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Gallo & The Roosters
Everything Is Whatever
El Gallo Rojo (2012)
1. Kosciunsko
2. Arthur Fellig
3. Check It Easy
4. Leon Trotsky
5. Coyoalan
6. Kaput Kravatta
7. Blues For Myself Mostro
8. Kleber Bigoni
9. Las Lagrimas Del Capitano
10. Sacco E Vanzetti Gallo e Succi
11. Led You To Duncan Sorrentini
12. Pluto Platter
13. Zentralfriedhof Friedrichsfelde
Gehrard Gschloessl - trombone,
pianoforte
Achille Succi - clarinetto basso
Danilo Gallo - contrabbasso
Zeno De Rossi - batteria, giocattoli
Registrato nel maggio 2011 a Perpetuum Mobiledi Nave (BS) Tecnico del suono:
Alessandro "Asso" Stefana
Tutte le composizioni sono di Danilo Gallo eccetto dove indicato
www.elgallorojorecords.com
info@elgallorojorecords.com
"Soul Music. Non sopporto la Soul Music, quella che chiamano"soul"
music.. La chiamano così perché (per suonarla) ti vendi l'anima" (Steve
Lacy in un intervista a Ben Ratliff dicembre 1992)
Incisione risalente al maggio del 2011 e terza prova della formazione
in sette anni a dimostrazione della cura, rigore e coerenza che innerva la musica
del Gallo rosso.
Troviamo qui una delle più creative e stimolanti formazioni in circolazione, non
solo in Italia; molti i punti di forza: la scelta dei compagni di viaggio e quella
(conseguente?) timbrico-strumentale, clarinetto basso, trombone e contrabbasso,
con in bella evidenza una assenza, quella del pianoforte, che come in precedenti,
storici e recenti, libera la musica da attrazioni armoniche troppo scoperte.
Sopra tutto emerge la profonda e matura conoscenza e stima reciproca dei musicisti
presenti e insieme, già dal primo ascolto, la grande, cristallina, sapienza compositivo-organizzativa
di Danilo Gallo.
Disco dai temi ombrosi, cupi, lugubri o in alternativa sardonici e ubriachi; marce
funebri, frammenti di twist e frattaglie rock, sogni cubani e incubi quotidiani:
questo sembra il materiale con cui Danilo Gallo costruisce i brani in totale sintonia
con gli insostituibili compagni di viaggio.
Il dirge di Kosciunsco apre il disco con una frase,
esposta da Succi, che gira su se stessa aprendosi e richiudendosi. Il ritmo greve
non lascia grandi dubbi riguardo improbabile spiragli/speranze. Qui come altrove
sono gli aspetti ritmico-dinamici a costruire il pezzo. Nel successivo Arthur
Fellig la melodia a note tenute è nuovamente un dolente canto che si arresta
per lasciare ampio spazio alle spazzole di De Rossi; poi l'improvvisazione a due
voci con il suono robusto, ampio e rotondo del contrabbasso di Gallo a far da guida;
rimangono i due fiati in solitudine come assorti in un dialogo pensoso che porta
"dolorosamente" alla riesposizione del tema-
Il successivo Check It Easy è il pasoliniano twist della
troupe sotto la croce nell'episodio de "La Ricotta" qui con Succi singhiozzante
e la ritmica irresistibile nella sua vacuità.
Ancora echi da Liberation Music Orchestra nel successivo Leon Trotsky: un tema pensoso
che fa del dialogo tra note tenute e il silenzio in suo centro. Poi i fiati rimangono
nuovamente in solitudine e da un loop di Succi, più dolphiano che altrove, il brano
riparte con il martellare del contrabbasso il bella evidenza. La cavata possente
di Danilo Gallo in solitudine apre il successivo, hadeniano, Coyoacan dove su un
ritmo latino i fiati espongono beffardamente il bel tema. Kaput Kravatta
ha un tema così sgraziato e volutamente banale da essere quasi insopportabile.
