Il giro d'Italia a bordo di un disco Fabrizio Salvatore, Alfa Music di Alceste Ayroldi
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ALFAMUSIC
Music Label & Publishing
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Tel:(+39) 06 263067 Fax:(+39) 06 23269109
email: info@alfamusic.com
web: www.alfamusic.com
Qual è la vostra filosofia di vita?
Perché fare il discografico?
Libertà, creatività, passione per la musica, il piacere di fare un lavoro che ti
piace. Questi credo siano gli argomenti che riassumono sinteticamente la nostra
filosofia di vita e, al di sopra di tutto, l'orgoglio di poter condividere con gli
artisti i loro migliori obiettivi, le emozioni e le ambizioni. Un impegno costante
volto ad offrire il nostro contributo per lo sviluppo del jazz italiano e dei suoi
protagonisti, quelli già affermati ed i giovani talenti.
AlfaMusic nasce nel 1990
da un progetto dei due soci fondatori Alessandro Guardia e Fabrizio Salvatore
(Alfa appunto), all'epoca giovani studenti frequentatori delle prime scuole
di musica romane, nonché compagni di viaggio in vari progetti musicali tra cover
band, canzone d'autore, ed una lunga frequentazione nei Club e nei Piano bar di
una Roma che tra gli anni Ottanta e Novanta offriva una variegata scelta per gli
amanti della buona Musica (concerti, entertainment, eventi culturali). Ci divertivamo
molto a suonare ed in seguito decidemmo di proseguire più seriamente lo studio della
musica iscrivendoci alla Scuola Popolare del Testaccio di Roma e poi alla Mississippi
Jazz School. Da quei giorni il jazz è diventato parte insostituibile della nostra
vita e molti dei docenti e degli studenti di quel periodo sono diventati cari amici
e artisti con i quali abbiamo avuto l'onore di collaborare professionalmente. La
decisione di costruire il nostro primo studio di registrazione - all'epoca Alfa
Recording - arrivò nel 1989, con non poche difficoltà,
poiché entrambi frequentavamo anche l'università. Le nostre famiglie ci aiutarono;
decidemmo di dedicarci definitivamente alla musica e di farne la nostra professione.
A gennaio del 1990, dopo un anno passato a studiare
la migliore soluzione acustica e tecnica con il supporto di una grande progettista
come Livio Argentini, eravamo pronti. Avevamo tanta voglia di fare bene, un indimenticabile
mixer Argentini, un registratore analogico a otto piste, un buon Outboard analogico
(compressori, equalizzatori, reverberi), un pianoforte Yamaha C3, ma soprattutto
degli ambienti con una buona acustica. Naturalmente la decisione di cimentarci nel
mondo della discografia e dell'editoria musicale arrivò successivamente, in maniera
quasi automatica, verso la fine degli anni Novanta, dopo una decina d'anni dedicati
principalmente all'attività dello studio di registrazione ed alle produzioni per
conto di altre case discografiche, produttori e musicisti che ci affidavano il loro
progetti.
Il primo serio approccio alla discografia avvenne tra il
1998 ed il 2001, anni in cui avemmo
l'opportunità di seguire alcune produzioni per "Il Manifesto" testata che all'epoca
distribuiva i propri dischi nelle edicole nazionali ottenendo buoni risultati. Realizzammo
così i primi dischi degli "Indaco", una formazione di rock progressive italiano
nata dall'incontro tra alcuni musicisti della PFM e del Banco del Mutuo
Soccorso, unitamente a molti noti ospiti, da un'idea di Mario Pio Mancini
e dalla collaborazione di validissimi musicisti dell'area romana. Avere a studio
musicisti del calibro di Lester Bowie, Rodolfo Maltese, Vittorio
e Gianni Nocenzi, Pierluigi Calderoni, Francesco Di Giacomo,
Mauro Pagani, Andrea Parodi, Enzo Gragnaniello ci esaltava
e gratificava; provammo addirittura a proporre un progetto tra musica e danza al
Festival di Sanremo, ma probabilmente la cultura legata alle tradizioni popolari
e alla Musica di qualità non suscitava grandi interessi; non ricevemmo neanche una
risposta dalla direzione del Festival! Da lì capimmo che la strada migliore era
quella di fare da soli, insieme ai nostri amici Musicisti; lo studio e le competenze
le avevamo; la forza di volontà e lo spirito di sacrificio era notevole; clienti
e Musicisti che ci avevano affidato la loro Musica erano felici di lavorare insieme
a noi e ci incoraggiarono nell'intraprendere l'avventura delle produzioni discografiche:
decidemmo di partire con la costruzione di un catalogo AlfaMusic che proponesse
produzioni di Jazz ma anche di musica popolare (o tradizionale), possibilmente con
un "suono" nostro, riconoscibile. Attualmente le pubblicazioni jazz sono prevalenti
ed abbiamo voluto impegnarci a sostegno dei Musicisti italiani preferendo il jazz
più contemporaneo e caratterizzato da composizioni "inedite" piuttosto che da noti
standard: "il Jazz italiano di AlfaMusic" è diventato il nostro motto. Naturalmente
gli ospiti stranieri sono most welcome, ma sempre in funzione del loro apporto
artistico al progetto del leader italiano della pubblicazione.
