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Professione Jazz !
Rubrica a cura di Alceste Ayroldi

NovaraJazz , intervista a Corrado Beldì
di Nina Molica Franco

Corrado, con Riccardo Cigolotti dirigi NovaraJazz: a chi è venuta l'idea di creare a questo festival e perché?
L'iniziatore della rassegna è stato Riccardo Cigolotti, che dodici anni fa organizzò due concerti al Conservatorio Cantelli di Novara con l'aiuto di Achille Silipo (il quale in seguito divenne uno dei miei pusher di dischi). Io già allora vivevo a Milano e scrivevo da tempo di jazz e musica contemporanea su Zero, Abitare e Vogue Italia. Ci trovammo per caso a una conferenza: ero stato invitato a Novara a parlare delle musiche di Uri Caine a un gruppo di amanti del jazz un po'… tradizionalisti. Feci ascoltare alcune musiche e la cosa non piacque ad alcuni, che iniziarono a urlare: "Questo non è jazz! Vergogna! Drogato!". Alla fine, Riccardo si avvicinò per farmi i complimenti e di lì a poco pensammo di unire le forze per costruire un festival aperto alle musiche del presente. Ciò che la città non aveva mai avuto.



È ora in corso la stagione 2014/2015. Quali elementi avete valutato e ritenete importanti nelle scelte artistiche?

I nostri interessi spaziano dalla nuova scena jazz americana, all'improvvisazione del Nord Europa. Ci piace anche presentare qualche gruppo innovativo italiano e abbiamo alcuni progetti internazionali di cooperazione, in particolare con l'Etiopia. L'anno scorso abbiamo unito dodici musicisti europei in un nuovo ensemble, la Wayne Horvitz European Orchestra, nata per realizzare un omaggio a Lawrence Butch Morris. Una produzione che ci ha dato molte soddisfazioni, anche all'estero. Anche quest'anno abbiamo presentato due nuove produzioni, tra cui il bellissimo duo di Frode Haltli con Gianni Coscia, due fantastici fisarmonicisti così diversi tra loro! In generale, andiamo alla ricerca di progetti musicali non scontati, che magari non sono mai stati in Italia. Ci interessano le novità e, soprattutto per la stagione invernale, facciamo scelte più antimelodiche. Parallelamente alla stagione invernale, curiamo Aperitivo in Jazz, una serie di concerti la domenica mattina al Teatro Coccia di Novara che segnano una sorta di percorso didattico sulla storia del jazz. Elisabetta Antonini è stata nostra ospite qualche giorno fa. Abbiamo poi aggiunto una rassegna di gruppi giovani, che abbiamo chiamato Taste of Jazz, con concerti ogni giovedì sera in un ristorante che sta assumendo sempre più le sembianze di un jazz club, tra l'altro con l'idea di costruire dei percorsi di collaborazione con altri jazz club di Piemonte e Lombardia.

Cosa pensi dell'attuale panorama jazzistico italiano?
È difficile rispondere a una domanda così generale! Posso dire che l'Italia continua a creare musicisti interessanti ed ha un giacimento di grandi maestri non sufficientemente apprezzati. NovaraJazz cerca di dare visibilità alle voci più innovative ma anche di stimolare nuove produzioni e avviare di residenze all'estero. Crediamo sia nostro dovere non solo presentare realtà esistenti ma anche stimolare progetti nuovi e favorire scambi culturali tra musicisti di paesi diversi.

E di quello straniero?
Sono molto interessato alla nuova scena panamense.

Descrivici il pubblico di NovaraJazz
Ventotto anni, alta, bionda, laureata in biotecnologia e con una passione per Emmanuel Carrère... poi anche una moltitudine di persone che inevitabilmente sono mosse da curiosità per una programmazione in cui due concerti molto difficilmente si assomigliano. Mediamente direi che abbiamo un pubblico colto e di mezza età, non solo novarese e ovviamente molto più numeroso per i concerti gratuiti, in piazza, durante il festival.

Quali sono le sue tendenze?
Uscire di casa, ascoltare, mangiare, bere, chiacchierare, scoprire musiche nuove.

Credi che nel tempo siano mutati i gusti del pubblico? Come?
Il nostro pubblico non è cambiato. Piuttosto esiste un non-pubblico, una massa di persone sempre meno colte e meno curiose, affaccendate in mille attività che non hanno molto a che fare con la cultura, che passano le serate in casa o attaccati ai social media, insomma persone non socievoli, schiave della pigrizia e della paura del nuovo e con gusti che di fatto non sono gusti.