Chissà se l'uomo cane ritratto in copertina è lo stesso Danilo
Gallo? E' forse quel me stesso evocato nel Blues For Myself Mostro? brano
ancora una volta magistralmente scritto ed eseguito che ripropone, in maniera più
oscura e senza speranza, una variazione della frase della composizione di apertura:
una sequenza di note singole sparse punteggiate mirabilmente dalla batteria di De
Rossi che si incagliano contro il grufolare del trombone di Gschloessl. Tutto si
chiude con un passo claudicante.
Kleber, come "Led you to Duncan", non è firmata da Danilo Gallo e la differenza si
coglie nella diversa distribuzione tra parti scritte e improvvisate e nella atmosfera
di maggiore libertà e serenità complessiva. Emerge qui più che altrove il trombone
di Gschloessl che si produce in un lungo assolo, poi torna il tema sul quale i
due fiati improvvisano in collettiva per arrivare alla chiusa
Il breve interludio di Sacco e Vanzetti in duo Gallo Succi conduce ad uno
dei vertici dell'album Led You To Duncan nel quale una breve frase viene
ripetuta con un crescendo dinamico irresistibile, oltreché mirabilmente condotto.
Poi la musica si arresta per la ripresa del tema per spegnersi poco dopo.
Ancora un ritmo sghembo e dagli influssi rock Pluto Platter
e poi a sostenere il finale radi colpi di grancassa e rullante su un tema dapprima
"inutile" che vira e cresce dinamicamente guidato dal drumming energico di De Rossi.
Poi l'energia si dissolve e rimane il contrabbasso di Danilo Gallo memore di Mingus
e del miglior Dresser con radi suoni di cordiera. Alfine, stancamente e "svogliatamente"
il tema riemerge.
Andrea Gaggero per Jazzitalia
Intervista a Danilo Gallo
Quanto la costituzione del Gallo Rojo
ti ha aiutato, stimolato e incoraggiato nello sviluppare le tue idee musicali?
El Gallo Rojo e' un gruppo di amici/musicisti che condividono idee musicali, attitudine,
progettualita', spesso trasversali, musicalmente parlando, ma anche e soprattutto
di persone che discutono e si confrontano su massimi e minimi sistemi. Ancora prima
che nascesse il marchio e il collettivo c'era la voglia da parte di tutti di mettersi
in proprio, di essere indipendenti e costruire una realtà culturale che autonomamente
e al di fuori delle regole di sistema portasse avanti le proprie idee per farsi
largo senza alcun tipo di compromessi, da tutti i punti di vista. Confrontandoci
quotidianamente decidemmo di costituire un'associazione culturale e quindi anche
un'etichetta. E' nata così' El Gallo Rojo Records che da quel momento è diventata
per noi tutti un punto di riferimento e di scambio, un luogo dove mettere a sedimentare
le proprie idee, innaffiarle per poi coltivarle, come in una fattoria a conduzione
familiare. Per me El Gallo Rojo e' una "famiglia", un "conjunto" dentro cui ci ritroviamo
pienamente, artisticamente e umanamente, e di cui siamo orgogliosi. Ovviamente quando
sussistono queste condizioni risulta facile trovarsi a proprio agio per poter esprimere
e tirare fuori la propria personalita' che cosi' puo' venire esaltata senza alcuna
logica di "sottomissione" o subalternanza, ma liberamente e senza la preoccupazione
di dover pensare alla "convenienza commerciale" o logica di impresa. L'etichetta
e' solo una delle manifestazioni (seppur importante) del collettivo, la cui priorità
però è quella di sviluppare progetti musicali, confrontarsi. siamo musicisti non
discografici, non facciamo marketing, ne' lucriamo. Un nostro motto e' "No tenemos
que pedir permiso para ser libres" – non dobbiamo chiedere il permesso per essere
liberi" Siamo sempre, quotidianament, e a confronto via mail, attraverso delle cene
"sociali", gite e scampagnate, oltre che attraverso i nostri tanti incontri incrociati
durante i concerti, e la cosa più bella è che siamo amici e ci divertiamo a correre
insieme quest'avventura con grandissimo entusiasmo. Siamo in quindici sognatori
dislocati un po' ovunque in nord Italia. Fatte queste premesse, El Gallo Rojo e'
il terreno ideale su cui seminare la mia idea di musica.
