però è sicuramente terra.
Quando hai capito di voler fare musica? Avevo cinque anni. Avevo bisogno di esprimermi, io non sono molto brava con
le parole, sono taciturna, silenziosa, colei che osserva da lontano. Ho trovato
nella musica il mio modo di comunicare e, oltre ad essere felicemente gregaria,
ho intrapreso la strada da leader, componendo brani originali, provando ad arrivare
alla gente. Chiaramente il musicista non può non considerare il pubblico. Bisogna
essere meno autoreferenziale e provare ad esprimere un sentimento comune . C'è un
pubblico a cui devi comunicare delle cose: altrimenti per chi suoni?
Dagli studi classici al jazz in cui sei laureata. Da cosa
scaturisce la scintilla per il jazz?
Io vengo dal rock come entità. Ascoltavo i Beatles, gli U2, i Pink Floyd, quindi
alberga un forte senso melodico dentro di me. Ho incontrato persone importanti che
mi hanno avvicinato al jazz. Non mi ritengo una purista del jazz, nel senso di tradizione,
di bebop, ma preferisco pensare di aver compreso il linguaggio per quello che serve
per scrivere. Perché sono composizioni che vengono da altrove e non da stilemi che
ti costringono a suonare in un certo modo, io non vorrei suonare in quel modo pertanto
cerco una via che sia diversa da quella che è la tradizione, pur comunque rispettandola,
però la mia è un'anima più nord europea. Faccio il mio jazz, così come qualcuno
mi ha detto: "Fammi sentire il tuo jazz", perché ognuno di noi ha un suo jazz! Il
rischio è che tutti si somiglino, perché ci sono delle caratteristiche nel modo
di improvvisare o di intraprendere il linguaggio jazzistico. Fare questo tipo di
percorso a me non interessa; mi interessa dire altre cose in maniera diversa, sono
alla continua ricerca. Non credo di aver trovato ancora la mia strada, e spero di
avere sempre "fame"..
Chi ha influenzato la tua tecnica?
Io ho studiato con Valerio Silvestro, ho fatto un paio di lezioni con
Rita Marcotulli,
che conosco bene è un'amica e la stimo, la seguo da sempre quindi per me è un riferimento
umano. Ho seguito dei seminari con Barry Harris che è il capostipite della
tradizione bebop, per poter capire questo stile e trovare la maniera di masticarlo
al meglio e "intrecciarlo" nella mia musica.. Mi piace imparare delle cose per poi
metterle da parte, perché non si sposano con quello che ho io in testa. Devo esprimermi
in un modo che arrivi al pubblico in una maniera diversa di come farebbero tanti;
non voglio essere polemica, però è la verità e non posso far altro che essere onesta.
Che cosa ti piace ascoltare quando sei in pausa dai concerti?
Ascolto tutto, ascolto rock, ascolto i Nirvana che adoro, poi Brad Mehldau
(a proposito di jazzisti diversi), molta musica indie, British, musica classica,
adoro Chopin, Mozart, Stravinsky,
Bill Evans..
Quanto ha inciso il tuo cognome nella tua vita?
Ti dico un aneddoto, a scuola ero un bersaglio. La frase tipica di un paio di
professori era "Serio di nome ma anche di fatto?" e quindi in qualche modo mi ha
condizionato. Ma non è stato tanto il cognome quanto la figura di mio padre che
essendo un generale dell'esercito era piuttosto, almeno apparentemente, rigoroso:
aveva imparato dal suo lavoro, dalla sua carriera a essere così, ma in realtà è
un uomo meraviglioso.
Com'è composto il tuo trio? Vediamo in qualche occasione
una composizione diversa, ad esempio al contrabbasso a volte Giacomo Pedicini altre
Marco de Tilla. Da cosa
dipende?
Non ci sono ragioni particolari, ad esempio Giacomo Pedicini in questo momento
è impegnato con un suo progetto molto bello. Le collaborazioni nascono, finiscono,
si riprendono: si partecipa al lavoro degli altri, si scambiano idee, emozioni.
E' un matrimonio, poi ad un certo punto può finire e oggi le separazioni si verificano
molto spesso: può capitare.
In questo trio c'è l'inclusione dei fiati una volta con Fulvio
Sicurtà alla tromba, altre con Giulio Martino al sax.
Sì, perché mi piace sperimentare. Giulio Martino è stato ospite spesso nei
concerti, adesso sono nella fase in cui mi piace la tromba e quindi invito spesso
Fulvio Sigurtà.
Il disco "April" è uscito è stai annunciando
già da un anno l'uscita di "Niente di Serio". Vuoi fare la seria e farlo uscire
finalmente?
