Vicenza Jazz 2007 - IIIa parte
di Giovanni Greto
17 Maggio 2007. Vicenza, Teatro Olimpico
Andrea Bacchetti "Omaggio a Ravel e de Falla"
Andrea Bacchetti, pianoforte
Irio De Paula con Fabrizio
Bosso
Irio
De Paula, chitarra;
Fabrizio Bosso,
tromba e flicorno
Abdullah Ibrahim "Senzo – Ancestor"
Abdullah Ibrahim, pianoforte
La seconda ed ultima serata al teatro Olimpico, esaurito come per la prima,
si apre con un breve recital classico di Andrea Bacchetti da Uscio, un verde
paesino della provincia genovese. Ex bambino prodigio, ammirato da parecchi mostri
sacri come Luciano Berio ed Herbert von Karajan, a soli 30 anni
Brachetti dimostra dimestichezza nell'affrontare compositori diversi. All'Olimpico
ha eseguito dapprima la "Suite francese n°5"
di J.S.Bach. In maniera dolcemente elegante è riuscito a trasferire, secondo le
intenzioni dell'illustre autore, sulla tastiera del pianoforte, la scrittura tipica
di danze popolari quali la allemande, di origine tedesca, la courante,
francese, la sarabande, spagnola, e la gigue, inglese. Nella suite
n°5 a queste 4 si aggiungono altre tre danze: la gavotte, la bourree
e la loure, tutte di derivazione francese. A seguire, di due celebri autori
francesi, Bacchetti ha interpretato con emozione "The
snow is dancing" di Claude Debussy (1862-1918) e "Pavane
pour une infante defunte", datata 1899, una delle prime opere di Maurice
Ravel (1875-1937), destinata a diventare una delle sue composizioni più amate, che
riprende una danza assai popolare nel XVI° e XVII° secolo. Il breve concerto si
concluderebbe sulle note di "Prole do bebè",
di Heitor Villa Lobos (1887-1959), il maggior compositore brasiliano, scelto probabilmente
in riferimento al sottotitolo del festival – il sogno sudamericano. Ma il pubblico
prorompe in applausi che convincono il giovane pianista a reinterpretare l'accorata
composizione di Ravel.
Dopo la felice immersione in una classicità certamente non frequente nei
festival di jazz, la serata continua con la riproposizione di un progetto discografico
del 2003, "Once i loved" di
Irio De Paula
e Fabrizio Bosso.
In poco più di un'ora il chitarrista brasiliano, ormai italiano per residenza e
il rampante trombettista torinese danno vita ad un set morbido comprendente classici
della MPB, alternati a standard jazzistici.
Irio
si esibisce esclusivamente alla chitarra acustica, anche da solo in "Canto
de Ossanha" e "Garota de Ipanema",
citando, come inciso, la frase iniziale di "Take The A
Train", mostrandosi assai contento nell'espressione facciale, pensiamo,
anche per la meravigliosa sala in cui si trova. Con
Bosso
c'è un felice interplay, sia negli standards "Just Friends",
"Moritat", sia in un episodio di jazz manouche,
e sia nel bis conclusivo "Estate" di
Bruno Martino.
Bosso
sembra ormai pronto per progetti di maggior spessore, sia alla tromba che al flicorno.
Ragguardevoli le frequenti improvvisazioni su tempi di 4/4 tiratissimi e da segnalare
il cimentarsi con insidiose, perchè conosciutissime, ballads.
Il terzo ed ultimo artista è quello più poetico. In una dimensione cameristica
Abdullah Ibrahim dà vita ad una lunga improvvisazione della durata esatta
di un'ora, comprendendo l'atteso bis. Ad occhi semichiusi, il pianista sudafricano
sbuffa e sillaba quasi mentalmente – banditi quei lamenti pseudo-erotici tipici
di Keith
Jarrett, anche in questo, purtroppo, caposcuola – usa i pedali e nel
contempo batte con forza il piede sulle assi lignee del palcoscenico dell'Olimpico.
Sembra essersi mentalmente allontanato, quando repentinamente spalanca gli occhi
e col volto corrugato dal fastidio intima ad uno spettatore seduto di fronte a lui
sul palco, ripetendoglielo due volte: "togli la macchina fotografica dalla mia
faccia!". Intanto la narrazione prosegue tra un melodismo appassionato e malinconico,
accenni gospel, lunghi pedali ritmici e note basse ben scandite, in una coesistenza
tra classicità e free. Purtroppo averlo collocato al terzo posto, in ordine di apparizione
e la mancanza di tatto che ormai la fa da padrona al giorno d'oggi, fa sì che durante
la sua esibizione ci sia un continuo abbandono di posto da parte del pubblico, che
non fa niente per cercare di attutire la propria dipartita, calpestando il sonoro
pavimento di legno. E quando si arriva al bis, l'Olimpico appare semivuoto. Peccato.
Ma la sensibilità musicale di Ibrahim ha saputo toccare il cuore di coloro
che avevano atteso il suo concerto con trepidazione.
