Ascoltando
Eschersuite
ho creduto di trovarmi di fronte ad un disco un po' fuori dalle righe, musica
nuova, soprattutto nel rapporto con la musica odierna, o di fronte a certe
estremizzazioni delle avanguardie musicali europee, che tradiscono al loro
interno, formule, forse, obsolete ma comunque affascinanti per il messaggio che
lasciano. Ma non è stato del tutto così...
Proprio sotto l'egida della commistione di arte visiva e di produzione sonora nasce questo progetto culturale di Ferdinando Faraò.
Ispirato da alcuni disegni "senza tempo", creati su "scenari tanto impossibili quanto credibili" di
Maurits Cornelis Escher (1898-1972, famoso incisore olandese, autore di xilografie e litografie in cui dettagli realistici producono effetti fantastici dovuti ad artifizi ottici),
Faraò, con i suoi compagni di avventura, traduce alcune opere del maestro olandese in suoni, moduli ritmici, sequenze armoniche, onomatopee musicali, nei quali si palesa quell'amore per un certo gusto di jazz-rock e di progressive-rock che ha avuto insigni precedenti nei Genesis, nei King Crimson, nei Soft Machine, in Frank Zappa, e perché no, nel nostro Perigeo e nel gruppo Area. Come avrebbe detto qualcuno, Faraò ha operato una traduzione intersemiotica.
La risultante di questo progetto è una musica che, sebbene ispirata ad un'arte senza tempo, libera da ogni vincolo ideologico-culturale, rimane un po' imbrigliata nelle sequenze ritmiche, ipnotiche quasi, di brani come
Cigni, manifesto di questo cd, o di
Sempre più piccolo, in cui spadroneggiano il cromatismo, piccolo re di contestazione, e gli arpeggi in tutte le salse!
Dopo un'introduzione nello stile di Robert Fripp, affidata alla chitarra di
Valerio Scrignoli, si evidenziano i caratteri crepuscolari di
Sole e Luna, una lenta marcia scandita dalle percussioni di Faraò e dal tema all'unisono del trombone e del clarinetto, da cui prende vita un duettare improvvisato di
Michele Benvenuti e di Simone Mauri, sul finire del brano.
Relatività, ispirata ad un'altra litografia del 1953, racconta un po' meglio il cammino di questo gruppo, il quale riesce bene a districarsi in quelle trame compositive della musica jazz-rock-progressive. Obbligati ritmici, scanditi dal pulsare metronomico di
Enea Coppaloni, chitarra distorta e martellare ritmico, dànno il senso a questo brano…
E così con Improzen
si chiude questo disco che ci fa riflettere sulle molteplici e variegate formule artistico-musicali che ancor oggi abbiamo l'onore di ascoltare e che comunque raccontano cose gia appartenute alle cosiddette avanguardie storiche.
…musica forse libera dalla quotidianità!
Dino Plasmati
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Data pubblicazione: 14/11/2003
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