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Laura Copiello
Nina
Blue Serge (2013)
1. Images (William Waring Cuney, Nina Simone)
2. Don't let me be misunderstood (Bennie Benjamin, Sol Marcus, Gloria Caldwell)
3. Lilac wine (James Shelton)
4. Backlash Blues (Nina Simone)
5. Black is the colour (tradizional)
6. Nina (traditional)
7. Four women (Nina Simone)
8. Don't smoke in bed (Willard Robison)
9. Strange fruit (Abel Meeropol)
10. My baby just cares for me (Gus Kahn, Walter Donaldson)
11. Mississipi Goddam (Nina Simone)
12. Ne me quitte pas (Jacques Brel)
13. Come ye (Nina Simone)
Laura Copiello - voce Claudio Conforto - piano, percussioni ( in 13 ) Danilo Gallo - basso in 8 e 9 Dudu Kouate - percussioni in 4,6,12,13 Moulaye Niang - percussioni in 4,6,12,13; voce in 6
Misurarsi per un disco intero con il songbook di
Nina Simone
non è impresa da poco. Vuol dire fare i conti con un patrimonio artistico
ed emotivo del tutto particolare nella storia del jazz. Nella cantante della Carolina
del Nord risuona la ritualità africana e la tradizione delle chiese nero americane,
il blues ma anche la musica classica (la Simone ebbe per tutta la sua vita tormentata
il rimpianto di non essere stata la prima pianista nera ad affermarsi nella musica
accademica), l'impegno politico e la vocalità jazz vera e propria.
Laura Copiello, occorre dirlo subito, esce piuttosto bene da questa sfida
terribile. Non è una delle tante vocalist della scena jazz nostrana che si accontenta
di qualche virtuosismo vocale, di un po' di swing e di qualche emozione color pastello.
Al contrario la cantante veneta affronta un repertorio difficile scendendo sul terreno
torbido e torrido dell'espressività del suo idolo. Nina è un omaggio sincero
ed appassionato, libero da manierismi e banalità. Un atto di amore, dettato da una
palpabile urgenza interiore, senza la quale non si potrebbero reinterpretare in
maniera convincente brani come Strange Fruit (reso ancora più sconvolgente
dall'interplay con il basso di Danilo Gallo), Don't smoke in bed,
Lilac Wine o Images. Molto bella è anche la rilettura di Don'let
me be misunderstood, cantata su un tempo lentissimo: una smisurata preghiera,
per citare De Andrè.
Prezioso è anche il lavoro di Claudio Conforto che accompagna la Copiello
in quasi tutti i brani, con un pianismo sospeso fra musica afro-americana e la tradizione
liederistica europea. In alcune tracce appaiono anche i percussionisti senegalesi
Dudù Kouate e Muolaye Niang.
Qualche pecca, tuttavia non manca. My baby just cares for me è probabilmente
un pezzo non importante (anche Nina non lo amava particolarmente) e l'interpretazione
in tempo lento della Copiello non basta a redimerlo. Ne me quitte pas poco si
presta a riletture jazzistiche. Mississipi Goddam, perde la
graffiante, sarcastica incisività originale. Pur con questi limiti siamo davanti,
tuttavia, ad un disco di rara intensità. Da notare che questo progetto è stato rodato
in cinque anni di concerti live: non è quindi uno dei tanti, dei soliti promo che
affollano il panorama discografico.
Laura Copiello è una cantante di talento (si dedica anche alla musica contemporanea
ed al folk, collabora con musicisti di area Gallo Rojo e con sperimentatori come Roberto Dani), dotata di una voce importante, struggente nei toni scuri.
Speriamo che, pagato il tributo doveroso al suo nume, ci offra quanto prima qualche
altro saggio delle sue capacità.
Marco Buttafuoco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 14/10/2013
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