Anche le commistioni (o, come si dice oggi, le contaminazioni) tra jazz, elettronica,
e musica popolare (con i marchi AlfaMusic e Alfaprojects) rientrano nella sfera
artistica che caratterizza la nostra linea editoriale che oltre alle pubblicazioni
di musica Jazz include delle sezioni dedicate alla canzone d'autore e alle nuove
tendenze (con un marchio denominato Pop&Roll), alla musica classica (cameristica,
piccole formazioni con un marchio denominato AlfaMusic Classical).
Last but not least, l'interessante progetto Hi-Jazz (www.hi-jazz.com)
creato per lo sviluppo qualitativo delle produzioni musicali Jazz (dal punto di
vista strettamente tecnico; recording, mix & mastering) in realtà una sorta di convenzione
dedicata ai diretti musicisti, produttori, label e più in generale al mondo delle
produzioni indipendenti.
Come reperite i nuovi talenti?
Principalmente grazie ad una seria attività di ricerca tra i progetti live, unitamente
ad un' accurata selezione artistica del materiale che ci viene proposto (cd-demo
in fase di costruzione ma anche produzioni già definite) con uno sguardo attento
a quanto risulta evidente dal Top Jazz e dal Jazzit Award (soprattutto per quanto
riguarda i nuovi talenti). E' fondamentale che ci sia una forte coerenza tra i contenuti
artistici e la nostra linea editoriale oltre che un alto livello qualitativo del
materiale audio, sia che provenga da studi esterni che dal nostro centro di produzione
(AlfaMusic – Hi-Jazz).
Come scegliete i musicisti?
Da una parte dedichiamo la dovuta attenzione agli artisti con i quali abbiamo un
rapporto già consolidato e collaudato da numerose pubblicazioni precedenti; contemporaneamente
dedichiamo molta attenzione alle proposte che ci pervengono dagli nuovi Musicisti
cercando di capire se ci sono le giuste caratteristiche per procedere all'inaugurazione
di un serio rapporto di collaborazione basato sulla necessaria progettualità e su
un rapporto umano, amichevole e sereno.
Quali sono le vostre politiche relative alla distribuzione?
Abbiamo costruito da circa un decennio un ottimo rapporto con due distributori:
Egea distribution (per la distribuzione fisica) e Believe digital (per quella digitale).
Nonostante la difficile congiuntura economica di questi anni siamo soddisfatti,
soprattutto per l'impegno che i nostri collaboratori ci offrono giornalmente; dal
punto di vista economico purtroppo i risultati sono mortificanti, e questo sarebbe
sufficiente per evitare di continuare a investire risorse ed energie in un'attività
che non ripaga commercialmente, ma la nostra passionalità ed il desiderio di promuovere
le nostre pubblicazioni nel circuito della grande distribuzione, ci suggeriscono
di tener duro e sperare in tempi migliori, magari cercando di diversificare la politica
legata all'attività distributiva e di individuare delle valide alternative.
Quali mezzi utilizzate per raggiungere il vostro pubblico,
anche potenziale?