18 Maggio 2007. Vicenza – Cinema Odeon
Egea Orchestra
Pietro Tonolo,
sax tenore
Marco Zurzolo,
sax alto
Luca Velotti, clarinetto
Giampaolo
Casati, tromba
Alessandro Tedesco, trombone
Paolo Birro,
piano
Giancarlo Bianchetti, chitarra
Salvatore Maiore, contrabbasso
Alfred Kramer, batteria
Fulvio Maras, percussioni
Germano Mazzocchetti, direzione e musiche
E' stata la serata più diradata da pubblico e critica. In occasione del
centenario del cinema Odeon (18 maggio 1907 – 2007), la sala cinematografica più
longeva d'Italia, l'orchestra, legata all'etichetta discografica Egea, vincitrice
nel referendum Top Jazz quale miglior formazione del 2006,
ha eseguito un concerto in due parti. Nella prima sono state proiettate scene da
Pinocchio (1911) di Giulio Antamoro, il primo film tratto dal romanzo di Carlo Collodi,
scritto tra il 1880 e il 1883, commentato dall'orchestra diretta da Germano Mazzocchetti,
che ha composto anche le musiche dell'antica pellicola. Temi cantabili ed arrangiamenti
calzanti con il tipo di scene, estrema attenzione e cura sonora in tutti i musicisti.
A due anni di distanza dall'incisione del CD "Di mezzo il mare", l'orchestra
sembra meritare l'attenzione degli appassionati. Nella seconda parte, terminata
la proiezione delle scene, sono state eseguite, fra le altre, "Terra
d'ombre", dedicata a
Pietro Tonolo,
con riferimento a Venezia, dove l'ombra è il bicchiere di vino e nella quale
Salvatore Maiore si è distinto con un bel solo. Simpatico anche "Mezzo
e Mezzo", un brano che fa riferimento alla provenienza del direttore
dall'Abruzzo, dove una bibita tradizionale mescola una gazzosa a mezzo litro di
vino. Un concerto da ricordare, considerato che era la prima uscita dell'orchestra,
alla quale, auspichiamo, ne seguiranno altre ancora.
19 Maggio 2007 Vicenza. Fiera, sala Palladio
Dee Dee Bridgewater "Malian Project"
Dee Dee
Bridgewater, Kabine Kouyate, Mamani Keita, canto
Cherif Soumano, kora
Moussa Sissoukho, djembe, congas
Baba Sissoko, Tamani ou Talking drum & N'Goni
Lansine Kouyate, balafon
Edsel Gomez, piano
Ira Coleman, contrabbasso
Minino Garay, batteria, cajon, piccole percussioni
Conclusione del festival in uno spazioso Auditorium, che ha sfiorato il
tutto esaurito. La 57enne vocalista di Memphis ha presentato il suo ultimo progetto,
proponendo dal vivo 11 dei 13 brani che compongono il CD "Red earth, a malian
Journey", con l'intenzione di ritrovare le sue origini africane. Ideato dal
tastierista Cheick-Tidiane Seck, che ha collaborato nella scelta delle canzoni
e dei musicisti africani, presente nel disco, ma non in questo tour, e che ricordiamo
in un simile lavoro "Sarala" uscito nel 1995
con il pianista Hank Jones nei panni di
Dee Dee.
Del progetto, è preferibile l'ascolto in studio. Perché i suoni sono più curati,
ci sono più colori, per la presenza di un numero maggiore di musicisti e la
Bridgewater
si limita solo a cantare. Dal vivo, invece, per eseguire 11 dei 13 brani contenuti
nell'album – "No more" e "Meanwhile"
i titoli esclusi – l'ensemble impiega 130 minuti, rispetto ai circa 70 dell'intero
CD. Questo perché
Dee Dee
si rapporta con il pubblico in maniera troppo stucchevole, con lunghissimi ringraziamenti,
sospiri, mossette; spiegando brano per brano e presentando con richiesta di applausi
i due vocalisti ospiti in parte del programma. Il medesimo comportamento si verifica
quando ogni musicista esegue un assolo:
Dee Dee
apre la bocca al sorriso, si rivolge, gigiona, alla platea, e l'applauso scatta
automatico. E così via, sicchè il ritmo, la narrazione complessiva della scaletta
musicale si perdono in questi siparietti. Peccato, perché l'ensemble allinea dei
bravi musicisti. Dal portoricano Edsel Gomez, già pianista di Don Byron,
e del quale è uscito un recente disco a suo nome, al contrabbassista Ira Coleman
che funge anche da direttore artistico, ai bravi percussionisti e al batterista,
argentino, a proprio agio nel percuotere il cajon. Comunque il pubblico applaude
in continuazione, scandendo, se richiesto, il semplice 4/4. Non mancano i sospiri
di soddisfazione, quando
Dee Dee
riceve lo scontato omaggio floreale prima del bis. Comunque un buon cartellone per
un festival che porta sempre con sé la voglia di un programma ben costruito, con
poche concessioni al commerciale e soprattutto senza presenza rock o pop, né artisti
che non hanno più nulla da dire. Tra i brani più graditi citiamo "Afro
Blue" di Mongo Santamaria, "Footprints"
di
Wayne Shorter e "Djarabi" di Oumou Sangarè.
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
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Data pubblicazione: 31/07/2007
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