Jazz, termine oggi inflazionatissimo anche per l'uso improprio che se ne fa,
torna ad appropriarsi del suo vero significato e a contestualizzare la musica di
questo quartetto italo-americano.
La straordinaria partecipazione di un grande del jazz contemporaneo come
Dave Liebman
è quasi garanzia del risultato. Oltre al saxofonista americano, già noto all'intero
mondo musicale, Alessandro Galati al piano, Ares Tavolazzi, già bassista
degli Area ed
Alessandro
Fabbri alla batteria, sono gli artefici di questo lavoro discografico
che offre uno spaccato del jazz intriso di tradizione ma anche di tanta modernità.
Le belle sonorità di
Dreszda
ci introducono nei meandri armonici di questo
brano in cui, dopo il bel solo di contrabbasso ed il sapiente fraseggiare di
Liebman, spicca il fresco e brillante solo di
piano che "tira" la ritmica verso una coesione di intenti ricca di sfumature
interessanti che ci portano nuovamente a gustare le raffinatezze tematiche.
Ancor più fruibile è
Neptune, una bella melodia strutturata in maniera
tradizionale e che ci porta verso la bivalente
Magoo: un pedale afro della
ritmica espone il primo tema (frammentato melodicamente) e che con dolcezza si trasforma
in up-swing, solidamente accompagnato da
Fabbri e
Tavolazzi. Il terreno è fertile
per piantarci i tiratissimi soli di Galati e
Liebman, vero "mostro" di quest'arte...La
tensione è sempre alta, non c'è pericolo di dubbi ritmici e
Liebman
sciorina un
fraseggio articolatissimo e spigoloso conforme all'estetica del brano stesso. Il
finale è una vera esplosione di free per il saxofonista che fagocita
letteralmente il pedale armonico ritmico. (… credo avrebbe continuato
all'infinito se in studio non avessero sfumato il finale!).
E finalmente si respira con la mite
Amaxonia
una gustosissima ballad in cui
meglio si evidenzia l'interplay dei musicisti e che ti introduce in quel viaggio
sentimentale tra le note ricercate e riscoperte del bel jazz.
Attraverso
My own blues
giungiamo a
Ringin' Bells. Dopo un intro
etnica, vicina alla tradizione africana e suonata con percussioni, corde di piano,
e il flauto di
Dave Liebman, pian piano si insinua il vero tema che ricorda per certi
versi la musica dei vari Brecker, Metheny, etc., ma sempre con uno sguardo al
jazz europeo.
Dolci armonie sono rese raffinate dal tocco leggero di Galati impegnato in un
solo di vero gusto, quasi sognante e che alla fine cede il campo a
Liebman
che non
smentisce la sua indole di vero trascinatore: il turbinio di note tirate dal suo
autore si sono giustificate, poi, con la bellezza dell'ultimo chorus così risolutivo
e più aderente alle armonie.
Chiude questo pregevole disco uno standard di R.Henderson,
Bye Bye Blackbird.
Un omaggio al jazz d'autore e che, quasi come una passeggiata, serve a distendere
gli animi e a indurre alla riflessione: il jazz è grande musica di una ricchezza
unica, a volte istrionica, che esiste ed esisterà sempre nelle forme in cui si è
evoluta.
Dino Plasmati
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Data pubblicazione: 15/12/2003
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