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Matteo Bortone
Travelers
Zone di Musica 2013 ZDM 1303
1. View From Abroad
2. Bioritmi
3. Travel
4. Sustain
5. Halfway
6. Traveler
7. Nolan
8. Travel 2
9. Gaudi's Foot
10. No hay camino
11. Man Of The Hour
Antonin - Tri Hoang, sax alto, clarinetto basso Francesco Diodati - chitarre, loops Matteo Bortone - contrabbasso Guilhem Flouzat - batteria
Italia chiama, Francia risponde, ma è vero anche il contrario. Un tempo si emigrava
per cercare fortuna e lavoro in altri lidi, oggi si emigra quando si ha qualcosa
da dire in campo artistico, scientifico, culturale. Segno che i tempi cambiano?
Sì, ma decisamente in peggio. Matteo Bortone fa parte della schiera dei viandanti della cultura e ha messo
su un asse Roma-Parigi parecchio interessante: lui e Francesco Diodati, da
una parte a rappresentare l'Italia e Antonin-Tri Hoang e Guilhem Flouzat
per la Francia.
Bortone è il giusto collante: con il suo contrabbasso che funge sia da cerniera
armonica, sia da tornito dispensatore di ritmo e obbligazioni ritmiche, sia da impeccabile
creatore di note e suoni; e con le composizioni, tutte di suo pugno ad eccezione
di "Man Of The Hour" di Eddie Veder.
Un lavoro in crescendo, che parte da un'apparente fase di studio tra i quattro musicisti
con "View From Abroad", che si costruisce sotto l'incessante battere dei piatti
con ripetuti, e sempre più veementi, colpi singoli di Flouzat, intorno al quale
si apre il disegno musicale. Via via, con "Bioritmi" il groove aumenta di spessore
e caracolla sotto i magli acidi del sax alto di Tri Hoang per liberare un sound
roccioso. Chi cerca qui soluzioni facili resterà deluso, e meno male: la nenia che
serpeggia intorno a "Travel" è una calma apparente, che ci ricorda come anche
solo quattro musicisti possano dare vita ad una nutrita banda.
Una menzione speciale merita "Halfway" per la sua orecchiabilità mascherata
dalle scale percorse da Tri Hoang sotto i pugni di ferro di Bortone e Flouzat e
le tessiture di Diodati; il giovane chitarrista romano c'è sempre e si sente, anche
quando, in alcuni casi, accarezza le corde e stende tappeti per l'impeto focoso
degli altri tre; e lo fa con impareggiabile abilità e precisione sonora, pure lì
dove cesella arabeschi con la chitarra acustica, come nel bell'eloquio di "Nolan".
Con la lunga "No hay camino", impetuosa quanto la chiosa del primo brano, il
cerchio si chiude e i quattro musicisti trovano definitivamente la loro via, alternativa,
avanguardistica o come la si vuole definire, stringendosi attorno alle note cariche
di energia di Matteo Bortone.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 18/08/2013
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