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Massimo Barbiero - Maurizio Brunod, Alexander Balanescu, Claudio Cojaniz
Marmaduke
SPLASC(H) 2009
1. Lune #9 (Cojaniz)
2. Clown Song (Brunod)
3. Dago Suite (Barbiero/Brunod/Balanescu/Cojaniz)
4. Lune #11 (Cojaniz)
5. Mostar (Brunod/Lodati)
6. BBBC (Cojaniz/Brunod)
7. Cristiana (Barbiero)
8. Barbabruco (Barbiero/Brunod/Balanescu/Cojaniz)
9. Promenade (Brunod)
Massimo Barbiero
- batteria, vibrafono, percussioni
Maurizio Brunod - chitarre, live sampling
Alexander Balanescu - violino
Claudio Cojaniz - piano
Il termine avanguardia porta con sé antiche reminiscenze belliche napoleoniche.
Forse per questi sapori mai dimenticati, all'arte che si definisce d'avanguardia
è rimasto cucito addosso il pregiudizio di essere di volta in volta astrusa, violenta,
rumorosa, incomprensibile. In musica si presume che l'avanguardia scardini le difese
del nemico -anche se si tratta dell'incolpevole ascoltatore- e ne scuota le consuetudini,
avvii magari una rivoluzione, si presenti sulla scena armata di un campionario di
suoni alternativi, spesso stranianti. Un oggetto non identificato che cala sull'uditorio
per accendervi eccessivi furori o paure. Questo mito in negativo ha condizionato
le platee allontanandole da quegli spazi dove si declinavano i termini free, avanguardia,
radicale o anche solamente musica improvvisata contemporanea temendo di trovarvi
al meglio noia e al peggio rumori non accettabili all'orecchio. Purtroppo in tutto
questo ci rimette il pubblico realmente desideroso di esperienze innovative e gli
artisti che su questa strada si muovono, interpretando il loro ruolo di avanguardia
come quello di uno sparuto gruppo di cacciatori che si addentrano con circospezione
- più che bellicismo - in territori inesplorati (un paragone questo che ben si adatterebbe
anche al progetto degli Odwalla, di cui
Massimo Barbiero
è leader e ispiratore).
La musica vive anche di sperimentazioni: nel grigiore di proposte sempre più
uguali a se stesse (e contro i presunti gusti di un pubblico liquido) il coraggio
di un disco come questo emerge esemplare. Quattro musicisti di estrazioni diverse
tra loro, con eccezionale padronanza strumentale mai fine a se stessa e linguaggi
personali dialogano producendo un lavoro che non concede nulla alle ovvietà, che
esplora sì nuove regioni artistiche, ma in nessun modo desidera urtare l'ascoltatore.
Anche le improvvisazioni più libere, come "Dago Suite", trovano nuclei melodici
lungo il percorso intorno ai quali tutti e quattro gli strumenti sostano a dialogare.
In questi momenti sboccia un grande lirismo che poi si nasconde magari nel procedere
del brano per poi ripresentarsi sotto forme nuove. Come la vita, dove l'espressione
e la consonanza tra le persone si alternano al silenzio, al non detto, ad attimi
di stasi. Dove la melodia regna sovrana -come in "Clown Song" - è finalizzata
a una idea alta, non da ballata classica quindi, sentimentale per necessità; ma
capace di evocare l'immagine reale di un clown con la sua struggente tristezza mascherata
di allegria. Lo stesso vale per "Cristiana", un duetto tra la chitarra (nel
discreto ruolo d'accompagnamento) e il vibrafono che nel suo discorso sembra tracciare
una storia d'amore tenera, poi rapsodica, per chiudersi infine su un ripido finale.
Così è la vita, no? Già da questi primi spunti pare appropriata la citazione di
Sartre che campeggia nella copertina interna del cd e sembra voler suggerire un
ascolto esistenzialista dei brani nel loro fluire, nell'incontro-dialogo tra esseri
umani che esprimono con la loro voce strumentale un qui e ora ineludibile che solo
la musica improvvisata più riuscita può farci percepire.
Gli altri brani del lavoro sono improntanti a una raffinata sperimentazione,
mai banale. "Luna 9" di Cojaniz, con i suoi silenzi e saltelli, sembra per
davvero narrare l'effetto straniante e intenso che sicuramente hanno provato gli
astronauti durante le passeggiate stellari sul nostro satellite. Sempre il pianista,
in "BBBC" si propone in un brillante duetto con la chitarra di Brunod, a
sprazzi spagnoleggiante. Illuminanti in tutto il disco gli interventi del violino
di Balanescu (che specialmente in "Dago Suite" svela improvvisi squarci
melodici) e ottimo il tempismo alle percussioni di Barbiero, misurato nelle azioni,
come nei silenzi.
Franco Bergoglio per Jazzitalia
Post scriptum:
Per chi volesse approfondire gli ascolti di questo cd segnalo la recente uscita
di Ecuba [Splasch(s), 2010] a nome del
gruppo Enten Eller, ben noto del panorama italiano, con una lunghissima carriera
alle spalle e dove militano due quarti di Marmaduke: Barbiero e Brunod. In questo
lavoro intenso e pregiato viene ripreso uno dei brani firmati da
Massimo Barbiero,
Cristiana, di cui si è parlato poco sopra e l'ascoltatore può comparare le due versioni
di questo tema, quasi classico nel suo sviluppo. Qui Cristiana gode di un trattamento
diverso, meno intimo forse, trattandosi di una esecuzione per quintetto, ma ugualmente
interessante, con un obliquo assolo di chitarra di Brunod e in successione un dialogo
a due tra la tromba di Alberto Mandarini e il sassofono soprano di
Javier Girotto
ospite di tutto il lavoro. I due fiati si avvitano e avvinghiano tra loro in una
lunga coda finale dolce-amara.
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Data pubblicazione: 27/08/2010
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