Quanto spazio dedicate ai musicisti italiani? E quanto alle nuove leve italiane?
Il programma della rassegna Taste of Jazz, venticinque concerti all'anno, è interamente dedicato a gruppi di giovani musicisti italiani. La stagione invernale e il festival invece hanno una presenza di musicisti italiani che non supera volutamente il 20%, proprio perché il taglio è internazionale. Tuttavia ogni anno presentiamo una nuova produzione di jazz italiano, dandole grande centralità nel programma. Abbiamo poi molti gruppi italiani negli eventi collaterali e soprattutto nella rassegna Street Jazz, con concerti diurni per le vie della città. Nel complesso, ogni anno facciamo oltre centoventi concerti di gruppi giovani, certamente con cachet ridotti ma nello spirito di dare una vetrina a molti nuovi talenti. Un giusto mix, nella consapevolezza che l'autarchia non paga: è proprio ascoltando i grandi maestri internazionali che i nostri talenti possono crescere, imparare, trovare nuove opportunità. Un esempio lampante: il nostro Luca Pissavini presenterà a NovaraJazz (giovedì 11 giugno) un nuovo quartetto con la presenza di Peter Brötzmann.

Che cosa pensi della possibilità di affiancare al cartellone del festival un'attività divulgativa (workshop, seminari, guide all'ascolto)?
Ogni anno abbiamo almeno due workshop al Conservatorio Cantelli con musicisti della stagione invernale e da quest'anno abbiamo avviato un laboratorio di improvvisazione (Webindra @ NovaraJazz) con cadenza mensile. Abbiamo anche avviato degli incontri nelle scuole e presentiamo almeno quattro libri l'anno, ma resta ancora moltissimo da fare: vorremmo strutturare meglio le guide all'ascolto (oggi, nella maggior parte dei casi, ci limitiamo a una breve introduzione prima del concerto) invitando giornalisti o critici musicali esterni e aggiungendo momenti di confronto e di dibattito, una cosa non sempre facile per motivi di budget.

Ti occupi di giornalismo da molti anni, quindi conosci molto bene il mondo della comunicazione. Quale strategia comunicativa adottate per la promozione del vostro festival?
Usiamo molto i social media, facciamo una comunicazione diffusa in città, collaborando al massimo con i commercianti, studiando gadget che possono diventare virali e diffondersi in modo spontaneo. Ovviamente cerchiamo anche di avere visibilità sulla critica specializzata e sui quotidiani locali, anche se purtroppo il nuovo pubblico non legge nulla sul cartaceo. Da quest'anno vorremmo invitare al festival qualche giornalista internazionale.

Nel corso degli anni avete creato particolari sinergie con altre associazioni locali?
Abbiamo avviato le collaborazioni più disparate, anzitutto con le diverse scuole di musica della città, poi con le associazioni del volontariato per coinvolgere invalidi e anziani. Per il Rotary curiamo ogni anno un evento musicale con raccolta fondi destinati alla beneficienza. Per ARCI curiamo almeno tre concerti all'anno con musica più giovane per circoli in zone periferiche della città. Abbiamo poi una collaborazione con il locale Novara Cine Festival e con l'Ordine degli Architetti: collaboriamo con qualunque associazione intenzionata ad arricchire la propria offerta culturale sfruttando la nostra esperienza. Più facciamo e più vorremmo fare!

E gli enti locali pubblici e privati, quanta attenzione prestano a realtà come la vostra?
La risposta è ovvia: non abbastanza! Abbiamo realizzato uno studio d'impatto con la facoltà di Economia dell'Università di Novara, da cui emerge un moltiplicatore 6, 5 ovvero che per 100 euro investiti in NovaraJazz la città ha un beneficio di 650 euro (alberghi, esercizi commerciali, fornitori, ecc.). Non ci stanchiamo insomma di ripetere che la cultura (nel nostro caso, NovaraJazz) può essere il petrolio della città. Tuttavia il nostro approccio rispetto al sostegno degli enti territoriali è sempre stato responsabile: utilizziamo fondi pubblici in misura inferiore al 20% del budget annuale complessivo. Sono invece fondamentali le fondazioni bancarie così come gli sponsor privati: è necessario saper parlare alle aziende per proporre progetti di co-marketing che vadano davvero a sostegno dei loro prodotti e servizi. Una cosa è certa: sono sempre più numerosi gli attori che vedono in NovaraJazz un importante strumento per la promozione del territorio. Non posso tuttavia dimenticare i tanti ragazzi giovani che lavorano al festival, spesso in stage e gratuitamente, che sostengono ogni giorno NovaraJazz portando entusiasmo e professionalità e consentendo alla nostra organizzazione di guardare con coraggio alle sfide del futuro: sono loro i primi sostenitori di questa bellissima avventura.

Cosa pensi della tendenza all'associazionismo a sostegno del jazz? Quali punti salienti dovrebbero essere discussi secondo te?
Siamo stati tra i fondatori dell'associazione italiana I-JAZZ e crediamo fermamente e in modo leale nello spirito associativo. Con I-JAZZ abbiamo fatto produzioni comuni e investiremo su temi importanti: residenze artistiche, aiuto ai giovani musicisti, promozione turistica grazie anche alla realizzazione di un portale integrato dei jazz italiano. Il Presidente Gianni Pini in questi anni ha fatto davvero un ottimo lavoro. Noi tutti crediamo fermamente che questo genere musicale, coniugato con le specificità locali, paesaggistiche ed enogastronomiche, possa essere un motore per la crescita turistica del paese.







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Data pubblicazione: 25/05/2015

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