Tutto ciò che gli attuali mezzi di comunicazione e di visibilità possono offrire:
dalla presenza nelle fiere, exibitions nazionali ed internazionali (Jazzit Fest,
Medimex, Fiera del libro, Hi-end, Jazzahead, Midem) ma soprattutto una buona campagna
promozionale sulle maggiori riviste di Jazz italiano (cartaceo e web) accompagnata
da un attenta e costante attività redazionale del nostro ufficio stampa interno.
Naturalmente il supporto dei vari Social è fondamentale come pure lo storico rapporto
con Radio Rai (in particolare con le trasmissioni offerte da Radio3), Radio Vaticana
e le molte Radio Web nazionali.
A cosa è dovuta la crisi del disco? E' da attribuire a
mp3, peer to peer, o c'è dell'altro?
Nell'ultimo decennio abbiamo assistito ad un radicale sconvolgimento che ha interessato
l'industria discografia ed il mondo dell'entertainment in generale. Negli anni Ottanta,
all'epoca della nascita del cd audio che decretò l'inizio dell'era digitale sostituendosi
alle vecchie musicassette ed in parte al vinile, l'abitudine/rito di ascoltare musica
registrata su un "supporto" sopravvisse, anzi si rafforzò considerata la novità
e l'entusiasmo che il famoso dischetto di policarbonato digitale suscitò nel pubblico.
Gli artisti ed i loro management erano impegnati nell'organizzare
tournée, apparizioni radio-televisive a supporto e promozione dell'uscita del
loro nuovo disco (oggi succede esattamente il contrario: il disco è diventato
una specie di demo di qualità per promuovere l'attività concertistica).
La gente acquistava i dischi (nei vari formati, con preferenza
verso il cd audio, meno gli Lp su vinile, le musicassette rappresentavano una
semplice opportunità di registrare la musica in vendita sui supporti a basso
costo, inaugurando le porte dell'illegalità che oggigiorno diventata malsana
consuetudine).
Si suonava molto e l'industria discografica andava a gonfie
vele!
In meno di trent'anni tutto ciò è cambiato radicalmente: principalmente
con l'evoluzione della tecnologia digitale voluta dalle stesse multinazionali che
avevano brevettato il cd audio (Sony-Philips) con l'invenzione del famoso Cd-R (un
cd vergine sul quale si potevano registrare dati ma anche musica, a basso costo
e, dannazione, mantenendo la stessa qualità dell'originale), degenerata come sappiamo
con l'inserimento sul mercato consumer di masterizzatori, Hd recorder etc. da parte
delle stesse multinazionali di cui sopra e molti altri loro competitors. L'affermazione
poi di Internet, della televisione digitale e dei dispositivi digitali per l'archiviazione
e l'ascolto di musica ha completato il quadro che attualmente ben conosciamo. Certo
la diffusione della cosiddetta musica liquida (Mp3, inclusi i nuovi formati in alta
definizione che costano poco più dei canonici 0,99 € a brano) ed il peer to peer
hanno contribuito alla crisi del disco, ma non ne sono stati la causa principale
che come dicevo sopra è da attribuirsi all'evoluzione della tecnologia e probabilmente
ad una mancata o inadeguata gestione del business digitale.
A questo aggiungerei delle responsabilità causate da case discografiche e distributori
poco sensibili alla necessaria selezione artistica che si richiede a chi immette
sul mercato dischi, spesso di bassa qualità artistica e tecnica con conseguente
ingolfamento dei canali di vendita; in parole semplici: molta, troppa offerta musicale
e poca richiesta da parte di un mercato saturo e pigro. Le logiche commerciali delle
grandi catene e di negozianti a dir poco ignoranti musicalmente hanno poi definitivamente
consolidato la crisi del disco. Fanno eccezione i piccoli negozi di dischi specializzati
ancora attivi, dove si respira un'aria più europea ed è possibile ascoltare la musica
prima dell'acquisto del disco, magari agevolati da utili suggerimenti del negoziante
o dal commesso (saranno dei missionari? No, sono persone competenti e conducono
con serietà il loro lavoro!).
Qual è lo scenario futuro?
