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Jacarè
La Fuga Di Majorana
Alfamusic (2011)
1. Un ballo ancora Jacare' 5:03
2. Tomma' Jacare' 7:36
3. Il pascolo ermetico Jacare' 6:41
4. Eu vou Jacare' 6:24
5. Per mangiare Jacare' 4:00
6. La fuga di majorana Jacare' 6:09
7. Forza e coraggio Jacare' 5:41
8. Ben svegliati Jacare' 4:20
9. Uma mulher Jacare' 5:43
10. Io sono un fior (Si, vabbe', pero') 5:29
Cristina Renzetti - voce
Rocco Casino Papia - chitarra 7 corde, arrangiamenti
Timothy Trevor - Briscoe
Giancarlo Bianchetti - chitarre
Davide Aggattoni - basso
Francesco Petreni - batteria
Stefano De Bonis - pianoforte arrangiamento quartetto d'archi.
Registrato ad Artesuono Udine nel dicembre 2009 da Stefano Amerio
Registrato ad Artesuono Udine nel dicembre 2009 da Stefano Amerio
ALFAMUSIC
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Via G. Turner, 27 - 00169 Rome (Italy)
Tel:(+39) 06 263067 Fax:(+39) 06 23269109
email:
info@alfamusic.com
web: www.alfamusic.com
A partire da uno spunto narrativo debole, ma sufficientemente ricco di ombre e misteri,
gli Jacarè costruiscono qui un ricco e gustoso viaggio teatral-musicale tra Italia,
Argentina, e Brasile alla ricerca delle proprie radici; la musica è ostinatamente
voluta, arrangiata e curata nei minimi dettagli (compositivi, timbrici, dinamici
e di editing) tanto da diventare talvolta sfuggente.
Gli Jacarè hanno in Rocco Casino Papia e in Cristina Renzetti i suoi
ideatori e fondatori: sono a loro firma otto composizioni su dieci, la maggioranza
degli arrangiamenti, l'ideazione generale e i singoli testi; i due, insieme a
Giancarlo Bianchetti, formano poi il trio Jacarè con un repertorio di musiche
brasiliane. Questa propensione, conoscenza e sintonia profonda con la musica del
Brasile emerge qui prepotentemente e quando il gruppo si confronta con quei suoni,
quelle parole e quei respiri la musica assume, improvvisamente, un rilievo diverso.
Eu Vo e' brano totalmente risolto, coerente e coeso, di evidenza quasi scultorea,
forse senza grandi novità ma eseguito con partecipazione, energia e totale aderenza
allo spirito della musica di riferimento, anche la pronuncia e la padronanza complessiva
del linguaggio sono di elevata qualità. Questo brano ci convince con la forza della
sola musica senza distrazioni teatral-narrative (filmiche?) che, forse, tanto chiedono
e poco rendono in cambio.
Nel paese di Monteverdi, Rossini e Verdi, della canzone napoletana e di quella
genovese, di
Gorni
Kramer e Armando Trovaioli, di D'Anzi, Buscaglione e Modugno, di Tenco e
Conte, i progetti musicali con al centro la vocalità portano con sé, e inducono
in chi scrive, grandi, forse eccessive, aspettative. A fronte di una cura estrema,
quasi maniacale, degli aspetti produttivi e di editing (sono state impiegate alcune
altre fonti sonore d'origine abilmente mixate) il rapporto tra i testi e la musica
non sempre ci pare pienamente risolto: ad uscirne sovente penalizzato è il canto
della bravissima Cristina Renzetti.
Tema sotteso all'album la nostalgia: per un amore passato o per il paese natio
oggi lontano. In Un ballo ancora i passi di danza sono strumento di memoria
e di conoscenza, ma dopo l'introduzione strumentale, di grande efficacia e densità
ritmica, lo sviluppo del brano si affida totalmente alle esigenze narrative e di
rappresentazione della parola, fattasi canto, per piegare ed indirizzare la musica.
A scorrere il vasto curriculm di Papia, comprendiamo forse un poco di più il costante
desiderio di cambiare rotta quasi a voler raccontare in musica seguendo con la massima
attenzione ogni spunto narrativo proveniente dai testi o da immagini da essi sorte.
"La Fuga di Maiorana" vive di un paradosso: quello di essere un disco estremamente
voluto, curato e decisamente ben suonato e tuttavia mancante di un progetto musicale
forte che ne indirizzi lo sviluppo dando maggior coesione e verità alla musica.
In Tommà la musica non riesce a trasfigurare e trasformare in oro le parole,
complice la lingua italiana, e si perde nel tentativo di illustrare il racconto.
Il brano si apre su un estratto da una registrazione di metà anni ‘50 con la voce
dell'emigrante che manda i saluti a casa, poi il brano si sviluppa su un testo,
tratto dalla corrispondenza di altri emigranti dai quali, emerge da qui il clarinetto
(strumento bandistico principe) che diventa pretesto per "mettere in scena" nel
finale la banda Roncati e l'Hard Coro de Marchi. A sostegno del tutto un quartetto
d'archi mirabilmente arrangiato (da Sfefano de Bonis) e ancora le chitarre e il
clarinetto come un'ombra che appare e scompare; nella strofa poi le voci diventano
due. Ne "La Fuga…", in particolare, ci sono spunti ed idee musicali sufficienti
per la realizzazione di diversi dischi ma il desiderio di riempire ogni minimo spazio
toglie talvolta respiro alla musica.
Il pamphlet de "Il pascolo ermetico" recitato-cantato da Papia,
il brasile di "Eu Vò", i cammei di Cristina Zavalloni e di Gabriele
Mirabassi e, soprattutto, il contributo non secondario di Stefano De Bonis
in veste strumentale e di arrangiatore del quartetto d'archi, sono gli elementi
che maggiormente contribuiscono alla riuscita di un disco estremamente variato e
curato.
L'introduzione per quartetto d'archi a "Forza e Coraggio", mirabilmente
scritta e arrangiata, è una delle parti più sentite e riuscite del disco, ma ad
un terzo del brano la musica vira totalmente trasformandosi in una canzone a voci
alterne, a far da collante il clarinetto del bravissimo Timothy Trevor Briscoe
a cui spetta una menzione particolare per il ruolo e il contributo non secondario
lungo tutto il disco, sia nelle parti scritte che in quelle improvvisate.
Andrea Gaggero per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 08/04/2012
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