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Serata straordinaria quella di Live at JazzBO,
edito dalla Philology nel 2006 in doppio
disco,dopo la perdita della registrazione per più di dieci anni del concerto del
23 febbraio del 1990 all'Auditorium di
Bologna. A circa tre anni di distanza da quella sera ci avrebbe lasciato
Massimo
Urbani, a soli 36 anni: una vita drammaticamente segnata da un profondo
malessere esistenziale che, come egli stesso affermava, solo la musica aiutava a
superare. E' questo forse il nesso viscerale che legava Max
al suo strumento che tanto seppe donare e tanto tolse con la sua morte al panorama
jazzistico italiano ed internazionale, lasciando il vuoto di chi ha fatto della
musica la propria vita, fino in fondo con travolgente passione, emozione.
Si contano artisti d'eccezione a completare
il quintetto. Oltre al duo
Rava/Urbani,
parteciparono all'evento artisti di squisite doti musicali: il pianista
Franco D'andrea,
che già ebbe modo in precedenza di collaborare con il sassofonista; Giovanni
Tommaso, eclettico nell'interpretare il proprio ruolo nella ritmica, in
ottimo interplay con Aldo Romano, attento a dar linea coerente
alle componenti groove e al complesso bop di due solisti tanto
torrenziali, solidi, mirabolanti, incontrollabili.
Sull' alternarsi del duo di ottoni prende vita la serata: "Stella
By Starlight" è il primo standard presentato dal quintetto. Fin
da subito prende vita quel pathos che estenderà armonicamente i temi portandoli
in aree jazzistiche diverse e ben distinte da un'originale chiarezza di pensiero,
attraverso l'utilizzo di sfumature raffinate e con un equilibrio del tutto singolare
del baricentro armonico del pentagramma.
Un' esibizione brillante e di libera espressione, voli pindarici ricchi
d'intense nuances e riflessi cromatici dalle quali traspaiono, quasi in antitesi,
l'incontinente esuberanza di
Urbani
e le "essenziali note" di
Rava,
sempre – e come pensare diversamente? – secondo un'intesa che evita qualunque cliché
stilistico e che dà ad ognuno dei solisti la possibilità di interagire liberamente.
In "My Funny Valentine"
Rava
trova la tessitura adeguata al proprio sentire: un discorso musicale che si snoda
con naturalezza, che sapientemente stilla melodie dalle tinte smussate, chiare nei
concetti, che travolge nei propri lirici e discorsivi paesaggi, lasciando col fiato
sospeso per quella melanconia da cui a volte pare liberarsi ma nella quale, in modo
suggestivo e articolato, si abbandona astrattamente, quasi furente.
Secondo un linguaggio orientato verso il post-bop, incede il pianismo
colto e delicato di
Franco D'Andrea;
distinto da tonalità vaghe e brillanti, introduce il proprio pensiero musicale con
note che sfumano in un'esecuzione solo apparentemente frettolosa, invero carica
di bordi trasognanti, per poi nuovamente sfumare su cromatismi più morbidi, riuscendo
a concedere al proprio strumento una moltitudine di sfaccettature ricche d'immaginazione,
aperte e dinamiche – come anche in "When lights are low".
In "I could write a book"
Urbani
ondeggia con note spesso al limite tra bop, swing e free, costantemente lanciato
in accenti espressionistici: crea e ricrea situazioni dall''incandescente tensione
che scarica in fraseggi leggeri di pura ironia nella ripresa del tema. Ad accompagnarlo,
il contrabbasso di Giovanni Tommaso modella dense forme dall'intenzione
fortemente cadenzata e presente, che, insieme alla prontezza tecnica ed espressiva
del drumming di Romano, creano un vasto apporto dinamico di cui il
contralto di Urbani necessita per indole.
Le improvvisazioni dal forte impatto emotivo, i contrasti e le diversità
stilistiche interne al gruppo, l'ottimo interplay che lega i cinque, rendono
questo live una vera sorgente di emozioni, una lezione di estetica e sensibilità
come attualmente accade di rado ascoltare. Un'occasione ancora per ricordare
Max e farcene sentire la mancanza, inevitabilmente.
Fabrizio Ciccarelli e Daniel Bologna per Jazzitalia
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
21/06/2009 | Bologna, Ravenna, Imola, Correggio, Piacenza, Russi: questi ed altri ancora sono i luoghi che negli ultimi tre mesi hanno ospitato Croassroads, festival itinerante di musica jazz, che ha attraversato in lungo e in largo l'Emilia Romagna. Giunto alla decima edizione, Crossroads ha ospitato nomi della scena musicale italiana ed internazionale, giovani musicisti e leggende viventi, jazzisti ortodossi e impenitenti sperimentatori... (Giuseppe Rubinetti) |
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Data pubblicazione: 15/03/2009
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