Non lo so, ma di sicuro posso affermare che oggi ancor più di ieri bisogna puntare
alla qualità, sia dei contenuti artistici che quella relativa a tutto il processo
produttivo. La diffusione della "musica liquida" è oggi un ottimo mezzo per la promozione
e la divulgazione dei progetti artistici, purché il processo tecnico produttivo
sia condotto a regola d'arte. Il nostro obiettivo è proprio quello di rilanciare
l'attenzione all'ascolto offrendo attraverso le nostre strutture tecniche, prodotti
di alta qualità. Credo che chi ama la musica jazz, e più in generale le musiche
caratterizzate in prevalenza da un suono naturale, non possa fare a meno di porre
attenzione nella qualità sonora dei prodotti musicali. Siamo per un suono non compresso,
che rispetti le dinamiche originali dei musicisti e che emozioni. Se si lavora su
questa strada anche l'aspetto educativo della musica verso i più giovani viene salvaguardato.
Per combattere il nemico comune non sarebbe meglio coalizzarsi?
Quali sono gli ostacoli alla creazione di un consorzio o un network?
Certamente, anche se geneticamente noi italiani siamo predisposti all'avventura
personale; ma i tempi stanno cambiando e la situazione attuale credo ci imponga
la soluzione aggregativa. Da circa due anni è attivo
IJM (Italian
Jazz Music) il Consorzio dei produttori indipendenti di Musica Jazz in Italia.
Recentemente è nata
Midj la
nuova associazione dei musicisti di jazz italiano; gli organizzatori di concerti
si sono riuniti in I-Jazz: sarebbe bello poter lavorare tutti insieme, nella diversità
delle proprie competenze, semplicemente accomunati da nostro caro jazz Italiano,
e ci stiamo provando: chiediamo attenzione alle istituzioni e alla politica, si
tratta della nostra cultura!
Anche le major non godono un buon stato di salute. In periodi
di crisi è meglio essere "più piccoli"?
Si! Credo di poter dire che il meglio dell'industria discografica attuale è rappresentato
proprio dall'eccellente lavoro delle piccole etichette indipendenti che lavorando
a stretto contatto con gli artisti sono in grado di offrire degli eccellenti contenuti
musicali piuttosto che sterili progetti di marketing ideati da personaggi con poca
o nessuna competenza musicale. La figura del direttore artistico nelle major è praticamente
scomparsa, soppiantata da quella del direttore marketing (mi chiedo quale possa
essere oggi un marketing significante!); le piccole label non hanno di questi problemi…si
ha a che fare con figure professionali ricche di esperienza maturata negli anni,
che operano con passione e serietà (saranno dei visionari?...Forse si).
Cosa potrebbero fare le istituzioni per migliorare e aiutare
il settore, soprattutto per la lotta contro la pirateria?
Innanzitutto porsi l'obiettivo di innalzare l'interesse per la musica, favorendone
l'approccio e la diffusione verso tutti i ceti sociali; contemporaneamente sarebbe
davvero necessario offrire il suo valore educativo e formativo alle giovani generazioni
rivedendo radicalmente i programmi didattici in uso nella scuola dell'obbligo e
integrando il corpo dei docenti dell'ambito musicale con insegnanti realmente esperti
dello stesso (la formazione e il perfezionamento dovrebbe essere argomento applicato
anche verso la categoria dei docenti); per quanto riguarda il Jazz sarebbe ora di
fare il possibile per diffondere nelle scuole ma anche nel comune pensare gli aspetti
più naturali di questa preziosa forma d'espressione artistica, amplificandone le
caratteristiche più istintive e naturali quali il ritmo, la creatività, la libera
improvvisazione, tutte peculiarità sicuramente di facile sviluppo ed apprendimento
nella scuola materna ed in quella primaria. L'integrazione che la musica jazz ha
avuto negli ultimi anni nei conservatori italiani costituisce un buon esempio, sicuramente
da migliorare ma valida iniziativa che ha molto contribuito all'innalzamento del
valore dei giovani musicisti italiani di jazz. Per quanto riguarda la lotta contro
la pirateria credo che questa debba essere combattuta fondamentalmente partendo
dal basso, anche qui con un serio intervento delle istituzioni che, da una parte
dovrebbero meglio valorizzare a livello sociale le figure dei compositori, dei musicisti,
dei produttori (in generale di tutto l'indotto creativo e gestionale dell'ambito
musicale) e dall'altra riorganizzare una più efficace legislazione nel campo del
diritto d'autore volta a salvaguardare le opere dell'intelletto punendo significativamente
qualsiasi forma d'illegalità. Il download selvaggio e non curante del lavoro altrui
è illegale; nella maggior parte dei paesi europei è praticato non meno che in Italia;
la differenza però consiste nel fatto che nei paesi più civili dopo aver scaricato
(anche se illegalmente) un brano musicale per ascoltarlo e verificarne l'interesse,
si passa automaticamente all'acquisto sulle apposite piattaforme digitali (iTunes
o altro); in Italia questo non succede quasi mai…questione di cultura anche qui!
