European Jazz Expo'
Intervista a Sonia Peana, Petra Magoni, Ferruccio
Spinetti, Fabrizio Bosso, Enrico Rava
Cagliari, 20/22 novembre 2009
di Viviana Maxia
foto di Roberto
Aymerich
..::Gallery di
Ortensia Coloru
EJE 2009: Italian Mood
Che cosa amano del jazz, e non solo del jazz, i musicisti italiani dell'EJE
2009
20/22 novembre, Fiera di Cagliari: movimenti frenetici di musicisti
che arrivano e vanno, si salutano, a volte si abbracciano, fanno il loro sound check
e spariscono. Tre giorni di concerti che si susseguono senza posa, che se li segui
tutti ti stordiscono in un turbinio di note e stili, ma se non riesci almeno a fare
una capatina in ciascuno, alla fine ti resta il rimpianto di aver perso qualcosa
di coinvolgente. Questa è l'atmosfera delle chiacchierate che ho letteralmente "rubato"
ai protagonisti della scena jazzistica italiana e vi racconto come ho fatto.
Mentre seguo lo stupendo concerto di
Paolo Fresu,
Uri Caine
e il quartetto d'archi Alborada String Quartet, ispirato all'ultimo cd del
trombettista "Think", un pensiero mi attraversa la mente: una volta tanto
voglio ascoltare l'altra metà del cielo di
Fresu,
ovvero Sonia Peana, la bella moglie di Paolo, ottima violinista dal suono
dinamico e dolce, proprio come lei.
Ciao Sonia, di solito intervistano sempre Paolo (Fresu
– n.d.r.), che ne diresti se oggi invece mi raccontassi un po' di te, a partire
da questo cognome, Peana, che rievoca canti di vittoria e anche di guerra; quanta
vittoria e quanta guerra finora nella tua vita?
Premetto che essendo di Alghero, il mio cognome probabilmente
ha un'origine catalana e forse un altro significato, ma questa interpretazione di
inno di vittoria mi piace. Senz'altro nella mia vita adesso c'è molta pace e un
buon numero di vittorie, nel senso di grandi soddisfazioni musicali, ma per giungere
a questo ho trascorso il periodo degli studi che è stato un vero combattimento,
fino al diploma al conservatorio di Pescara, la prima vittoria che mi è stata di
guida nella scelta del mio percorso, fino al mio impegno attuale con il quartetto
Alborada, che sento profondamente mio, come d'altronde capita anche ai miei
compagni di viaggio (Anton Berovski, Nico Ciricugno, Piero Salvatori, n.d.r.).
Un progetto che nasce dal classico, con un occhio ai compositori contemporanei,
senza disdegnare altre collaborazioni con altri generi come il jazz, come nel caso
del progetto del cd "Thing" e del concerto che hai appena ascoltato.
Quindi pensi anche tu che la musica classica, come già
molti musicisti jazz hanno sperimentato, abbia in sé la grande potenzialità di rivitalizzarsi
continuamente a contatto con altri elementi musicali?
La mia risposta sta già nel nostro suono, abbinato alla tromba di Paolo e al
piano di Uri
Caine. Anni fa per i puristi del classico sarebbe stata inconcepibile
una fusione con il jazz, mentre penso che oggi, non solo ciò sia possibile, ma che
entrambi i generi ne traggano nuovo vigore è dimostrato dalla nuova veste che assumono
i brani della tradizione classica, riarrangiati in chiave jazzistica nei quali,
per l'appunto, classico e jazz si intrecciano e si rincorrono diventando una cosa
nuova e, dal gradimento del pubblico, a quanto pare piacevole all'ascolto.
A proposito d'ascolto, pensi che ci sia ancora spazio
per l'ascolto su cd oppure che la gente ami più il coinvolgimento diretto del concerto?
Penso che la gente che ama la nostra musica ami anche l'ascolto oltre al coinvolgimento,
forse più diretto, del concerto.
Un'ultima domanda. Sonia Peana, prima e dopo
l'incontro con
Paolo Fresu: che
cos'è cambiato musicalmente in te?
