Un'esplosione di musica ad alta tensione
La libertà del jazz, l'energia del rock, e l'autentica voglia di
suonare insieme. C'è questo, e molto altro ancora, in "Quartette èlettrique", l'ultimo disco solista del batterista e compositore Davide Pettirossi. A caratterizzare l'album, aldilà della matrice ispirativa dominante rappresentata dalla tradizione (ed evoluzione) del jazz elettrico, vi è il desiderio dell'artista romano, attualmente membro dell'Orchestra Nazionale di Jazz, di raccontare delle storie.
«Questo disco ha come filo conduttore quello della memoria. Ci sono composizioni molto recenti e altre che risalgono alla mia adolescenza. Si tratta, in massima parte, di stati d'animo che ho cercato di tradurre in musica» (Davide Pettirossi)
Il disco inizia con "Creati": il racconto di una notte di luna piena, e di un branco di cani randagi. «Si tratta di una metafora dell'interplay», spiega Pettirossi, «ossia, dell'esigenza di dialogare davvero con gli altri, e senza avere la presunzione di dominare nessuno. In altre parole, della consapevolezza dell'importanza di ciascuno, nella musica come nella vita». Ecco, a proposito di musica, c'è da dire che la struttura di questa composizione è ciclica e che ogni "variazione", più che un momento solistico vero e proprio, costituisce il personale contributo di ciascun artista alla riuscita del brano. Lo stesso Davide Pettirossi, al riguardo, definisce "Creati" come un "solo collettivo".
Da sottolineare alcune peculiarità del drumming di Pettirossi: dall'uso degli splash, che rimanda a quello di Stewart Copeland, alle scomposizioni ritmiche sul piatto ride, che testimoniano la sua passione per batteristi quali, Tony Williams e Jack De Johnette. Molto interessante è anche l'idea che anima il finale di batteria, che è intrinsecamente legato al tema. Trattandosi di un brano dedicato all'interplay - concetto che anima tutto il disco - non meno interessanti sono gli interventi di Pino Iodice, elegante e creativo, la "presenza" sonora di
Paolo Innarella e la "solidità" delle linee tracciate da Luca Pirozzi.
Inoltre, a testimoniare ulteriormente l'importanza del lavoro di tutti i musicisti, c'è da dire che "Quartette èlettrique" nasce, prima ancora che come opera discografica, come progetto live. Non c'è da meravigliarsi allora se, nelle note di copertina, viene usata la dizione "disco registrato dal vivo". «L'album è stato realizzato in studio, ma abbiamo suonato tutti insieme, contemporaneamente. Inoltre, gli interventi di sovraincisione sono stati davvero minimi. E questo perché l'intento era quello di dare al disco un'atmosfera live». (Davide Pettirossi)
Protagonisti di "Corridoio Migratorio", la seconda traccia, sono ancora una volta degli animali. E, per l'esattezza, i leoni. Un'altra affascinante metafora per raccontare della natura e della sua forza primordiale. Un brano in cui troviamo sonorità molto moderne, l'interpretazione originale di una scansione ritmica tipicamente africana qual è il 12/8, e dei richiami alla Dave Weckl Band. Il finale è senza dubbio ad effetto, ma è una sorpresa che non va svelata.
L'aver messo in evidenza alcune peculiarità dello stile di Davide Pettirossi, anche didatta molto stimato (dirige "L'Oasi" e insegna anche presso la "Percentomusica"), non deve far pensare, però, ad un disco in cui la batteria abbia un ruolo predominante. Non solo per il valore che viene attribuito all'interazione tra tutti i musicisti, ma anche perché l'artista romano, pur avendo un ruolo di guida della band, ritiene che: «E' molto diffusa l'opinione che il disco solista di un batterista sia spesso molto forte da un punto di vista ritmico, ma carente sotto il profilo armonico e melodico. In "Quartette èlettrique" penso di essere riuscito, e ringrazio i musicisti che hanno suonato con me, a bilanciare tutti questi elementi».
Un'opinione senza dubbio condivisibile, e che non viene contraddetta neppure da quella parte di sola batteria che introduce "Jazz It". «Ho pensato al jazz degli anni '50, e alla rabbia del popolo nero. Nasce così questo swing molto veloce, che è anche il mio omaggio ad una cultura musicale che è parte di me». (Davide Pettirossi). Dalla rabbia al lirismo più puro. È la volta di "The Master", e la parte introduttiva, anche essa molto lunga, è lasciata al solo pianoforte di Pino Iodice. «Questa composizione», spiega l'autore, «l'ho composta con la chitarra pochi mesi dopo aver incominciato ad ascoltare jazz. Avevo all'incirca quindici anni e fu anche uno delle prime volte in cui mio padre mostrò di apprezzare la mia musica. E' dedicata a lui».
Uno spirito molto diverso, quasi scanzonato, anima "Bikini Island". Ovvero quando il funky incontra la musica latina. «In questo brano, ci sono due stati d'animo differenti. Da un lato, la voglia di realizzare un pezzo ispirato all'Estate e, dall'altro, l'idea che questo piccolo atollo della Polinesia fu il centro di disastrosi esperimenti nucleari». Ad esprimere molto bene il senso di smarrimento è il bellissimo solo di Luca Pirozzi. A chiudere "Quartette èlettrique" è la traccia intitolata "Al Buio". «E' un blues sornione. Tutto si regge sulla linea di basso,, dai momenti più vivaci a quelli più intimistici, che si alternano ciclicamente». (Davide Pettirossi)
In ultima analisi, il grande merito di Davide Pettirossi e dei suoi compagni d'avventura è quello di essere riusciti, con "Quartette èlettrique", ad accendere di entusiasmo e di energia una musica che, soprattutto in Italia, rischia di spegnersi.
Massimiliano Cerreto per
Jazzitalia
A capo del suo Quartette Electrique, Davide Pettirossi propone un intrigante esempio di fusion metropolitana, matura e per certi versi forte di una propria personalità.
Freschezza, ricercatezza, spigolosità, grande interplay sono le componenti di questa musica, capace di improvvise impennate e al contempo di languide e sognanti ballate, dense di armonie eleganti e seducenti.
Sorprendenti gli sprazzi della ritmica di Pettirossi e Pirozzi, una vera "macchina da guerra", precisa e ben "oleata", che crea un continuum con lo sviluppo delle frasi di
Innarella e Iodice, forti di un linguaggio ben costruito e tecnicamente avanzato.
Varie possono essere le influenze in questa musica, da Corea a Brecker e altri…ma la costruzione di ogni piccolo frammento musicale, consapevole di tale memoria, evolve con originalità e alla ricerca di novità, rendendo l'intero corpus coinvolgente e ricco di tensioni emotive.
Tutti i brani si susseguono senza cesure di stile. Belle le acrobazie ritmiche dell'intro di
Pettirossi su Jazz It
che lanciano i due tiratissimi e ispirati soli di Iodice e di Innarella…Si giunge, poi, a distendersi e calmare i "bollenti spiriti" con l'elegantissima The Master, una ballata accattivante e sognante, in cui, dopo l'intro di solo piano, si palesa un tema solare e mozzafiato per gusto e bellezza melarmonica. La musica evolve con naturalezza, arrivando dritto al cuore!
Dino Plasmati
per Jazzitalia