La vostra struttura organizzativa si completa con il management?
Ritenete, comunque, che possa essere utile per completare il percorso e fidelizzare
al meglio i vostri artisti?
Negli ultimi anni abbiamo cominciato ad occuparci anche di management, anche se
a piccole dosi ed a supporto dei progetti discografici di volta in volta pubblicati;
lo abbiamo fatto direttamente ed i collaborazione con i vari management degli artisti.
La pubblicazione di un disco accresce parecchio la visibilità degli artisti interessati
a 360 gradi e crea le giuste condizioni per una migliore attività di management
soprattutto nei primi mesi della pubblicazione stessa. Stiamo seriamente pensando
di completare la nostra struttura con un dipartimento interno di AlfaMusic che si
occupi di management per ottimizzare le fase produttiva e promozionale, attività
sulle quali ci impegniamo molto e che indubbiamente producono un buon risultato
a beneficio del progetto e dei musicisti in esso coinvolti. Attualmente l'indotto
commerciale prodotto dall'attività concertistica è probabilmente l'unico che ancora
rappresenta una discreta opportunità di guadagno, per i musicisti protagonisti e
per i management che li rappresentano. Di conseguenza anche le attività dell'ambito
discografico ed editoriale della Label trarrebbero giovamento con l'integrazione
di una buona organizzazione a livello di management.
Quali sono le difficoltà che incontrate e qual è la tendenza
del mercato dello spettacolo dal vivo?
Le difficoltà sono rappresentate dalla difficile situazione economica del nostro
paese, fortemente penalizzato proprio nelle attività culturali a causa degli ingenti
tagli che i vari governi hanno praticato a sfavore dell'industria musicale, dove
il jazz è in una posizione di forte svantaggio rispetto agli altri generi musicali
pur rappresentando uno degli introiti maggiori in considerazione dei festival di
musica jazz che in Italia vengono sovvenzionati e sostenuti dai privati. Negli ultimi
anni sono nate delle nuove iniziative che hanno sicuramente smosso le acque del
mercato dello spettacolo dal vivo: mi riferisco al Jazzit Fest (alla seconda edizione),
che ha volutamente intrapreso la strada della collaborazione proveniente dagli stessi
musicisti e da donazioni volontarie da parte del pubblico rifiutando i contributi
di eventuali fondi statali e molte altre gestite da coraggiosi privati che con non
poche difficoltà sono comunque riusciti ad offrire al pubblico una interessante
programmazione artistica, che dove ha potuto coinvolgere i giovani talenti nazionali
ha trovato un ottima considerazione da parte del pubblico; le istituzioni devono
assolutamente fare di più in questo ambito…molto di più per favorire lo sviluppo
del jazz italiano, ormai maturo e ben riconosciuto anche a livello internazionale.
A tal proposito, come giudicate lo stato di salute del
jazz attualmente (sia quello italiano, che internazionale)?
Negli ultimi tempi ho spesso sentito identificare il jazz come...musiche altre,
musica diversa, musica popolare: il jazz è musica colta ma anche semplice, che parte
dall'anima e arriva direttamente al cuore; il jazz è jazz e basta! E merita di essere
riconosciuto con il nome che tutto il mondo gli attribuisce da sempre.
In quanto a popolarità, contenuti e godibilità credo che il jazz goda di ottima
salute; delle problematiche gestionali, commerciali e burocratiche ne abbiamo già
parlato. Parlando di salute mi piacerebbe, anche se solo per un attimo, pensare
alle piacevolissime emozioni che l'ascolto di un buon brano jazz provoca nell'ascoltatore:
uniche, forti, di quelle che fanno bene al cuore e all'animo. Salute!
