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Cristina Zavalloni
Special Dish
Encore Jazz (2016)
1. Black is the colour
2. Canto fonès
3. Vacanze Romane
4. Sweet Dreams
5. Ixelles
6. To Yasemi-Mio Gelsomino
7. My Favourite Things
8. Lamerica
9. Doralice
10. Elison Parads
11. Ingorgo
12. Don't Talk (Put your head on my shoulder)
13. Poinciana
Cristina Zavalloni - voce Cristiano Arcelli - sax alto Daniele Mencarelli - contrabbasso Alessandro Paternesi - batteria
Cristina Zavalloni confeziona un piatto davvero speciale, come
sottolineato nel titolo, con questo suo ultimo disco inciso insieme ad un trio di
pressione e di impulso. Il sax di Cristiano Arcelli, infatti, è sempre pronto ad
andare su di giri, ad ingranare le marce alte, mentre il duo Mencarelli-Paternesi
alimenta un accompagnamento in stile punk-rock, ruvido e roccioso.
L'artista bolognese è onnivora, aperta a tutti i generi musicali e, anche in questo
album, va a pescare nei canti tradizionali, nel pop d'autore, nel repertorio sudamericano,
negli standard, oltre ad aggiungere alcune composizioni originali.
L'inizio è sfolgorante con una "Black is the colour" per sola voce, modulata su
tanti toni, accorata e fremente. Segue "Canto fonès", il miglior brano del disco,
giocato sui cambi di pronuncia, di registro, di timbro della vocalist, mentre il
trio di spalla traghetta le atmosfere da Buenos Aires alla Londra dei Sex Pistols,
sporca e violenta.
"Vacanze romane" è presa acutissima, quasi a gareggiare con Antonella Ruggiero e
resa in modo sarcastico, più che ironico, con il sax alto a spingere, ad aggredire
la melodia per farla letteralmente a pezzi.Dopo questo exploit, "Sweet dreams" di
Annie Lennox è una pausa ristoratrice, con la voce che plana sulle parole, in souplesse,
per costruire mano a mano un finale in crescendo, mosso e concitato. "Ixelles" non
è un capolavoro, ma è tale la capacità di interpretazione della Zavalloni, da restituire
al meglio anche questo episodio scritto di suo pugno.
"Mio Gelsomino", dolce e appassionata, è tradotta dal cipriota e profuma di antico,
di cultura popolare mediterranea, vicina al folklore meridionale italiano. Per "My
favorite things" la leader del gruppo fa appello alla versione di Julie Andrews,
dal film "Tutti insieme appassionatamente", per giocarci dentro e stravolgerla,
rispettandone, però, il carattere originario di valzer-filastrocca per bambini.
"Lamerica", canto salentino di anonimo, è un altro intermezzo in solitudine, dolente
e straziato con la sottolineatura marcata dei contenuti testuali. La Zavalloni si
diverte, poi, con "Doralice" di Jobim, facendo schioccare le dita, scivolando in
uno scat ironico, tirando da una parte o dall'altra il motivo, ad elastico, tale
è la padronanza del sound brasiliano da parte della musicista emiliana. "Elison
Parade" è una ballad provvista di una delicatezza scabra. E' un altro momento di
quiete, prima di ulteriori fuochi d'artificio.
"L'ingorgo", su tempo dispari, è una bella vetrina per Arcelli, deciso e penetrante
con il suo alto "da combattimento", mentre la cantante ne combina di tutti i colori
con la sua voce duttile e camaleontica."Don't talk (put your head on my shoulder)
dei Beach Boys è dura, cadenzata e l'esecuzione complessivamente riporta il pezzo
nell'ambito di un blues brusco e grezzo.
La conclusione è affidata a "Poinciana", interpretata da tanti grandi, fra
i quali Frank
Sinatra. E' un momento di relax, di distensione. Il quartetto si abbandona
ad uno swing privo di remore e di sovrastrutture, per portare felicemente a compimento
un disco veramente maiuscolo, fra i migliori pubblicati finora dalla cantante.
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 05/11/2016
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