Musicalmente direi tanto, molta più apertura verso altri generi e il nostro ultimo
progetto discografico con gli Alborada, "Ethos" (del settembre
2008, n.d.r.) ne è una chiara dimostrazione,
perché, oltre a Paolo, abbiamo il grande piacere di suonare insieme a grandi musicisti
del calibro di
Rita Marcotulli,
Daniele
Di Bonaventura,
Maria Pia De
Vito e Angelo Adamo e forse tutto questo la Sonia appena uscita
dal Conservatorio non lo avrebbe creduto possibile.
Mentre mi saluta con un sorriso, si gira con grazia e si riappropria del suo
bambino, Andrea, al di là della musica, senz'altro la sua interpretazione più riuscita.
Un sms di Andrea, collaboratore dell'ufficio stampa dell'EJE mi avvisa
che posso incontrare con gli altri giornalisti
Petra
Magoni e
Ferruccio
Spinetti, un duo tra i più originali della scena jazz italiana che mi
ispira particolare ammirazione e curiosità.
Nel mentre sto ultimando l'intervista a Enrico Rava e cerco di sintetizzare
il più possibile, ma il Maestro è il Maestro (come ci canta Paolo Conte)
e nel frattempo Magoni e Spinetti sono già scappati verso i loro camerini, nella
sala blu dove suoneranno tra poco. Andrea mi recupera per strada e mi acchiappa
per un braccio trascinandomi velocemente verso il camerino dove
Petra
Magoni sta facendo finta di truccare quel suo bellissimo viso, più per
abitudine che per bisogno. Anche se la disturbo non lo da a vedere, è gentilissima,
frizzante e spiritosa come sempre ma cerca conforto nel compagno di suoni (e giochi
musicali, aggiungo)
Ferruccio
Spinetti che, rintracciato dal prode Andrea, ci raggiunge nell'antibagno,
luogo in cui avviene la nostra chiacchierata, originale come i due artisti.
Chiedo venia per l'invadenza, ma devo dire che la strana
situazione ben si attaglia a due persone/personaggi come voi. Ho sempre pensato
di chiedervi se questo sodalizio tra una voce dai registri quasi sovrannaturali
e un contrabbasso melo – ritmico è stato studiato a tavolino, valutandone l'effetto
in anticipo, oppure è nato casualmente?
Sai – inizia Petra – qualche anno fa è capitato di suonare in jam e abbiamo provato
a giocare per caso con voce e contrabbasso, anche se io inizialmente pensavo ad
un duo voce e chitarra. E' capitato, poi, che un giorno mi venisse a mancare il
chitarrista e il destino ha voluto che suonassi con Ferruccio. Ci siamo accorti
con piacere che il pubblico ha compreso subito che questo binomio musicale si amalgamava
in modo speciale proprio perché non si amalgamava.
Cosa vuoi dire?
Vogliamo dire – risponde Ferruccio – che ognuno di noi non copre o intralcia
musicalmente l'altro, ma ci giustapponiamo senza disturbarci a vicenda proprio per
i diversi registri dei nostri "strumenti" (considera, ed io insieme a lui, uno strumento
anche la magnifica voce di Petra) e di questo probabilmente la gente se n'è accorta
prima di noi, altrimenti non suoneremmo insieme da tanto tempo (seicento concerti
in sei anni!), divertendoci ogni volta di più e, speriamo, divertendo chi ci ascolta.
Da qui sono nate le nostre "Cose di musica", la "Musica Nuda" che
è "nuda" proprio perché essenziale e giocata su una contrapposizione volutamente
casuale.
Vi ho ascoltati in concerto qualche mese fa' a Gavoi
in occasione del festival letterario "Isola delle Storie" e confermo che io e tutte
le persone intorno hanno ascoltato un concerto interessante e originale, con una
teatralità emanata da molte interpretazioni. Da qui la mia domanda: non avete pensato
di sfruttare questa potenzialità per proporvi in forme diverse, magari intrecciando
musica e teatro?
Risponde Ferruccio, mentre Petra ci interrompe perché vuole sapere di chi sono
quegli scat baritonali che provengono dallo spettacolo in corso nella sala blu (si
tratta l'inconfondibile voce di Gavino Murgia con un nuovo progetto in cui
il jazz si mescola al rap e al be bop, n.d.r.). Forte! ci dice, spalancando le stelle
che ha al posto degli occhi!
