L'anima creatrice della Jazz Art Orchestra
è Carlo Gelmini, compositore, arrangiatore e direttore che ha dato il vitale
flatus all'ensemble nel 1991. Da allora una
discreta moltitudine di musicisti si è avvicendata ed ha contribuito alla crescita
della Big Band. Tutto ciò senza malcelata soddisfazione da parte dello stesso
Gelmini: "il vanto di cui mi fregio nell'aver avuto nella mia vita l'opportunità
di conoscere tanti musicisti, di avere stretto rapporti di grande amicizia, ma soprattutto
di aver condiviso con loro quella grande passione per la Big Band". Già, perché
Big Band è sinonimo di passione condivisa, passione per la Musica, per lo spirito
di gruppo, per la ricerca di timbri e colori. Un quadro di Kandisky colpisce per
la sua policromia e per il gioco d'insieme che determina il tutto. D'altro canto,
il Grande pittore moscovita era ossessionato dalla Musica ed i colori erano avvertiti
da lui come un coro da fissare sulla tela. Forse la Big Band è la massima espressione
della universalità in tale senso intesa. L'effetto pandemico provocato dal lavoro
svolto da Gelmini è ben evidente nella Jazz Art Orchestra, visto il congruo numero
di musicisti impegnati in questa opera seconda: Alessandro Altarocca,
Chicco Montisano,
Fulvio Ferrari,
Mauro Ottolini, Franco Capiluppi, Beppe Dibenedetto, Max
Covoni, Stefano Paolini, Corrado Terzi, Emiliano Vernizzi,
Alessandro Lugli, solo per citarne alcuni. Oltre gli ospiti di particolare
prestigio che hanno empaticamente contribuito alla riuscita di questo vibrante lavoro.
Le pulsazioni si distendono per tutte le tracce e, omen nomen, la batteria
giganteggia seppur ben collocata nell'estetica bandistica. I neuroni specchio sono
mobilitati dall'inizio alla fine del disco. Provocano movimenti simpatici già da
Ya Gotta Try di Sammy Nestico che pone in bella
evidenza l'agiato controllo dello strumento da parte di Corrado Terzi ed
Emiliano Vernizzi ai saxofoni. La compattezza delle sezioni ed il "tirare
avanti" della ritmica, conferiscono il giusto relax anche
Channel One Suite, appartenente al palma res del
Grande Buddy Rich. La fisicità della Jazz Art Orchestra è tale da avvertire i movimenti
sismici dovuti alla dirompente forza sinfonica dell'ensemble. La Swing Era prosegue
nelle note di Cole Porter con Love For Sale
e nelle complesse ramificazioni armoniche della ellingtoniana
Cotton Tail. Si atterra nell'emisfero più groove
con Slo Funk di Mintzer e nelle trame scintillanti
di Some Skunk Funk di Randy Brecker, con
Rosen prima ed Andrea Tofanelli a conferire ancora più nerbo all'esecuzione.
Particolare il disegno dato dall'arrangiamento di Frank Mantooth a
Seven Come Eleven di Goodman che conferma l'alta
professionalità di
Mauro Negri al clarinetto. Così come appare chiaramente a suo
agio Fabrizio
Bosso nell'esecuzione del Tribute to Miles,
capace di accelerazioni e suoni autorevoli.
Un'atmosfera d'eccitata partecipazione è quella che si respira per tutti
i quattordici brani. Le emozioni sono geometricamente – ma non algidamente – orchestrate
da Carlo Gelmini con un naturale senso della misura e della sincronia.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
|
Inserisci un commento
Questa pagina è stata visitata 5.656 volte
Data pubblicazione: 28/12/2008
|
|