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Splasc(H) Records CD-H917.2 |
Jazzinaria Quartet
with
Architorti + Fabirizio Bosso & Emanuele Cisi
Dipinto di Blu
1. Nel blu dipinto di blu (Modugno-Migliacci)
2. Piove (Ciao, cioa Bambina) (Modugno-Verde) 3.
Parlami d'amore, Mariù (Bizio-Neri) 4. Ma l'amore no (D'Anzi-Galdieri) 5. Che cosa resta (Trenet-Bufalino) 6.
I ricordi della sera (Savona-Giacobetti) 7. Grazie dei fior (Seracini-Panzeri) 8. Roma nun fa' la stupida stasera (Trovajoli-Garinei-Giovannini) 9. Pippo non lo sa (Kramer-Panzeri) 10. La più bella del mondo (Marini) 11. È arrivata la bufera (Rascel)
Laura Cavallero
vocals
Luigi Martinale
piano
Stefano Risso
double bass
Paolo Franciscone
drums
Architorti
Efix Puleo
1st violin
Elena Gallafrio
2nd violin
Sergio Origlia viola
Marco Robino cello
Loris Bertot double bass
Special guests
Fabrizio Bosso
trumpet
and flugelhorn
Emanuele Cisi soprano
and
tenor saxes |
Non certo primo di tanti lavori di riproposizione in chiave jazz di
classici della musica italiana, nonostante i pur illustri precedenti, la buona
riuscita di questo particolare disco risiede nella combinazione fra i sapienti
ed estrosi arrangiamenti – talvolta anche spiazzanti – di un profondo
conoscitore delle strutture e del linguaggio jazzistici quale il pianista Luigi
Martinale, la condivisione, da parte di tutti i musicisti
coinvolti, delle radici melodiche della nostra tradizione ed il gusto per un
jazz capace di rinnovarsi riflettendo su sé stesso. A ciò si aggiungano
l'informalità classicheggiante degli Architorti e la garbata, riverente
ma mai blandizia interpretazione della vocalista Laura Cavallero,
bilanciata fra canzone d'autore – ante litteram – e sensibilità jazz,
nonché, infine, la presenza di due indovinati ospiti, la tromba di Fabrizio
Bosso ed i sax di Emanuele Cisi. Tutti ingredienti
che contribuiscono a portare a segno l'obiettivo di questo progetto, se è vero
che jazz può essere anche l'arte di destrutturare e scomporre per ristrutturare
e ricomporre secondo una nuova costruzione, una propria estetica, una propria
intensità musicale.
Ne è esempio la ancheggiante Piove (Ciao, ciao bambina), dove il pulsare del contrabbasso
che asseconda i vocalizzi della Cavallero, le sprizzanti frasi di Bosso
innestate sulle piroette melodiche di Martinale,
gli archi prestati alle sincopi del lessico jazz-cameristico del versatile
quintetto, tutte queste componenti rendono un'esecuzione che davvero unisce
insieme maestria, divertimento e piacere nell'ascolto. Diverse le suggestioni
suscitate da Parlami d'amore, Mariù
– capolavoro del binomio
Bixio-Neri – le quali creano nell'inciso la necessaria tensione in cui s'adagia
la scansione "monotonica" della voce, che sembra poi dolcemente affacciarsi sul
delicato ritornello, dove le fanno da mirabile sfondo ancora le sonorità degli
adattamenti orchestrali, berciate dal turno d'improvvisazione lasciato al
colloquiale sax di Cisi.
Accentata dai percorsi circolari della tromba di Bosso
che si lascia andare ad arricciamenti sul tema, arricchiti da riferimenti
"leggeri" – non dimentichiamo che il Fabrizio nazionale non è nuovo alla
materia! –, questa trascrizione a ritmo di bossa di Ma l'amore no ne travisa forse l'originale umore. Eppure, se il prodotto
ne sono gli intriganti stacchi degli archi e quelli della ridotta sezione fiati
da cui ruscella rigoglioso l'articolato intervento del piano, allora non si può
che condividere ed apprezzare. Intimo l'avvio della languida voce sorretta dagli
intrecci delle corde degli archi per Che cosa resta,
edizione italianizzata dei più famosi versi di Que reste-t-il de nos
amours di Charles Trenet (anch'essa con importanti trascorsi jazzistici),
mentre sul refrain la sezione ritmica rimane sottofondo appena accennato
di una melodia saltellante fra le pregevoli e toccanti modulazioni tonali di
questa trasposizione. Pur sempre pronto ad affondare puntuali citazioni dal
ricco repertorio personale, in questo frangente il fraseggio di Bosso
riesce un po' ripetitivo.