Torniamo alla teatralità.
Ma guarda un po' – mi dice Ferruccio - la domanda cade proprio a fagiuolo! Si
parlava proprio stasera di studiare una formula in cui unire musica e recitazione
in una pièce originale. E' senz'altro un progetto presente nei nostri prossimi progetti,
oltre ai concerti e al cd con brani inediti scritti da amici che ci piacerebbe realizzare.
Per rimanere nel tema della domanda, il teatro è una strada che si sta già sperimentando,
ad esempio, Petra è la Regina della Notte ne "Il Flauto magico" di
Mozart, nell'originale rielaborazione dell'Orchestra di Piazza Vittorio;
io invece per ora continuo a giocare con musica e strumento, avendo l'immenso piacere
di suonare con un gruppo di musicisti brasiliani in un cd che si chiama "InventaRio",
doppio significato per un personale modo di reinventare Rio de Janeiro e la musica
brasiliana, insieme ad un gruppo di amici e ospiti tra cui Giovanni Ceccarelli,
la stessa Petra, Marisa Monte, Ivan Lins. L'uscita del cd è prevista
per la fine di gennaio, quindi mi raccomando, seguiteci sempre.
Una domanda a Petra: la tua vocalità è virtuosistica
al limite del lirico e sfiora lo psichedelico. E' un dono naturale o è frutto di
studio "matto e disperatissimo" (scriverebbe Leopardi)?
Sinceramente devo dirti che se fosse stato solo per studio – sono sempre troppo
occupata e contemporaneamente pigra - probabilmente non avrei raggiunto i risultati
e il gradimento attuali; senz'altro credo di essere nata con l'amore per il canto
e, più che lo studio, è stata la sperimentazione durante i concerti a rendere la
mia voce uno strumento duttile, che riesco piegare alle esigenze della musica e
della scena: questa è una grande fortuna.
Oltre che grande bravura, aggiungo io. Parliamo ancora con Petra e Ferruccio
del loro repertorio, se si possa considerare jazz a tutti gli effetti, cosi come
penso; mi spiegano che le loro scelte spaziano in qualunque genere musicale: dal
melodico, al pop, dalla canzone d'autore, al rock, ma che questi generi filtrati
attraverso la loro libera interpretazione diventano jazz perché il jazz, per sua
costituzione, è un meltin'pot di influenze, un contenitore di stili, generi e arrangiamenti
che si intrecciano e si sovrappongono re -inventandosi in qualcos'altro di unico
e originale. Ascoltando il loro concerto sono sempre più convinta che questa
sia la strada giusta da percorrere per chi ama questo genere musicale. D'altronde,
all that's jazz!
Mentre sono in pausa tra un concerto e l'altro, vedo venirmi incontro Ignazio
Sechi, caro amico nonché direttore della sala del Palazzo dei congressi in cui
si svolgono i più importanti concerti dell'EJE che, concitato, mi dice: "Vivi,
se vuoi intervistare Bosso, ora o mai più. E' appena arrivato con l'aereo ed è molto
stanco; si sta riposando sul divano, vai!"
Non me lo faccio ripetere due volte e mi avvicino ad un
Fabrizio Bosso
che, seppure stanco della stanchezza atavica dei musicisti, oggi è ancora più affascinante
di sempre in cappotto nero, sciarpa bianca e Borsalino, così elegante che sembra
balzato fuori da un film di Cary Grant. Quando mi avvicino è al telefono, semisdraiato
su uno dei divani della hall, ma chiude subito e, estremamente gentile, mi concede
una chiacchierata della quale, forse, approfitta per riposarsi un secondo. Ci ritagliamo
un angolo tranquillo, mentre intorno la kermesse si fa sempre più frenetica e la
gente più numerosa.
Grazie per avermi concesso qualche minuto pur così stanco – gli dico. Mi dai
l'occasione per rilassarmi un attimo – risponde e ribatte: sono a disposizione.
In questi giorni ho avuto l'occasione e il piacere di
ascoltare Rava, Fresu, stasera ascolterò te; considero la tromba uno strumento capace
di "parlare " in diverse linguaggi, come dimostrano anche i tuoi colleghi di fiato.
Fabrizio Bosso che
"linguaggio" suona?