Il jazz internazionale è sicuramente di ottimo livello; oltre a quello americano
e francese vorrei sottolineare che quello proveniente dal Nord Europa, sicuramente
una delle espressioni più interessanti dell'ultimo decennio (Svezia, Norvegia, Danimarca).
Quello italiano non è da meno; lo testimoniano i riconoscimenti provenienti proprio
dagli Usa e dall'Europa diretti a molti musicisti italiani, e tra questi anche a
una nutrita linea di giovani talenti. Lo dimostrano gli inviti ai festival stranieri,
contrariamente a quanto accade nel nostro paese, ancora troppo legato ad una certa
americanità nelle programmazioni dei maggiori festival e rassegne (finanziate in
parte da soldi pubblici che invece dovrebbero favorire le performances dei più giovani,
quelli meritevoli come succede nei paesi più civili del nostro per esempio con la
formazione di una giovane orchestra nazionale di Jazz).
Il pubblico del jazz, almeno in Italia, è statisticamente
provato che sia formato perlopiù da persone over 35 anni. In altri stati, però,
ciò non succede. Secondo te quali sono i motivi di fondo? I prezzi dei biglietti
sono troppo alti? Il jazz non trova spazio negli ordinari canali di comunicazione
dei giovani? E' frutto di una crisi culturale? Il motivo di fondo è sempre lo stesso: il nostro è un paese che non favorisce
lo sviluppo della Cultura. Se non chiediamo a gran voce a chi ci governa un radicale
cambiamento dei programmi didattici in uso nelle nostre scuole (a cominciare da
quella materna) difficilmente si comincerà ad apprezzare (e magari a studiare) la
musica jazz in tenera età. Attualmente tali iniziative sono rare espressioni di
qualche coraggioso docente che spinto dall'amore verso questa fantastica musica
comincia ad illustrarne le caratteristiche principali ai propri studenti, semplici
guide all'ascolto per iniziare per poi trovarsi magari a fine anno scolastico ad
organizzare un concerto dove i bambini suonano strumenti musicali, umani, oltre
a quel maledetto flauto dolce che continua ad innervosirci da molti decenni!
I prezzi dei biglietti credo non siano troppo alti se per prezzo si intende un prezzo
medio tra i dieci ed i venti euro: probabilmente sono gli stipendi ad essere troppo
bassi!…sicuramente è una follia chiedere a degli adolescenti (o meglio alle loro
famiglie) dai 50 ai 150 euro per un concerto di una boyband di grido…in uno
stadio con ca. settantamila spettatori!
E' un fenomeno che mi dispiace constatare, ma la tendenza
dell'Opera è quella di annoverare un pubblico sempre più giovane. Forse anche per
il fatto che molte opere sono rivisitate da registi di chiara fama che lo hanno
svecchiato parecchio. Nel jazz, però, anche lo svecchiamento non sempre porta risultati
entusiasmanti. Come mai?
Probabilmente perché l'Italia è il paese dell'Opera, del melodramma; il jazz non
ha ancora maturato la popolarità e la fruibilità che favorirebbero un naturale svecchiamento.
Dobbiamo impegnarci ancora di più noi addetti ai lavori, gli stessi musicisti, gli
organizzatori di festival e rassegne, i jazz club. Personalmente, a giudicare dal
materiale artistico che ci viene costantemente sottoposto, credo che sia in corso
ed sempre più in via di sviluppo una interessante attività di ricerca, quindi di
svecchiamento, a cura di molti dei compositori e musicisti jazz italiani, e tra
questi molti dei giovani talenti; guardando alle più recenti pubblicazioni di AlfaMusic
penso tra gli altri ad Enrico Intra,
Enrico
Pieranunzi, Ettore Fioravanti, Franco Piana,
Stefania Tallini,
Carla Marciano,
Mauro De Federicis e tra i giovani talenti Daniela Spalletta, Raffaele
Genovese, Francesco Cataldo, Fabrizio Savino, Danilo Zanchi,
Gaia Possenti (U-man trio). Da parte nostra abbiamo da tempo sposato questa
tendenza e siamo fortemente convinti che una giusta innovazione basata sulla conoscenza
della tradizione e il rispetto per la stessa sia la migliore formula per una naturale
crescita del Jazz di casa nostra: come dire…tradizione e innovazione!
