Jazzitalia - Rita Marcotulli: The light side of the moon
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Le Chant du Monde – Harmonia Mundi CDM087
Rita Marcotulli
The light side of the moon


1. Waves and wind
2. La strada invisibile
3. Us and them
4. Koinè
5. Love song
6. Conversation with the moon
7. Tuareg
8. Misteriosa
9. Imaginary rainbow
10. Elettra's magic stick

Rita Marcotulli - piano e voce


È l'intimità a caratterizzare questo piano solo, The light side of the moon di Rita Marcotulli, fra le pianiste più intense ed al contempo esperte del panorama jazzistico contemporaneo, in Italia ed anche all'estero. E se da un lato quell'intimità può sembrare ovvia, dall'altro si percepisce nettamente come i paesaggi sonori delineati dal piano della protagonista traccino proprio umori, profili, momenti e stati particolari del suo animo, come se fossero stati composti e registrati di getto, impulso e riflesso incondizionati, senza la riflessione condizionata della scrittura sul pentagramma.

Si viene infatti non già rapiti ma semmai condotti delicatamente in quel mondo sonoro che è anche il mondo personale ed artistico della pianista.



Si va da una introspettiva e raccolta Waves and wind, alla più solare e quasi giocosa La strada invisibile, con progressioni e cambi di tonalità che aprono orizzonti sempre diversi e colorati, mentre in Us and them uno strascico sonoro disegna l'etereo sottofondo su cui gli acuti del piano si stagliano mollemente, creando atmosfere surreali, per poco più di tre incantevoli minuti. Segue Koinè, un brano già inciso – in duo con il sassofonista Andy Sheppard per l'omonimo album – che qui si avvale di alcune strumentazioni elettroniche, sapientemente dosate, per catturare i reverberi e le "stoppature" delle corde del piano percosse dal di dentro, o gli stridori prodotti adagiando sulle stesse corde oggetti di varia natura che danno risalto all'accezione più metallica del suono, rendendola a tratti orientaleggiante, quasi a recuperare la matrice ellenica e culturale dell'etimo, quella comunanza del vivere e del sentire che discende da una lingua condivisa, come è appunto anche il jazz.

Dopo la rapsodica Love Song, altra piccola perla è Conversation with the Moon, notturna e crepuscolare, nella quale è messa a nudo la sensibilità della pianista romana, ma anche il suo tocco esperto nel tradurre in emozioni le proprie sensazioni e traendo nello stesso tempo dalle sue emozioni sensazioni tangibili per chi l'ascolti. Così in Tuareg, dove in questo caso l'elemento sonoro si rende visivo, riproducendo e lasciando immaginare l'incedere dei cammelli sulle dune sabbiose e la solitudine delle distese desertiche.

Costruzioni improvvisate, ma anche filtrate attraverso l'esperienza di chi dell'ascolto dei propri compagni di palco ha fatto fonte d'ispirazione immediata per le proprie esecuzioni, e qui, in piano solo, sembra siano le mani ad ascoltarsi reciprocamente, e a riprendere a mo' di canone l'una le linee progressive dell'altra, ricostruendo dinamicamente l'estensione della tastiera. È quanto avviene in Misteriosa, la cui cifra quasi ciclica rimane volutamente celata fra le maglie delle progressioni armoniche, mentre ineffabile è lo stato d'attesa che Imaginary rainbow riesce a trasmettere, un momento di inspiegabile transfert emotivo in cui le goccianti note di una pioggia passeggera si trasformano in un effetto elettronico finale, una sorta di phaser, che visualizza questo arcobaleno immaginario... Infine Elettra's magic stick, una ninna-nanna che reca il nome della figlia Elettra alla quale è dedicata, voce appena sussurrata, circondata da migliaia di farfalle amiche ed un mondo di fate che la accompagna nel sonno, alla luce chiara della luna.

Dunque il piano solo è momento particolarmente intimo del rapporto fra un pianista ed il suo piano, il momento in cui il musicista si confronta, in assoluta solitudine, con il proprio strumento e quindi anche con sé stesso. E la Marcotulli lo fa mostrando, confessando un rapporto non fisico ma tattile, morbido ma non fragile, senza le aggressioni percussive più tipiche di pianisti afro-americani e senza ricercati virtuosismi ammalianti e stranianti; lo fa anzi esaltando la componente melodica tipica della nostra tradizione, quasi lirica, con tocco cristallino, sicuro – che non vuol dir veemente – e delicato. Leggera e lunare – appunto! –, come nel suo stile.
Antonio Terzo per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 14/12/2006

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