La mia formazione arriva da lontano, suono la tromba da quando avevo 5 anni e
da allora ho studiato tanto, quindi parto da una formazione accademica, ma i generi
musicali che ho ascoltato da sempre, jazz, swing, be bop, mi hanno fortunatamente
allontanato dal rischio dell'appiattimento sugli standard ed ho provato a sviluppare
un mio personale linguaggio in cui cerco di utilizzare diversi registri dinamici,
partendo dal tema, componendolo e scomponendolo a seconda dello stato d'animo del
momento.
Quando di cuore e quanto di testa c'è nel suono della tua tromba
Ah, adesso mi fai fare anche i conti? Sono stanco, dai! Sorride. Mah, penso,
anzi spero, almeno il settanta per cento di cuore e un trenta per cento di testa.
Quest'ultima è fondamentale per supportarmi nei momenti di stanchezza. La risorsa
della tecnica ti tiene su quando il cuore è stanco o magari poco stimolato. Ai musicisti
capita, sai, di sentirsi non al top: in questi momenti ti supportano la tecnica
e il gruppo, specie gli amici musicisti con cui suoni che ti permettono di appoggiarti
a loro; sai che puoi contare su qualcuno e questa è una cosa magnifica. Ma quando
sono in piena forma, il cuore e la tecnica diventano un tutt'uno e mi permettono
di esprimermi con una tensione creativa anche nell'interpretazione di brani standard
che comunque amo molto.
Tecnica e cuore, quindi, ma anche collaborazioni importanti
anche con musicisti di diverse generazioni. Che mi dici di "Stunt" (sua ultima fatica
discografica con
Antonello Salis)?
(Gli si illuminano gli occhi in un sorriso quasi
infantile a parlare di una persona per lui davvero speciale)
Devo veramente ringraziare voi Sardi per avermi regalato l'amicizia e la collaborazione
con una persona meravigliosa come
Antonello
Salis. Per me suonare con Antonello è qualcosa di magico, riesce a "sdoganarmi"
da tutte le sovrastrutture musicali in cui, non volendo, capita a noi musicisti
di trovarci invischiati, specie quando accompagniamo artisti che hanno un progetto
ben definito e dal quale è difficile divagare. Mentre
Antonello
Salis è un giocoliere del suono, è un uomo dal cuore di bambino che
riesce a far scaturire la mia parte musicale più trasgressiva, con lui mi sento
libero di inventare e ogni concerto è una novità, un nuovo gioco. Tra noi due, forse,
il ragazzino è senz'altro lui che riesce a far sentire di nuovo bambino anche me,
che in altre occasioni sono considerato uno misurato e tranquillo. Figurati che
stasera porterà in scena perfino un pupazzo che utilizzerà nella sua performance
al piano. Con Antonello sto bene, mi diverto e spero che il nostro sodalizio umano
e musicale duri molto a lungo.
Dopo averli ascoltati insieme in concerto è una speranza che condivido in pieno.
Perdonami, non sono originale, questa è una domanda
che ho posto anche a Rava: cosa ami fare quando ti separi dalla tua tromba?
Oh, mi piacciono tante cose, il cinema, leggere e ascoltare tanta musica ovviamente,
per esempio; e poi mi piace mangiare e bere, non tanto, ma decisamente bene; sono
amante delle enoteche, delle vinerie. Nel poco tempo a disposizione, tra un concerto
e l'altro, non tralascio il piacere di vivere bene.
Un'ultima battuta sul Jazz Expo'.
Penso che sia una vetrina importante per tutti: musicisti e addetti ai lavori.
Il lato positivo è costituito dal fatto che ci si incontra con tanti amici che si
susseguono sui palchi delle sale e che si possono riallacciare contatti e crearne
di nuovi con organizzatori e media. Un lato meno positivo forse è dato dal fatto
che il grande numero di concerti a breve distanza non permette di seguire tutto
e a volte capita che un musicista, mentre suona, veda molto del "suo" pubblico fuggire
verso altri appuntamenti e questo non fa bene al morale.
