Intervista a Loris Deval.
di Gianni Montano luglio 2021
Phoyto Bigeight 2018
Loris Deval è un chitarrista valdostano quarantenne, da una ventina d'anni
in attività, che recentemente ha pubblicato per la Caligola records il disco "Passi",
a firma pure di Bruno Martinetti. Gli abbiamo posto una serie di domande
su quest'ultima incisione, oltre che sulle sue esperienze artistiche e sul suo modo
di intendere il jazz o la musica in generale. Ecco come è andata.
Da pochi mesi è uscito "Passi", disco inciso a nome tuo
e di Bruno Martinetti. Come mai avete deciso di realizzare un cd insieme?
Abbiamo iniziato a lavorare in duo per un reading letterario all'open jazz festival
di Ivrea 2 anni fa. Abbiamo visto che, come coppia, potevamo funzionare. Dal che
abbiamo cominciato a inviarci brani vicendevolmente con l'idea di poterci proporre
per esibizioni dal vivo con un repertorio nostro ed eventualmente di incidere un
disco, visto che le nostre concezioni musicali erano compatibili, anzi molto vicine.
Così, piano piano, l'idea dell'album si è fatta strada ed è diventata sempre più
concreta.
Perchè avete deciso di coinvolgere Maurizio Brunod e
Sabrina Oggero Viale in questa avventura?
L'intenzione in un primo momento era di realizzare un cd in duo, però, per la struttura
di qualche pezzo, per il tipo di arrangiamento che avevo in mente, mi sembrava mancasse
un qualcosa, in particolare la voce di una cantante, non una jazz-singer tradizionale,
qualcosa di più avanzato e originale. Quando ancora il disco era in uno stadio germinale,
a Torino mi è capitato di ascoltare il gruppo "Lapsus lumine", basato su un quartetto
vocale, più il contrabbasso di Stefano Risso. In questo ensemble mi ha impressionato
parecchio Sonia Oggero Viale, vocalist piemontese, che fino a quel momento non conoscevo.
L'ho avvicinata e le ho esposto il mio progetto. Lei è stata ben felice di intervenire
in "Passi", comprendendo e apprezzando i nostri intendimenti. Allora, successivamente,
io le ho inviato dei pezzi, delle parti dove inserirsi. Lei si è adeguata benissimo
alle esigenze comuni ed è stata bravissima sia nel comporre testi, su nostre musiche,
sia nell'uso della voce come strumento. Maurizio Brunod è stato il mio insegnante
di chitarra ed è un caro amico. Io gli ho fatto sentire alcune registrazioni che
avevamo fatto con Martinetti e la Oggero Viale e lui si è entusiasmato e mi ha chiesto
di introdurre la sua chitarra all'interno di alcune tracce. Siccome da cosa nasce
cosa, alla fine, i due ospiti hanno finito per entrare a pieno titolo nel disco,
tanto che da un'opera congegnata per duo si è trasformato praticamente in un lavoro
per quartetto. A me è piaciuto molto trovare adesioni convinte al mio progetto.
Mi ha dato coraggio e spinta in un periodo veramente difficile per noi musicisti,
quello del lockdown.
Come avete operato per organizzare
la musica di questo disco?
Abbiamo faticato non poco, in generale, a causa del periodo di chiusura in cui ci
trovavamo ad operare. Ci siamo visti solo in alcune occasioni, purtroppo, ma abbiamo
comunicato molto a distanza per mettere a punto il materiale selezionato. Prima
di entrare in studio di incisione ci siamo esibiti per un gruppo di amici. Ci sono
voluti due giorni per registrare l'album. Io e Maurizio Brunod con l'aiuto di un
fonico di Vercelli, Enrico Caruso, in un secondo tempo abbiamo mixato in
analogico le varie tracce, cercando di fornire un suono vintage al complesso della
nostra musica. Il risultato ottenuto mi soddisfa in pieno.
Perchè avete chiamato il disco "Passi"?
