La confidenza che oramai
Franco D'Andrea
possiede per le registrazioni di piano solo è tale che verrebbe quasi da dire che
sia in assoluto questa la condizione a lui più congeniale. Dopo il progetto con
la Philology che lo ha portato ad una monumentale registrazione di ben otto
volumi in cui
D'Andrea
ha utilizzato il materiale più disparato, è davvero difficile non domandarsi, ogni
volta che lo si ascolta da solo, quali saranno i suoi nuovi approdi musicali.
Il suo pianismo è giunto ad un livello di maturità straordinario, con
un sound ed un linguaggio originale ed inconfondibile. Sotto questo profilo
Franco
D'Andrea è uno dei pochi pianisti italiani davvero di qualità e
di spessore internazionale, a cui va concesso l'onore (ma chiaramente anche l'onere)
di un confronto diretto con i grandi della musica jazz. Il suo pianismo non si muove
sulla base di quella matrice evansiana che in Italia caratterizza, ad esempio, l'approccio
di
Enrico Pieranunzi (né tocca i vertici compositivi, davvero notevoli,
di quest'ultimo) così come non è caratterizzato dallo straripante ed impetuoso stile
di Stefano
Bollani (in assoluto il più talentuoso ed estroso dei pianisti italiani)
ma si definisce soprattutto per le sue straordinarie linee d'improvvisazione che
nascono da un perfetto equilibrio tra creatività (a tratti illogica, come affermò
nel 2002 lo stesso
Bollani
nelle note di copertina di Solo 1) e rigore. La grande libertà espressiva
che consente il piano solo diviene – come in questa bellissima registrazione – anche
il segno di una "responsabilità" maggiore per il musicista, il cui grado di consapevolezza
incide in maniera determinante sull'esito del lavoro.
Nella cristallizzazione dei suoi stilemi linguistici
Franco D'Andrea
sintetizza in modo straordinariamente organico (e, aggiungerei, in questa registrazione,
incredibilmente privo di sbavature) elementi molto diversi. Se si confronta il susseguirsi
di grappoli di note e la velocità improvvisativa della sua
Freely con il lirismo elegante e "morbido" della
reinterpretazione della coltraniana (ed incantevole) Naima
o ancora con la rivisitazione personalissima di I got rhythm
si rimane sbalorditi da come il pianista di Merano mantenga intatta l'impronta fondamentale
del suo stile. L'osservazione non è poi tanto banale se si valuta attentamente il
percorso che viene affrontato in questo Live. Le inflessioni classiche rintracciabili,
ad esempio, proprio in I got rhythm – la cui versione pare, nei suoi passaggi
più lirici, ammiccare a quella, per l'appunto classica, data da André Previn
– o anche in Fascinating Rhythm (entrambe, come
è noto, composizioni di Gershwin) sono integrate perfettamente con i chiari
elementi monkiani dello stile di
D'Andrea.
Il medley, davvero singolare, tra la splendida
Misterioso di Thelonius Monk, la
I've found a new baby di Spencer Williams
e, soprattutto, la Savoy Blues di Kid
Ory può essere, in un certo modo, paradigmatico.
D'Andrea
pare qui attingere a piene mani dal grande stile pianistico di Art Tatum,
uno degli esempi più eccellenti di coniugazione tra linguaggio jazzistico e linguaggio
classico. Le citazioni pianistiche contenute nella registrazione sono d'altronde
numerose: Tatum, Monk, Tristano, Ellington sono punti
di riferimento espliciti. Credo tuttavia si possa affermare che nello stile e nel
linguaggio pianistico di
Franco D'Andrea
si trovi soprattutto una attenta disamina del linguaggio monkiano ed una sua matura
metabolizzazione. L'approccio "cubista" della musica di Monk – della sua
singolarissima concezione armonica, del suo sezionalismo ritmico – è ampiamente
sedimentato nel piano di
Franco D'Andrea.
Il modo in cui rivede la bellissima composizione di Lennie Tristano
Turkish Mambo (scelta assai significativa),
miscelata non a caso con Fascinating Rhythm,
è esemplificativa di questo lavoro di rielaborazione del pianismo di Monk.
Ancora la sua composizione M2 sembra rispondere
alla stessa logica. Ancor più, la migliore esplicitazione di tale legame mi pare
possa rintracciarsi nel bellissimo ed efficacissimo medley tra la sua composizione
Two colors e la meravigliosa
Epistrophy (ancora uno splendido esempio della
grande genialità monkiana).
In sintesi, l'originale linguaggio di
D'Andrea
si esprime qui (come altre volte) in tutta la sua maturità ed in modo decisamente
ispirato. Le sue straordinarie doti improvvisative e le splendide costruzioni delle
frasi musicali rendono senza dubbio il Live at Radio Popolare un disco di
notevole bellezza.
Alessandro Giamatti Fubini per Jazzitalia
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
21/06/2009 | Bologna, Ravenna, Imola, Correggio, Piacenza, Russi: questi ed altri ancora sono i luoghi che negli ultimi tre mesi hanno ospitato Croassroads, festival itinerante di musica jazz, che ha attraversato in lungo e in largo l'Emilia Romagna. Giunto alla decima edizione, Crossroads ha ospitato nomi della scena musicale italiana ed internazionale, giovani musicisti e leggende viventi, jazzisti ortodossi e impenitenti sperimentatori... (Giuseppe Rubinetti) |
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Data pubblicazione: 25/02/2007
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