Sorride sornione Bosso perché sa che a lui e
Antonello
Salis questo non capiterà, ma anzi aspetteremo tutti fino al bis, tris,
quater…
Il concerto di Salis e Bosso è uno degli ultimi della manifestazione jazzistica
e ne rappresenta bene lo spirito: ricco di esperienze, veloce, quasi futuristico,
proiettato al domani con un orecchio alla memoria e ogni anno migliore. Appuntamento
all'EJE 2010.
The Lion doesn't sleep tonight
Chiacchierata semi confidenziale con
Enrico Rava
vincitore del premio EJE alla carriera.
Pensavo fosse molto più difficile l'approccio con
Enrico Rava,
invece è bastato che mi avvicinassi al palco, mentre alla fine delle prove del suo
progetto Parco della Musica Jazz Lab sistemava la tromba nella custodia e
timidamente gli chiedessi "che ne dice di due battute per Jazzitalia.net?",
che lui, il Leone del jazz per definizione, con un sorriso gentilissimo mi invitasse
a raggiungerlo nel backstage in un angolo tranquillo. Un momento davvero suggestivo,
soli, io e un
Enrico Rava assolutamente rilassato; finalmente, da parte mia,
scompare qualunque timidezza. "Come la devo chiamare? Maestro, Sig. Rava,
sinceramente non saprei...". "Basta che mi chiami Enrico e mi dia del tu,
molto meglio"
E' regale negli atteggiamenti ma ha sorprendenti
occhi sognanti e ridenti, pieni di rughette d'espressione, che, dietro gli occhiali
scuri che lo rendono un "duro", non si notano. Occhi da ragazzo cresciuto, che ha
in mente molti sogni e progetti da realizzare. Allegria e "spleen": un contrasto
affascinante.
La domanda è retorica: quanto ti piace avere carta bianca
in un festival jazz?
Anche la risposta è retorica: moltissimo. Perchè per un musicista un po' "narciso"
come io sono, avere la possibilità di proporre ciò che mi piace, suonato con chi
mi piace, è un bellissimo dono, a prescindere dall'oggetto premio.
Bene, allora parto come da prassi: che significato hanno
per te i premi all'apice di una carriera ricca di ogni tipo di successo?
Mah, devo dire che sono la classica "ciliegina sulla torta" e il bello
è che sono tutti diversi; però anche se mi fosse capitato di non riceverne, giuro,
avrei continuato a suonare: il premio migliore te lo da un pubblico attento e numeroso,
comunque (ndr: ridacchia sornione al pensiero dei tanti e diversi tipi di riconoscimenti
ricevuti perché sa bene di meritarli tutti, a corona di una capacità di plasmare
la musica unica nel suo genere).
Sei notoriamente una persona con una individualità molto
ben delineata ma contemporaneamente ami collaborare con numerosi musicisti, specialmente
giovani, bravi e affacciati al successo da tempi recenti. Che cosa sta alla base
di queste collaborazioni per un "Re della foresta" musicale?
Se ti riferisci all'ensemble con
Gianluca Petrella,
Guidi, Sferra ecc, suono con loro e, aggiungerei, anche con il più folto gruppo
del Jazz Lab perché oltre ad essere tra i migliori musicisti sulla scena nazionale,
sono tutte persone con cui mi trovo benissimo anche fuori dal palco, umanamente
parlando; questa simbiosi è fondamentale per me. Poi, sai, non riesco a suonare
come "guest" in un progetto che non sia mio, adattandomi al suono degli altri; lo
confesso, sono un po' egocentrico, ma è così. Suono oramai con musicisti che si
adattano al "mio" linguaggio musicale. Mi piace molto anche sceglierli e farli "crescere"
con me. Non mi riferisco al mio "ensemble" che ho nominato prima. Con loro mi diverto
ogni volta che salgo sul palco perché seguono la mia musica e la accarezzano, pur
mantenendo ognuno la propria peculiarità e mi pare che anche loro si divertano,
altrimenti perché continuerebbero a suonare con me?
