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Claudio Cojaniz
Stride Vol. 1
Caligola (2014)
1. In a mist (B.Beiderbecke);
2. ‘Round midnight (T.Monk);
3. Goodbye Pork Pie Hat (C.Mingus);
4. Ugly beauty (T.Monk);
5. I remember Clifford (B.Golson);
6. Theme for Ernie (F.Lacey);
7. When I fall in love (V.Young);
8. Crepuscole with Nellie (T.Monk);
9. Malaika (traditional);
10. Erika (C.Cojaniz)
Claudio Cojaniz - piano
Claudio Cojaniz torna al piano solo, pratica già sperimentata in altre occasioni,
con un disco dedicato a una serie di classici del jazz, con un paio di intrusioni,
in specie un original e una canzone tradizionale africana. Trattandosi di un musicista
curioso, vicino all'avanguardia, si potrebbe ipotizzare una sorta di rilettura,
di rivisitazione dei pezzi scelti, secondo parametri magari inconsueti. In questo
caso, invece, è più corretto parlare di appropriazione o di riappropriazione personale
di un determinato repertorio. Il pianista friulano affronta semplicemente otto standard
e li fa suoi, filtrandoli attraverso la sua sensibilità, il suo modo di intendere
il jazz, la musica o la scala dei valori, la sua assiologia. "La coscienza ci sia
sempre madre e il blues ci sia padre", scrive Cojaniz nelle note di copertina dell'album,
"non sono tornati"; quasi una premessa metodologica per andare avanti e procedere
degnamente nel cammino della vita. La produzione artistica del tastierista di Palmanova
è impregnata, imbevuta nella sua profonda visione dell'esistenza. Mai come in questo
caso si può distinguere l'uomo dall'artista.
Nel disco ci sono tre brani di Monk, una passione consolidata nel tempo. "Round
midnight", "Crepuscule with Nelly" e "Ugly beauty" vengono rese con rispetto, mettendo
in mostra, però, pesantemente le radici africane delle composizioni di "Sphere"
e lo smisurato senso del blues contenuto nelle medesime.
"In a mist" di Bix
Beiderbecke (Davenport, Iowa, 10 ottobre 1903 - 6 agosto
1931) è un po'rallentata e giocata su uno swing esplicito, ma sobrio,
volutamente opaco esternamente, seppur vivace dentro.
"Goodbye Pork Pie Hat" è un tuffo a capofitto nel mondo black di
Charles
Mingus. Non ci sono esitazioni. Questo è la celebrazione di un jazz
autentico, colorato di nero, che sa di battaglie per il riconoscimento della parità
dei diritti, di giusto orgoglio razziale.
"When I fall in love" dimostra che l'artista friulano ama pure suonare le ballad
attraverso un approccio sentimentale severo, sornione, ma effettivo.
"Theme for Ernie" e "I remember Clifford" sono standard eseguiti da tanti jazzisti,
ma qui assumono ancora un significato differente. L'attenzione meticolosa e libera
all'esposizione dei temi, la sottolineatura di determinati passaggi con un procedere
per blocchi di accordi ben marcati, ne forniscono una versione indubbiamente particolare,
dotata del marchio di fabbrica della casa.
Con "Malaika" si va a riscoprire una hit di Miriam Makeba. La melodia è apparentemente
gioiosa, con un retrogusto, però, malinconico. A Cojaniz non rimane che cantarla
con il suo strumento così come la ama e la sente, aggiungendo pochissimi abbellimenti
e rare variazioni.
Resta "Erika", un tema del titolare del cd, delicato, intriso di dolcezza, breve
ma eloquente.
"Stride vol.1" non è un disco di conversione verso oggetti musicali più conosciuti
e frequentati. Non è una marcia indietro, insomma. Cojaniz utilizza, infatti, i
brani selezionati per raccontare sé stesso, la sua storia, il suo modo di essere
persona e artista. Lo fa con una tale abilità comunicativa, per mezzo del suo pianoforte,
da poter arrivare diritto al cuore o alla mente dei suoi potenziali ascoltatori.
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 13/07/2015
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