Suggestiva e malinconica come le immagini tipiche della celeberrima
formazione canora della musica italiana di tutti i tempi, il Quartetto Cetra,
questa versione jazz de I
ricordi della sera rende loro
un omaggio più che pertinente, uno dei pochi, purtroppo, per un repertorio,
quello dei Cetra appunto, che invece si presterebbe benissimo a simili
rivisitazioni. Ne è testimonianza il solo al soprano, perfettamente a suo agio
nell'armonia leggera ma jazzistica del pezzo, certamente complice, ancora, la
brillante riduzione musicale del buon Martinale:
sotto tutti i punti di vista e senza dubbio una delle prove meglio riuscite
dell'album. Molto rispettosa del pathos sotteso a Grazie dei fior la prolusione strumentistica del solo contrabbasso prima,
in combutta con gli archi poi, struggente l'interpretazione della
Cavallero, con passionalità a tratti "tanghera" nella quale ben si cala
il tenore di Cisi. Ed in effetti, a parte la recitazione del testo da
parte della vocalist, questa rilettura viene trattata in maniera
prettamente strumentale.
Particolare ed arguto il riadattamento in tre movimenti per
Roma nun fa' la stupida
stasera, ormai una sorta di
"inno nazionale romanesco" dal Rugantino, prima vera e propria commedia
musicale italiana firmata in condominio da Armando Trovajoli e la premiata ditta
Garinei e Giovannini. Pittoriche le atmosfere, calde le effusioni espirate dal
sax tenore, che dopo aver fluttuato all'impronta attorno al motivo, fluisce in
un chorus di sottile improvvisazione, cui risponde il tocco signorile del
piano per il suo momento di cantabile estemporaneità. Sorprendente la stesura di
questo divertente ed in apparenza musicalmente innocuo "motivetto" di Gorni
Kramer – da molti per nulla a torto considerato fra i pochi riferimenti jazz
dell'epoca nel nostro paese – Pippo non lo sa, per
il quale Martinale
ha giocato sul giro di un tempo composto che sembra distendere la griglia
armonica, ed anziché riprodurre il mood ritmato ed ironico
dell'originale, resta sopra le righe di una intro piano-voce dai toni sospesi ed
indefiniti, cui fa seguito un'orchestrazione che ricorda invece certe
ambientazioni Studio Uno, sulle quali, oltre ai fiati, spicca lo scat
sobrio della Cavallero. E l'effetto è davvero affascinante.
Flicorno ed archi ad introdurre brevemente La più bella del mondo, una lenta beguine in avvolgente
respiro da club, leggero ma fondamentale l'apporto delle vibrazioni ai piatti di
Paolo Franciscone ed il lirico monologo di Stefano Risso, sotto
cui si intrecciano le armonizzazioni per quinte della classicistica formazione:
e quando nell'immaginario club le ore si fanno piccole, il fluido e caldo
flicorno sostituisce la stridente tromba delle performance precedenti,
artefice comunque il solito Bosso
che esprime sinuose volute di note. I dialoghi continuano fra gli elementi degli
archi, fino a tornare alla flessuosa ed elegante vocalità della
Cavallero, nel brano più corale dell'intero CD, con finale lasciato
ancora alle vivide pastosità del flicorno. La ben nota ironia del pianista
arrangiatore non poteva mancare di esprimersi in questa beffarda È arrivata la bufera, composta e portata al successo da Renato
Rascel, del quale si ritrovano le gags, qui rilasciate musicalmente dai
versati strumentisti protagonisti, dopo un inizio blues lento e cadente, in un
tango veloce e volutamente sgangherato che si trasforma in una marcetta
interrotta da sciamanti scatti di tutti gli strumenti contemporaneamente, la
Cavallero che recita le farsesche strofe e Bosso
che in mute-trumpet trascina in una cornice blues il tango puntualizzato
in battere dagli Architorti. E per chi si stia chiedendo come mai non si
sia scritto della traccia che dà titolo all'intero lavoro, la risposta è: perché
quella va semplicemente ascoltata!
Ma di là dai singoli ritratti musicali, l'album è pretesto per
recuperare, rivisitare e riportare ai giorni nostri del materiale musicale che
diversamente resterebbe consegnato ad incerte registrazioni o sbrilluccicanti –
per quanto affascinanti – pellicole in bianco e nero degli archivi del nostro
patrimonio musicale. E nelle mani di questi musicisti ciò avviene nell'unico
modo che essi conoscono: "Nel blu dipinto di…jazz".
Antonio Terzo per Jazzitalia
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
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Data pubblicazione: 30/12/2004
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