Stiamo sempre aspettando il buon Matteo
Pagano di Via Veneto Jazz che ci dia l'Ok definitivo. Abbiamo
finito di registrare una settimana fa cinque brani, ne mancano altri tre che registreremo
i primi di novembre. Bisogna considerare che ci vuole il tempo, dedizione, concentrazione,
quindi diventa difficile se tu sei impegnato in un tour o in altro. Sono due anni
che faccio questa vita e di questo ringrazio Dio, sono fortunatissima e onorata,
però poi devi scegliere i momenti giusti per fare delle cose. Io vorrei fare la
seria.
La partecipazione alla manifestazione Piano Solo del 2013
a Napoli che esperienza è stata?
E' stata una bella esperienza, perché là ho avuto la possibilità di conoscermi meglio.
Quando tu suoni con gli altri in qualche modo deleghi, ti deresponsabilizzi, così
quando si suona in meno persone crescono le responsabilità. In ogni caso una bella
esperienza dove ho avuto la possibilità di conoscermi e di capire che ciò è possibile.
Hai detto: "Quando c'è dinamismo è sempre una bella cosa".
Questo pensiero lo condividi anche nelle tue collaborazioni e nella scelta di musica
che fai?
Il movimento è fondamentale, il movimento è vita; se manca il movimento diventa
tutto stagnante è lì che nascono i cosiddetti loop mentali. La vecchiaia
oltre ad essere una cosa naturale e fisica, diventa soprattutto mentale perché c'è
un accumulo di loop mentali. Noi abbiamo dei loop, ecco perché esiste
la religione che può essere il buddismo o altro, ci sono dei rituali che ti consentono
di "spezzare" il loop. E' necessario creare movimento intorno a sé durante il giorno,
perché il vero problema è il quotidiano: è quello che ci frega. Da un lato ci serve
perché ci conferma come uno specchio dove ci guardiamo e constatiamo che: "è tutto
a posto, sono sempre io, è tutto sotto controllo", però allo stesso tempo ci uccide,
come i ruoli. I ruoli nella famiglia, con l'amore, tutto ciò che è ruolo, tutto
ciò che è statico, routine, che quindi ci dà sicurezza allo stesso tempo ci uccide.
Sta a noi rendere il quotidiano dinamico.
Qual è stata la tua collaborazione migliore? Pino Daniele senza dubbio. Non smetterò mai di ringraziarlo. Lascia stare
che hai più visibilità o introiti, che ti serve per il futuro, ma al di là di tutte
queste cose che sono effimere, ho imparato davvero tanto. Pino ha una profonda conoscenza
e sensibilità umana, sa esattamente cosa vuole: ha un suo suono e ha le idee molto
chiare sugli arrangiamenti. Ho migliorato il mio modo di "stare sullo strumento".
Il modo di studiare è migliorato, le performances sono diverse, sono più sicura
di me e so cosa non voglio. (E buttalo via..)
Qual è il posto dove quando ti esibisci ti senti a casa?
Casa siamo noi. Se io sto bene dentro di me qualsiasi posto va bene.
Il posto più interessante dove hai suonato?
Mi viene in mente che a Camden Town a Londra (zona situata nel nord di Londra, nella
London Borough di Camden) c'è un mercatino che amo. Sai quando immagini un altrove?
Ebbene io spesso immagino di essere lì, di domenica mattina con il sole. C'è un
ponticello sul fiume e un mercato pieno di colori. Lì vicino c'è il JazzCafè dove
ho suonato un paio di volte con Z Star.
Estate impegnativa con numerose esibizioni tra il tour di
Pino Daniele, Rino Zurzolo, Elements ed il Trio. Come ci si sente ad essere così
attivi. Come ci si sente a doversi dividere su più fronti, essere impegnata in più
progetti?
Non so se è perché sono dei gemelli però mi riconosco una caratteristica che è quella
di sapersi adeguare, come se andassi dietro ad un sipario indossando un abito diverso
per ogni occasione..
Cosa pensi del riconoscimento del jazz come cultura, sdoganato
da Franceschini ed i fondi annunciati?
Speriamo che questo aiuti la musica in genere e, in particolare, il jazz che è una
musica meno di nicchia, visto che la gente è molto più educata di prima.
Qualcosa da dichiarare?
Mi viene in mente proprio Enjoy any day of the life. Godiamoci la vita perchè
siamo vivi, non ci resta che vivere..
Progetti in corso d'opera a parte il tour Nero a Metà con Pino Daniele?
C'è il mio progetto che va avanti, il disco in corso d'opera dove ci sarà come ospite
in alcuni brani anche Sarah
Jane Morris; con il Trio abbiamo già dei concerti a Roma tra gennaio
e marzo 2015 sia al BeBop JazzClub che all'auditorium
del Massimo dove penso di suonare in quartetto con Fulvio Sigurtà.