Non pensi che il jazz, in Italia, difetti in organizzazione
e coordinamento? Sarà forse perché lo Stato e gli enti territoriali lo tengono sullo
stesso livello delle sagre di paese (con tutto il rispetto anche per queste)?
Preferisco guardare ai miglioramenti che si sono prodotti negli ultimi anni; credo
che i festival e le rassegne jazz italiane siano di buon livello, soprattutto le
programmazioni estive. Vivo e lavoro a Roma e fino all'anno scorso l'offerta qualitativa
non era male…l'estate 2014 ha segnato invece
un brusco degradamento a favore delle sagre dedicate alla porchetta e alle salsicce!
Speriamo sia stato un episodio unico: stiamo combattendo per evitare che ciò si
ripeta, anzi per ottenere dalle istituzioni locali il dovuto supporto per un'adeguata
diffusione del Jazz come accade in tutte le capitali europee (Utopia? Vale la pena
provarci). A livello nazionale c'è una ampia offerta, sempre grazie all'iniziativa
di associazioni culturali e privati, probabilmente ancora troppo legate a logiche
commerciali che favoriscono l'ingaggio di noti nomi del Jazz internazionale piuttosto
che quelli italiani, con una poco edificante sottovalutazione dei giovani talenti;
anche qui Stato ed enti territoriali fanno poco, stanziare qualche soldino a favore
di pochi eletti festival (briciole provenienti dal FUS, il fondo unificato per lo
spettacolo) non basta. Forse bisognerebbe prendere esempio proprio dalle sagre di
paese dove la famosa "questua" condotta dal parroco locale da ancora i suoi buoni
frutti! Che sia questa la giusta soluzione? Spero di no!
La diversificazione del prodotto artistico, e quindi discografico,
anche al di fuori dell'ortodossia jazzistica, può essere utile, oppure ritenete
migliore la specializzazione in un singolo settore musicale? "La Musica e la vita sono solo questioni di stile" (Miles Davis).
E' una frase che ci piace molto. Iniziammo la nostra avventura discografica indirizzandoci
verso il Jazz e la musica popolare che ancora oggi rappresentano i generi di maggiore
interesse delle nostre pubblicazioni (il Jazz in primis nel quale possiamo dire
di aver maturato uan buona specializzazione); come illustrato all'inizio di questa
intervista, col passare degli anni abbiamo deciso di impegnarci anche in altri…stili
musicali quali la canzone d'autore e le nuove tendenze, La musica classica (da camera,
per piccole formazioni) ed alcune produzioni crossover (commistioni tra jazz, fusion,
elettronica….buona Musica si spera). Qui una panoramica delle pubblicazioni di AlfaMusic: - Jazz e musica
popolare
-
AlfaMusic Classical
- Pop&Roll
Quali sono i prossimi progetti?
"Bluestop" – Enrico Intra
Enrico
Pieranunzi (appena pubblicato)
"Traditori" – Ettore Fioravanti (con Marcello Allulli, Francesco Ponticelli, Marco
Bonini, Enrico Zanisi)
Il nuovo Album di Dino & Franco Piana (titolo da definire) con
E. Pieranunzi,
R. Gatto,
F. Bosso,
M. Ionata,
F. Corsi, L. Corsi, G. Bassi.
"Letter from Manhattan" – Fabrizio Mocata (Feat. G. Garzone, M. Panascia, F. Nemeth)
"Ctrl Z, twice" - Fabio
Morgera and the NYCats (Bam, la nuova tendenza musicale newyorkese)
"Happiness" –
Marco Pacassoni (Michel
Camilo spec. guest)
"Essence" - Enzo Amazio
(Gabriele Mirabassi spec. guest)
"D - Birth" – Daniela Spalletta (Max
Ionata spec. guest)
Lello Califano 4 et (Fabrizio
Bosso spec. guest)
Emanuele Primavera 4et
Cristiano Pomante