Volevamo riferirci ad un percorso che si fa gradualmente, un passo dopo l'altro.
La foto della cover, con le impronte di piedi sulla sabbia, è emblematica in tal
senso. Dobbiamo ringraziare Luca D'Agostino per averci regalato questo scatto,
come d'altra parte Daniela Floris che ha scritto in amicizia le note di copertina.
É stato un bel lavoro di squadra, insomma.
Nel disco ha un peso notevole la cantabilità dei temi.
Quanto è importante per te l'aspetto melodico nella musica?
Sono cresciuto con mio padre che ascoltava De André e i Pink Floyd. Ho assorbito
e metabolizzato questi elementi e, quando scrivo, indubbiamente concedo molta importanza
all'aspetto melodico. Martinetti compone in maniera diversa, ma anche per lui la
cantabilità è fondamentale nei suoi pezzi. Per aggiungere un po' di peperoncino
al menù, se così si può dire, si è aggiunta la voce di uno che ha fatto anche l'avanguardia
come Maurizio Brunod, per produrre un cocktail dai molti sapori, tenendo
conto che anche la Oggero Viale non è proprio "in the tradition"….
Che
continuità vedi fra questo disco e i precedenti album registrati a tuo nome?
La continuità è inevitabile. Io sono sempre io, che magari mi evolvo, ma restano
ben chiare determinate coordinate estetiche. Rispetto a "Seta", disco inciso per
la dodicilune con il Lorelei quartet, devo dire che, secondo me, questo è un cd
più jazzistico, più improvvisato, anche per la situazione in cui si è realizzato.
L'altro album che ho inciso prima di questo, "ObaMundo project" è, invece, dedicato
alle colonne sonore. Non presenta mie composizioni. E' un capitolo anomalo nella
mia discografia, tutto sommato.
Abbiamo sviscerato sufficientemente l'argomento-ultimo
disco e adesso allarghiamo un po' il discorso. Andiamo nella tua storia. Come arrivi
a scegliere la chitarra come strumento?
La colpa o la responsabilità è di mia sorella che aveva richiesto ai miei genitori
una chitarra per iniziare a studiare uno strumento musicale. Ben presto lei si è
stancata e io, qualche tempo dopo, ho iniziato a giocarci, insieme ad un mio amico.
Piano piano è nata la passione per la musica e ho cominciato a prendere lezioni
private, imparando, così, a suonare.
Perché ti dedichi, da un po' di anni, esclusivamente
alla chitarra classica?
Privilegio la chitarra classica, attualmente, perché sono stato influenzato da alcuni
maestri dello strumento come Ralph Towner o Ferenc Snétberger, che
ho conosciuto a Ivrea, per cui stravedo. Poi sono stato in Brasile e mi sono innamorato
della musica di quel Paese e laggiù ci sono chitarristi classici grandissimi. Inoltre
io non amo il plettro. Mi piace il contatto fisico delle dita sulle corde e questo
con la chitarra classica si può fare….
Vivi vicino a Ivrea, città che ospita un festival jazz
arrivato alla quarantesima edizione nel 2020. Quali stimoli ti ha dato o ti fornisce
ancora l'ambiente dove risiedi? Quanto è importante il "Music studio" per te con
i suoi corsi di didattica musicale?
L'0pen jazz festival mi ha consentito di ascoltare e di venire a contatto diretto
con musicisti straordinari, oltre a quelli citati prima, nomino
Uri Caine,
Paolo Fresu,
Stefano
Bollani ….insomma per la mia formazione culturale, oltre che musicale,
le giornate dell'open sono state essenziali. Negli anni il cartellone si è impoverito
di date, causa la mancanza di finanziamenti ed è concentrato su Ivrea. Prima c'erano
appuntamenti anche nei comuni vicini, come Banchette, dove abito, Bollengo o Montalto
Dora...Comunque è sempre una bella vetrina e io continuo a fornire volentieri aiuto
alla direzione artistica di Massimo Barbiero. Per quanto riguarda la scuola
di musica, anche lì gli allievi negli anni sono diminuiti, ma noi teniamo duro,
cercando di offrire un servizio qualificato. Io credo molto nell'educazione musicale
a partire dalla scuola primaria. Insegno per il "Music studio"ormai da tanti anni,
sempre con dedizione assoluta.
