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Per tutti coloro che sostengono come l'involucro debba essere totalmente slegato al contenuto quando si parla di jazz ecco un nuovo capitolo da aggiungere alla stucchevole dissertazione.
Irio De Paula è un musicista per (quasi tutte) le stagioni e "Duetando" risulta così stimolante nel suo programma quanto la copertina lasci a desiderare nella forma prescelta, ma tant'è, si è visto anche di peggio.
Dicevamo del maestro Irio, un chitarrista naturalmente elegante oltre ad essere campione di tecnica e sobrietà nella sua arte dell'accompagnamento, soprattutto nella dimensione ancora più intimistica del duo, cara anche all'infaticabile produttore
Paolo Piangerelli che nel ricco catalogo realizzato per la sua
Philology, ha molti altri dischi di eccelsa fattura. Proprio rovistando nei suoi archivi è così nata la necessità di risistemare alcuni degli episodi di cui è stato arguto propiziatore con questa raccolta in cui
De Paula incrocia la sua sensibilità con vecchi amici e icone del jazz del calibro di Phil Woods e Lee Konitz, due figure che nel tempo hanno manifestato un sincero apprezzamento per le sue doti.
La scaletta corre avanti e indietro nel tempo, alternando brani originali ai prediletti standards, con le ulteriori qualificate presenze di Renato Sellani e Franco D'Andrea le cui diverse anime (fine balladeur il primo, più cerebrale il secondo) si estrinsecano in quelle pagine sempre straordinarie come "Eu Sei Que Vou Te Amar"- uno dei vertici assoluti di Antonio Carlos Jobim - e "Caravan", gemme che riservano sempre nuove emozioni, anche se ascoltate mille volte. Eppure De Paula riesce a cavarne umori ed atmosfere preziose e non solo per la conoscenza ferrea dei materiali in cui è capace di trascinare per incanto anche Woods
("Brigas Nunca Mais", ancora Jobim) e Konitz
("Se E Tarde Me Perdoa"), su sentieri quanto meno inusuali.
Classe e talento sono presenti in maniera così massiccia da indurre a una sibillina riflessione: per qualcuno potrebbero mancare originalità e fantasia, in ogni caso questa è musica che può essere appannaggio solo dei veri fuoriclasse.
Vittorio Pio per Jazzitalia