C'era una volta un'autostrada: l'A24, quell'asse
che congiungeva i quattro giovani musicisti che un paio di anni fa, diedero alla
luce l'album eponimo:
Piero Delle
Monache, Francesco Diodati, Riccardo Gola ed Ermanno
Baron. Metà di quel sodalizio, Delle Monache e Diodati (in due arrivano a fare
cinquantasei anni!), sono oggi attori di Welcome, un mini-album. E tale scelta
già sorprende, perché si colloca in un bulimico proliferare di lavori discografici
colmi di aspettative e ben farciti da standards o manipolazioni sonore spesso solo
buone ad allungare i solchi e la durata complessiva del cd.
Piero
Delle Monache non si lascia affascinare da tale – semplice – espediente
e dà alla luce, con l'attenta complicità di Alto Tenore, che mette a disposizione
la sua esperienza anche nel settore discografico, una piccola meraviglia, per freschezza
compositiva, per il suono robusto e per l'abilità dei musicisti nel tessere un'intima
conversazione dai colori emotivi sempre cangianti, un dialogo intenso che si acclimata
nella New York più underground oppure nell'Europa più creativa.
Sei brani, tutti a firma di Delle Monache, ad eccezione della brevissima
Noir Intro (Diodati e Ceccarelli) e Noir, del solo chitarrista romano,
dove spicca la tromba di Andy Gravish, con la sua sonorità legata al timbro
ed il sapere dosare il volume sonoro per privilegiare lo sviluppo espositivo. Atmosfere
mai rarefatte, seppur suadenti, dalle complesse figure poliritmiche che conducono
verso un magma sonoro che riempie tutto, come in Piazza Farnese. Cenni di
moderno mainstream dalla disinvolta tecnica strumentale in Tutto Bene, con
Diodati in bella mostra, cambi metrici e di tempo dominati da Gravish e da una robusta
architettura ritmica. Miramare è un affresco sonoro emozionante, dai tratti
filmici che si muove con scioltezza e senso narrativo, grazie anche alla voce strumentale
di Delle Monache, dal bounce agile e al contempo vigoroso, sfumato nei toni gravi,
dal caldo lirismo che trasmette un'energia fluida, priva di frenesia. Miramare
Revisited acquista graziosi sapori chill out, grazie ai tappeti elettronici
di Deli, senza colpo ferire alla già bella composizione del sassofonista abruzzese.
Un lavoro dove la musica non perde mai il senso della comunicazione artistica,
ciò che sempre più di rado accade. Per fortuna, ogni tanto, spunta qualche fiore
a rinfrescare ed abbellire il giardino del jazz, italiano e non solo.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 14/03/2010
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