Sei uno che incide relativamente poco. E' una scelta
di fondo oppure in passato ci sono stati impedimenti a registrare cd che avresti
voluto pubblicare?
Incidere comporta, comunque, una spesa consistente e il cd non ha un vero e proprio
mercato. Si privilegia la musica liquida, oggi come oggi. Comunque sono contento
di quello che ho registrato finora e penso di continuare a pubblicare dischi solo
quando avrò qualcosa di significativo da proporre.
Quali sono i musicisti a cui devi di più, sia come maestri
sia come modelli di riferimento (conosciuti attraverso i dischi, intendo)?
Per me Maurizio Brunod è un esempio da seguire, perché sa usare al
meglio tutti i tipi di chitarra. In più è competente su tutti i generi musicali,
dalla classica al jazz al pop. Sono felice sia presente in "Passi". Un altro personaggio
importante è per me il batterista brasiliano Gilson Silveira. Incontrarlo
e suonare con lui mi ha fatto capire molte cose sulla fusione fra jazz e sound latino-americano.
Se invece andiamo su punti di riferimento altissimi, dico Bach, perché tutta la
musica che è venuta dopo gli deve qualcosa e, in campo jazzistico, Kenny Wheeler,
bravissimo compositore e arrangiatore.
Quali sono i musicisti con cui ti piacerebbe collaborare,
anche in ambito internazionale?
Non sono ambizioso e quindi non sparo nomi di risonanza mondiale. Diciamo che se
in una mia composizione sento il bisogno di una voce di un certo tipo la vado a
cercare. Non prima. Metto davanti l'idea e solo dopo chi potrebbe interpretarla.
Al momento mi piacerebbe suonare con un fortissimo flautista romano, Paolo Innarella,
con cui sono in corrispondenza. Potremmo fare cose interessanti in coppia. Come
vedi non è un nome sulla bocca di tutti e non è proprio irraggiungibile….
Quali sono le situazioni in cui suoni più volentieri
dal vivo? Nei club, nei teatri, o in altri contesti?
Non ci sono preferenze di nessun genere. L'importante è avere situazioni in cui
c'è attenzione a quello che suono, c'è silenzio, un silenzio partecipe a quello
che succede sul palco.
Sei soddisfatto della tua carriera artistica fino a
questo momento?
Sono soddisfatto complessivamente. Al di là della parentesi di questa pandemia,
che ha provato molto me, come tutti gli artisti, credo, sono arrivato ad esibirmi
e ad incidere con persone come Brunod, Anais Drago, Gilson Silveira… Per
le mie potenzialità e il mio modo di vedere la musica, ho ottenuto il massimo o
quasi di quello che volevo.
Ultima domanda, di prammatica: quali sono i tuoi progetti
futuri?
Sto lavorando con una cantante jazz valdostana non molto conosciuta, Elisabetta
Patrin, personale, con un suo stile. Mi piacerebbe ritornare, inoltre, in Brasile
e suonare con il violoncellista italiano Federico Puppi e con Marco Lobo,
fantastico percussionista carioca. Prima o poi succederà. Infine ho un progettino
di sola chitarra che ogni tanto prendo e poi lascio perché non lo vedo ancora maturo.
Tutto lì.
Così si conclude l'intervista con un musicista con i piedi per terra, che non
punta a riconoscimenti eccezionali, ma che desidera semplicemente avere sempre più
occasioni per essere ascoltato dal vivo con la dovuta attenzione degli spettatori,
si intende.
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Data pubblicazione: 24/08/2021
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