Terzo album in 7 anni ma come nasce
la formazione dei Roosters? Poiché è evidente che le incisioni arrivano solo quando
è pronto il materiale, da quali suggestioni, stimoli e riflessioni sono nati i brani
di questo album?
Il gruppo Gallo & The Roosters nasce nel 2004 ed incide il primo disco
"Todo Chueco" nel novembre dello stesso anno, poi uscito nel 2005. Quindi e' una
formazione longeva, che ha poi inciso "The Exploding Note Theory" con ospite il
leggendario Gary Lucas (Captain Beefheart, Jeff Buckley, John Zorn) ed infine "Everything
is Whatever" rigorosamente in quartetto (gli altri due precedenti dischi prevedevano
svariati ospiti, compagni e fiancheggiatori di mille avventure). Formazione tanto
longeva quanto scarsamente attiva sui palcoscenici, nonostante i dischi abbiano
avuto ottime recensioni in tutto il mondo, abbiano vinto premi, ed abbiano venduto
relativamente bene. Ma qui mi fermo perche' questo aspetto, soprattutto in Italia,
e' patetico; dovremmo prima aspettare di vivere in un paese in cui la meritocrazia
e la curiosità' culturale diventino fattori essenziali. Campa cavallo…La scelta
della formazione nasce da idee e suoni "gravi" che mi frullavano in testa da tempo,
da profondità sonore, ritmi sghembi e giocosi, a volte ossessivi e in cortocircuit;
strizzando l'occhio a Beefheart piuttosto che ai Cure, a
Bill Frisell
piuttosto che a Ornette, a Erik Satie piuttosto che ai Motorhead, a Harry Belafonte
piuttosto che a Tom Waits. Riferimenti a musiche e culture diverse che rispecchiassero
il mio essere onnivoro dal punto di vista degli ascolti, tanto da volerle frullare
in un condensato punk-celtico-mariachi-free-rock-psicorhumbadelico-malincogezz-suddelmondomanachenord.
Insomma, questo per dire che non saprei definire e collocare in un ambito quello
che avevo in testa, però, come dicevo, volevo il tutto grave, sulfureo, budelloso,
"pancioso". Ecco la scelta del clarinetto basso di Achille Succi (con cui avevo
fatto qualche concerto "jazz") del trombone gravofono e sghembo, nostalgicamente
nordico, di Gerhard Gschloessl (un fuoriclasse sbocciato in Baviera, crucco quanto
bastava per la mia musica) Conosciuto in una registrazione, purtroppo mai uscita,
fatta da Zeno De Rossi con un gruppo che considero mia fonte di ispirazione, i Friends
of Rumenigge, ed appunto Zeno, batterista, mio fido compagno da sempre di ritmicità
più o meno consapevoli.
Trovo una grande uniformità e coerenza
di intenti e atmosfere in questa incisione e mi sembra che i brani più cupi e quelli
più divertenti non siano che due modi diversi di intendere una disillusione diffusa?
Eh! Domanda interessante. In studio, durante la registrazione di Everything Is Whatever,
coi colleghi musici si scherzava dicendo come questo disco risultasse DDD: Dry,
Dirty, Dead. Ecco, espressione che ritengo appropriata. Riverbero zero, suono in
faccia e nella pancia, no dilatazioni o diluizioni, assenza di respiro, se non quella
del musicista che pesa il suo strumento, l'unico respiro che a mio avviso contava
in quell'istante. Assenza di respiro ma molta polvere e molto graffio. La volonta'
era quella di lasciare fronzoli e artificiosita' da studio agli studi, appunto,
per questo ho scelto Asso (Alessandro Stefana, nonche' chitarrista dei Guano Padano)
e il suo studio in una cascina tra le galline e i vigneti nella collina bresciana.
