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Lisa Manosperti
Where The West Begins: Voicing Ornette Coleman
dodicilune (2011)
1. Round Trip
2. Turnaround
3. Fou amour
4. Jayne
5. Latin Genetics
6. Kathelin Gray
7. The Blessing
8. Feet Music
9. Lorraine
10. Lonely Woman
Lisa Manosperti
- vocal
Roberto Ottaviano - saxophones
Domenico Caliri
- electric guitar
Giovanni Maier - dublebass
Zeno De Rossi - drums
Via Ferecide Siro 1/e
73100 LECCE
Tel. +39 0832.091231 - 0832.092478
Fax +39 0832.1831054
email: ufficiostampa@dodicilune.it
web: www.dodicilune.it
Ornette
Coleman è considerato uno dei padri del free jazz. Nella sua lunga carriera
ha attraversato fasi creative diverse, pur restando sempre inserito nell'area dell'avanguardia
afroamericana. L'operazione di
Lisa Manosperti,
di dare voce a brani di un repertorio piuttosto libero, contrastato, apparentemente
antimelodico si presenta, quindi, subito coraggiosa, se non ardua da portare a termine
favorevolmente. Nelle note di copertina si legge che Ornette "ha scritto temi
di una potenza e suggestione pari a quella di Gershwin e Porter o di Ellington e
Silver". Si assiste, cioè, ad un ribaltamento della prospettiva. Il musicista
di Fort Worth viene considerato non per la sua teoria armolodica, per le sue impegnative
composizioni sinfoniche, ma essenzialmente come autore di motivi potenzialmente
da utilizzare come standards, un vero "songwriter", secondo un angolo di visuale
già enunciato negli anni 2000, un po' provocatoriamente, da Michele Mannucci. D'altra
parte pure
Giorgio Gaslini, parlando del sassofonista americano, ha usato
per lui l'aggettivo "naif". Unendo le due definizioni, ci si avvicina a entrare
nel mondo espressivo di Coleman, con le radici nel blues e nel canto primordiale
nero e gli sviluppi in una musica a volte complessa all'ascolto, dotata, però, di
una struttura tutto sommato semplice, in cui armonia, melodia e ritmo sono assimilati
senza precise regole gerarchiche.
Mancando le parole a molti titoli, la cantante barese ha provveduto
a comporre liriche adatte a "vestire" partiture di epoca e carattere diversi, ma
indubbiamente provvisti di un'impronta di riconoscibilità certa. In più sono stati
adattati gli arrangiamenti per un gruppo di musicisti curiosi, proiettati verso
un jazz di ricerca, ma consapevoli della storia, degli stili e aperti anche verso
generi di confine o alla contaminazione. In questo modo sono stati incisi dieci
brani che non tradiscono l'estetica di Ornette, ma ce lo fanno conoscere sotto un
altro aspetto meno battuto e consueto.
Si impone, fra le altre, la voce della cantante, incisiva, avvolgente
e allo stesso tempo sobria, priva di orpelli, mai debordante o sopra le righe. In
alcuni pezzi la Manosperti si produce in effetti particolari, salendo in alto, "in
cielo" con la voce senza mettere, però, in secondo piano il suo quartetto che rimane
protagonista alla pari della leader.
Roberto Ottaviano come sassofonista ha il compito più
difficile, dovendo confrontarsi con Ornette. In realtà la sua scelta è di prendere
le distanze dal modello, suonando in uno stile più agée, avvicinandosi alla
pronuncia e al modo di costruire gli assoli di Rollins o, in certi frangenti, addirittura
di Ben Webster, ovviamente filtrati attraverso uno sguardo attualizzatore.
Domenico Caliri
offre con la sua chitarra un contributo armonico dolce o discorsivo, in alcuni brani
e diventa secco, spinoso e aggressivo quando il clima diviene più intenso e tirato,
ma è lontano dal linguaggio impregnato nel blues di James Blood Ulmer o da quello
dei chitarristi che si sono avvicendati nel " Prime Time". Giovanni Maier
e Zeno De Rossi costruiscono un accompagnamento ritmico regolare e fantasioso
incalzando il giusto i solisti o rispondendo alle sollecitazioni dei partners in
modo conseguente o antagonistico.
Non possa sembrare questa una scelta scontata, ma il meglio,
in un disco globalmente pregevole, lo si ascolta proprio nella riproposizione del
song colemaniano più celebre: "Lonely woman". Alla solita e
classica introduzione poetica del contrabbasso di
Charlie
Haden si è sostituito un inizio africano con la batteria di Zeno De Rossi
in primo piano. Il canto lirico e dolente molto "nero" viene dispiegato in controtendenza
dalla Manosperti. Ad uno stop della sarabanda percussiva, il gruppo si rimette insieme
e riparte su un ritmo lento accompagnando in modo più canonico la vocalist pugliese,
salvo ritornare sulle atmosfere iniziali dopo la pausa di riflessione.
Dopo l'omaggio a Edith Piaf,
Lisa Manosperti
dimostra di essere un'artista pronta ad affrontare sempre nuove sfide con la possibilità
concreta di uscirne vittoriosa, come in questo capitolo dedicato a
Ornette
Coleman.
Gianni Montano per Jazzitalia
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
15/05/2011 | Giovanni Falzone in "Around Ornette": "Non vi è in tutta la serata, un momento di calo di attenzione o di quella tensione musicale che tiene sulla corda. Un crescendo di suoni ed emozioni, orchestrati da Falzone, direttore, musicista e compositore fenomenale, a tratti talmente rapito dalla musica da diventare lui stesso musica, danza, grido, suono, movimento. Inutile dire che l'interplay tra i musicisti è spettacolare, coinvolti come sono dalla follia e dal genio espressivo e musicale del loro direttore." (Eva Simontacchi) |
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Data pubblicazione: 01/05/2012
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