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Splasc(h) 2008
Enten Eller
Atlantide


1. Enten Eller
2. Asbestos
3. Waltz for Joe
4. Open Letters 32
5. 20/01
6. CRDA
7. Elementi Nucleari
8. Atlantide
9. Magnificamente Malato
10. Silicio
11. Dismissioni

Alberto Mandarini - tromba
Maurizio Brunod - chitarre, live sampling
Giovanni Maier - contrabbasso
Massimo Barbiero - batteria e percussioni
Luca D'agostino - immagini




Guido Michelone

Massimo Barbiero – Enten Eller e Odwalla
Vent' anni fra jazz e ricerca
Foto di Luca d' Agostino
Lampi di stampa – pagg135 – Prezzo di copertina 10 Euro

Enten Eller festeggia il suo ventesimo anno di vita.. Massimo Barbiero è persona troppo introversa e schiva per sollecitare celebrazioni. Il fatto che su di lui sia uscito un libro sembra metterlo addirittura in qualche imbarazzo. Anche se detto libro, scritto ed elaborato da Guido Michelone, è uno scarno ritratto, basato su una efficace somma di citazioni del e sul percussionista e compositore piemontese. Un ritratto distaccato e problematico allo stesso tempo, un opera che propone riflessioni e offre spunti di discussione, che lancia sassi nello stagno.

Mettiamoci sulla stessa onda. Parliamo del disco uscito in occasione del ventennale e approfittiamo di questo evento (felice) per porci qualche interrogativo sul quello che è oggi la musica improvvisata o comunque la si voglia definire. Usiamo qualche metafora attingendo a Tolkien, che di Massimo è uno dei tanti numi letterari.



V
iviamo in un mondo che somiglia molto alla Terra di mezzo. Una terra in preda ad enormi sconvolgimenti sui quali si può solo prevedere, per certo, che comunque andranno le cose, niente sarà come prima. In ogni caso gli Elfi se ne andranno. Forse sono già andati via.

Per esser più chiari: è probabile che il jazz come arte abbia perso slancio e capacità di innovarsi, che la musica accademica abbia poco da dire di nuovo, rinchiusa com'è nei suoi castelli inaccessibili, che il rock abbia perso la sua vecchia carica eversiva. Le logiche di massificazione prevalgono. L' artista non commerciale è quindi una specie di hobbit, qualcuno che si assume un compito molto più grande di lui. Che cerca di far sopravvivere il suo minuscolo villaggio contro entità molto più potenti. Cosa può fare? Celebrare i fasti del passato ripercorrendone pedissequamente le orme? Molti lo fanno. Molto jazz dei nostri giorni è riproposizione, pura e semplice, del bob e dell' hard bop. Tanti altri si perdono - o si nascondono - dentro collages musicali, fuochi d' artificio sonori. La critica bene informata la chiama contaminazione stilistica.

Il problema è che in realtà trovare strade nuove appare maledettamente difficile. In giro ci sono tuttavia artisti che si sforzano di testimoniare questa realtà semplice e drammatica e che cercano di trovare una loro strada negli stretti sentieri di questo intricato labirinto che è l'arte di oggi. Artisti che usano Bach o Monk, Stravinkij o Ellington, od Ornette, o il progressive rock, non come statuine di una preziosa collezione da far vedere in società ma come lampade che illuminino un possibile nuovo sentiero. Artisti che raccontano il sogno di una musica diversa.

A mio parere Enten Eller è uno degli esempi di questo sforzo. Lo è per la sua di semplicità, per la sua arte "scabra ed essenziale", che evoca paesaggi e memorie musicali senza scadere in nostalgie di maniera o in cartoline sonore. Perchè racconta sentimenti forti: primo fra tutti una lucida, abrasiva malinconia. Senza mai scadere nel languore, in quel minimalismo emotivo che affligge tanta musica, tanto cinema, tanta letteratura dei nostri giorni..

Prendiamo in esame qualche passo di questo disco. L'omaggio a Zawinul, reso con una melodia che ricorda certe atmosfere delle colonne sonore di film italiani degli anni 50 e 60, è un esempio di quello che sto cercando di dire. Così come lo sono l'inquieto brano che da il titolo al cd, le sofferte sequenze melodiche di Mandarini., le delicatezze delle chitarre di Brunod, "Atlantide" è, per certi versi, un disco meno "sperimentale" del problematico "Melquiades" inciso con Tim Berne nel 2006. Per celebrare il proprio compleanno il gruppo si è immerso in un atmosfera più intima, ma solo apparentemente più rarefatta. Si possono cercare nuove vie, dice Barbiero, anche senza suonare free, anche senza improvvisare totalmente, anche lasciando cantare gli strumenti. A proposito di canto: il contrabbasso di Maier, anche in sequenze problematiche come quella di "Silicio " suggerisce sempre una qualche melodia lontana.

La musica di Enten Eller è crepuscolare sì, ma ardente. Sperimenta, ricerca, ma sa raccontare.

Può anche lasciare dubbi e sollevare interrogativi. Si è infatti naturalmente liberi di pensare che il jazz, arte viva e vitale, nata dalla polvere e dal fango delle strade, non abbia bisogno di calarsi in queste atmosfere post romantiche Si può pensare che lo swing sia mezzo e fine principe dell' improvvisazione musicale. O che Trane sia sempre e comunque il faro di ogni nuova avventura musicale. E restare lì, in attesa che nasca domani il nuovo Miles, un altro Duke. Ma questa ventennale ricerca di linguaggi nuovi, di nuove maniere di comunicare con chi ascolta, non può essere ignorata da nessuno.

Marco Buttafuoco per Jazzitalia







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Euclide (Enten Eller)





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Massimo Nunzi - Italian Jazz Graffiti XI
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inserito il 26/02/2010  da Storieminime - visualizzazioni: 3750


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Data pubblicazione: 23/11/2008

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