L'immediata sensazione che si prova nell'ascoltare questo lavoro è di
trovarsi di fronte ad un quadro impressionistico. Lo scorrere delle note che si
rivolge al tempo ed ordina di fermarsi.
Claudio
Filippini non ha di certo bisogno di presentazioni. Il suo stile ha
acquisito una riconoscibilità ben delineata. Compatto ma al contempo denso di ariose
armonie e vibranti passaggi classici. Daniele Mencarelli forgia i tempi con
uno stile elegante e lineare.
I due si divertono e tanto. E ciò traspare da ogni singola nota sia nei
brani originali che negli standard che, però, sono del tutto personali e suonati
con una grande libertà d'espressione. Come accade in Autumn
Leaves,lì dove il piano di
Filippini
canta con voce ironica e sorniona. Ovvero nella incredibile cupa luminosità che
viene data a Caravan, con l'alta tensione creativa
che riesce a diffondere Mencarelli. Arricchimenti ritmici, elasticità e velocità
esecutiva che rendono il fraseggio ed i contrappunti sempre leggibili. Ed il tema
stravolto che assume sonorità sempre diverse per poi ricomporsi.
Filippini
rispetta la tradizione pianistica, ma non è mai ingabbiato dalle regole. Prova ne
è Solar eseguito con sfumature fresche, colori
che si accavallano e si dipanano. Suoni oleografici che trasportano nel passato.
Cinque i brani composti dai due musicisti. 29 marzo è di Mencarelli.
Ed è una perfetta sintesi tra mondi stilistici differenti seppur geneticamente affini:
quello della musica classica e della musica jazz. Le due culture si incontrano e
ne nasce un connubio intenso, vibrante.
Luisiana, di
Filippini
è dolcemente inquietante e mette in rilievo l'impeccabile tecnica pianistica di
Filippini.
Il sottacere di Mencarelli che accarezza le corde, dona maggiore poetico
respiro al brano.
Il Monello, ancora di Mencarelli,
ha una forza narrativa che sembra di udire il muto eloquio di Chaplin.
Grande suggestione provoca Mujer Maravilla
di Filippini.
Silenzi emozionanti affrescati da una varietà di timbri, scevri da luoghi comuni.
Un momento di grande livello espressivo che esalta il lirismo del piano. Così come
accade in Cosa Bolla in Pentola. Sicuramente
più muscolare, la composizione del pianista abruzzese alterna fraseggi guizzanti
a interludi ovattati che valorizzano le rotondità melodiche e timbriche.
Poses di Rufus Wainwright chiude, languidamente,
un lavoro sicuramente di spessore, in ogni senso: sia per la scelta dei brani, sia
per le composizioni e sia per le sensazioni che emana. Trasuda di nuovo, ma anche
di antico. Lenisce l'udito, accarezza le narici e, stimolando l'olfatto, solletica
il gusto. Al tatto lasciamo l'onere di spingere ancora una volta il play dello stereo.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 14/04/2007
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