Disillusione? Non penso di voler comunicare un "pensiero", ma solo uno stato d'animo.
Non saprei…. Sicuramente malinconia, tanta malinconia. Del resto non mi riesce di
scrivere brani allegri, non bastano accordi maggiori o ritmi rock per renderli tali.
Che importanza ha la formazione dei
Roosters nella tua attuale produzione?
Gallo & The Roosters e' la tana, o il contenitore, dove riversare quelle sensazioni
che ti raccontavo prima, so che qualsiasi spunto musicale, bello o brutto che sia,
io possa partorire, questa formazione lo renderebbe unico. E' un caposaldo, un pianeta
intorno al quale ruotano altri satelliti ugualmente importanti e determinanti. Tutto
ciò fa la mia galassia, ed e' un equilibrio in cui nessun tassello può esser tolto.
I Roosters sono anche la mia prima creatura da leader, quelli con cui ho imparato
a scrivere, arrangiare, spiegare le mie idee, dirigere, praticamente una cavia (in
accezione positiva) di cui sono orgoglioso, un motore per mettere in moto le mie
tante sfere musicali che quotidianamente si fanno avanti. In questo momento, dopo
tre bei dischi all'attivo, mi piacerebbe poter suonare dal vivo con questo gruppo
un po' di piu'. Nel frattempo mi sto dedicando ad altri progetti
personali, tra cui uno dedicato ad un altro mio aspetto emotivo ancestrale,
risalente agli anni '80 e alla musica pop di quel periodo, insita oramai nelle mie
vene più di qualunque altra musica, che ha trovato finalmente la motivazione essenziale
per sbocciare ed essere documentata per sempre.
La ritmica dei Roosters è la stessa
di un altra formazione il Tinissima di Bearzatti. Quali le analogie e le differenze
tra la tua idea di composizione jazz e quella di Francesco?
La ritmica De Rossi/Gallo e' propulsore di tantissime formazioni eterogenee, tra
cui Tinissima, Guano Padano, Sousaphonix, Midnight Lilacs + Marc Ribot, Mickey
Finn + Cuong Vu e tante altre, quindi anche generi di musica (che parolaccia!
non sopporto la parola "genere musicale", ma per rendere l'idea….) molto trasversali.
Ecco, e' una ritmica trasversale, che si trova a suo agio ovunque perche' quello
che conta e' l'attitudine, non quello che suoni, ma lo spirito con cui lo suoni,
e in questo senso i due insieme sono, a mio avviso, riconoscibilissimi e personali,
qualsiasi cosa suonino. Differenze e analogie tra i Roosters e Tinissima: ascoltando
i due gruppi si potrebbe dire che suonino qualcosa di completamente diverso, beh,
in effetti cosi e', dato che si tratta di composizioni dei rispettivi leaders, diverse
sicuramente nella "strutturazione", nell'uso delle voci, ad esempio. Ma io in realta'
trovo molte analogie: intanto in entrambi i gruppi io sono il bassista e Zeno il
batterista, entrambi sono pianoless con un front-line di un ottone e un'ancia, e
poi c'e' un senso melodico/rockeggiante che accomuna i due gruppi rendendo la loro
musica benche' diversa nello sviluppo, affine almeno nell'immaginario da cui proviene.
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
15/05/2011 | Giovanni Falzone in "Around Ornette": "Non vi è in tutta la serata, un momento di calo di attenzione o di quella tensione musicale che tiene sulla corda. Un crescendo di suoni ed emozioni, orchestrati da Falzone, direttore, musicista e compositore fenomenale, a tratti talmente rapito dalla musica da diventare lui stesso musica, danza, grido, suono, movimento. Inutile dire che l'interplay tra i musicisti è spettacolare, coinvolti come sono dalla follia e dal genio espressivo e musicale del loro direttore." (Eva Simontacchi) |
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Data pubblicazione: 20/11/2013
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