Adesso sei tu che fai le domande? A me sembra che dal
vostro concerto sia sprizzata un'energia scaturita da una forte sinergia tra grandi
professionalità musicali, legate dal fil rouge della tua tromba. Ma ora dimmi se,
a parte Bollani con cui il feeling è molto evidente, ci sono altri musicisti
in sintonia con Rava
Come ti dicevo prima, mi piace molto suonare con
Gianluca Petrella
e gli altri ragazzi; insomma, non tutti proprio ragazzini; Sferra, anche
se sembra un ragazzo, ha 50 anni (ridacchia). Abbiamo un progetto molto interessante:
il prossimo anno con Gianluca e il quintetto andremo negli Stati Uniti per un progetto
con il grande gruppo gospel degli "Abissinia Church". Anche con il
Jazz Lab abbiamo ancora diversi progetti insieme.
Tu e la tua tromba sembrate inseparabili - come si fa
ad immaginarlo senza la sua tromba, impossibile! Penso io - ma ci sarà pure un momento
in cui Rava e lo strumento si separano: che cosa ami della vita e nella vita?
Ora ti sorprendo: io, con la mia tromba, ho un rapporto conflittuale. Ho iniziato
a suonare lo strumento piuttosto tardi, a 18 anni, quindi non sono come altri musicisti,
peraltro bravissimi, che sono quasi nati con lo strumento (si riferisce a
Fabrizio Bosso
e Flavio
Boltro che hanno iniziato da bambini a suonare la tromba) – ti devo
dire che spesso mi separo molto volentieri dalla tromba, a volte non avrei neppure
voglia di vederla in giro per casa. Tra le cose che mi piacciono: leggere, vedere
dei film, rilassarmi, pensare" – (come tutti i Leoni zodiacali è un po' pigro,
penso).
Dove vivi quando ti fermi tra un concerto e l'altro,
che cosa rappresenta il luogo che hai scelto?
Mah, sinceramente non ho ancora scelto nessun luogo. Amavo molto vivere a New
York e non è detto che non ci torni (il tono è nostalgico). In Italia ho
girovagato, ho vissuto a Torino, ora sto a Genova ma mi vorrei spostare in un luogo
più tranquillo. E' previsto a breve un trasloco a Chiavari, quindi nelle vicinanze,
ma se penso a tutte le incombenze e alle pratiche burocratiche legate ad un ennesimo
spostamento completo di trasloco, mi viene l'insonnia. Se devo essere sincero, non
ho ancora trovato il luogo eletto a dimora, insomma, dove stare. Ho ancora molta
voglia di non fermarmi.
Uno strumento, come la tromba, che può essere solista
e che si può interpretare in modi differenti ha un'espressività che somiglia alla
parola: qual è la tua cifra stilistica e da dove arriva; in altri termini, che cosa
racconta la tua tromba e nel tempo il racconto è mutato?
Bella domanda! Il mio linguaggio arriva dall'ascolto dei grandi, specialmente
di Miles. Il mio suono è abbastanza asciutto, nervoso, parte con poche note
che man mano si sviluppano in un crescendo drammatico nel quale si inseriscono,
a cornice, gli altri strumenti, fino al finale catartico in cui il dramma trova
la sua ragione d'essere e quindi può ridiscendere verso registri più morbidi e infine
concludersi.
Affascinata dalle sue parole, mi dimentico le altre
domande. Gli chiedo solo se ha ancora qualche desiderio da realizzare.
No, nessun desiderio. Nella musica mi sono levato qualunque "sfizio", sono soddisfatto
di ciò che ho fatto finora e ancora di più di quello che farò. Però una cosa ci
sarebbe: mi sarebbe piaciuto incontrare e suonare con i grandi del jazz che sono
scomparsi prima che io esistessi e che ho potuto sentire solo sui dischi. Ma questo,
ovviamente è un desiderio veramente impossibile.
Lo sguardo di Rava si fa di nuovo sognante, lievemente malinconico, ma
è solo un istante, poi si scioglie in un sorriso mentre mi saluta come fanno i musicisti,
pugno contro pugno. Da questa chiacchierata si è capito che il Leone non dorme la
notte perché, la notte, suona e pensa, ma una cosa è certa: non smette di sognare
ad occhi aperti. Ecco perché usa gli occhiali scuri.
29/09/2012 | European Jazz Expo #2: Asì, Quartetto Pessoa, Moroni & Ionata, Mario Brai, Enrico Zanisi, Alessandro Paternesi, David Linx, Little Blue, Federico Casagrande, Billy Cobham (D. Floris, D. Crevena) |
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
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Data pubblicazione: 10/01/2010
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