Il giro d'Italia a bordo di un disco Giovanni Mazzarino e Valentina Gramazio, Jazzy Records
aprile 2015 di Alceste Ayroldi
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Il viaggio tra le case discografiche italiane che si occupano
di jazz prosegue con la Jazzy Records. Ne parliamo con
Giovanni
Mazzarino e Valentina Gramazio.
Qual è la vostra filosofia di vita? Perché fare il discografico?
Più che un'etichettavera e propriasiamo una società
di servizi in campo musicale musicisti di jazz al servizio di altri musicisti di
jazz: produzione, edizione, management, didattica musicale, eventi. Offriamo esclusivamente
un prodotto di "alta gamma", dove per alta gamma intendiamo il top della professionalità
e della cura con cui lavoriamo.
Come reperite i nuovi talenti?
Li incontriamo soprattutto durante le attività di formazione musicale, i concorsi
e i festival che vedono
Giovanni Mazzarino
come direttore artistico. Più che reperire nuovi talenti li formiamo e creiamo condizioni
affinché si esprimano al meglio. Inoltre ci arrivano in continuazione proposte via
mail e anche attraverso i social: una gran quantità di materiale, spesso anche interessante.
Ma noi per scelta curiamo solo pochissime edizioni all'anno e quindi diciamo purtroppo
molti "no", anche a chi meriterebbe un "sì".
Come scegliete i musicisti?
In base alla loro progettualità artistica, alla loro proposta! Diciamo in maniera
più sintetica in base ad una precisa idea musicale! La nostra è un'etichetta di
musica jazz, laddove per jazz intendiamo più di cento anni di storia e di esperienza
musicale! Se il musicista propone noi disporremo, nei limiti delle nostre possibilità
e nel rispetto delle regole manageriali per una maggiore visibilità dell'artista
stesso. Cerchiamo di distinguerci da etichette "mercato"!
Quali sono le vostre politiche relative alla distribuzione?
Nulla che non facciano anche gli altri, in questo campo (per il momento) siamo abbastanza
"mainstream". Siamo distribuiti da IRD nel fisico e da Believe nel digitale. Abbiamo
anche una sezione shop sul nostro website
www.jazzy-records.com
che incomincia a darci delle soddisfazioni!
Quali mezzi utilizzate per raggiungere il vostro pubblico,
anche potenziale?
Diciamo che avere nel dna dell'azienda anche un'agenzia di comunicazione è un vantaggio
notevole nel cercare di creare formule nuove per il marketing culturale. Curiamo
molto l'immagine, non solo quella dei packaging (che sono speciali, tutti in cartone
con booklet di minimo ventiquattro pagine e una grafica sempre estremamente ricercata),
ma anche quella di tutte le nostre comunicazioni. Le fotografie sono di ottimi professionisti,
la grafica non è mai "a caso", ma creata ad hoc per ogni singolo strumento. Abbiamo
un'intensa attività social, soprattutto su facebook, dove intratteniamo quotidianamente
relazioni con ormai migliaia di follower, sia sulle nostre pagine ufficiali, sia
su gruppi appositamente creati per restare in contatto… crediamo nella community!
Il nostro stile di relazione è caldo, coinvolgente, positivo. Ma nulla è "costruito":
siamo così anche nella vita e lo trasmettiamo con ciò che scriviamo, fotografiamo
e, naturalmente, suoniamo! Crediamo nell'incontro fra le persone e quindi anche
per le presentazioni dei dischi creiamo sempre degli eventi che possano funzionare
da "Hub" fra chi la musica la fa e chi la apprezza, la ascolta, talvolta la compra.
È un fatto culturale: devi rendere il prodotto musicale attraente in ogni senso,
solo allora diventerà per te un'esigenza. Ma non solo, è il jazz che dev'essere
comunicato per quel che è: talento, bellezza, divertimento, amicizia… se lo conosci,
vuoi fare parte questo mondo!
A cosa è dovuta la crisi del disco? E' da attribuire a
mp3, peer to peer, o c'è dell'altro?
In generale il peggior nemico di un disco è l'invisibilità generata dall'eccesso
di offerta. Potremmo dire che è una crisi inflattiva. Una radiazione di fondo che
copre il segnale. È difficile per il "consumatore" orientarsi e sfuggire ai consumi
"imposti" dal marketing. Noi cerchiamo di aiutarlo creando un prodotto molto riconoscibile,
esclusivamente di alta qualità, musicale e attraente anche sul piano estetico. Vogliamo
creare un bel prodotto perché comunichi valore anche prima di essere ascoltato.
Qual è lo scenario futuro?
Sempre maggiore facilità per chiunque di avere accesso all'edizione a costi decrescenti
e meno offerta di servizi di qualità… che però è sempre un qualcosa di ricercato!
E nella nicchia rimasta libera, noi vogliamo costruire la nostra identità e, naturalmente,
anche il nostro business.
Per combattere il nemico comune non sarebbe meglio coalizzarsi?
Quali sono gli ostacoli alla creazione di un consorzio o un network?
Le alleanze nascono spontaneamente dove c'è una chiara convergenza di interessi.
L'attuale frammentazione dimostra di fatto la non condivisione degli obiettivi.
Una battaglia comune potrebbe essere per il diritto alla corretta informazione del
pubblico. Nel settore alimentare le aziende si associano per garantire la qualità
del prodotto attraverso il marchio di un consorzio che tutela il consumatore rispetto
alle frodi alimentari. Forse dovremmo tutti insieme immaginare qualcosa di simile
ad un marchio di qualità contro le falsificazioni musicali e soprattutto culturali.
Un consumatore disorientato non è nell'interesse di nessuno, indipendentemente dal
posizionamento di mercato di un etichetta.
Anche le major non godono un buon stato di salute. In periodi
di crisi è meglio essere "più piccoli"?
In termini evolutivi è sempre stato così, in periodi di scarsità di risorse sopravvive
solo chi ne consuma meno. Ma questo è veramente un periodo di crisi? In fondo non
è mai stato tanto facile ed economico comunicare, produrre, viaggiare, scambiare
esperienze, conoscersi e persino finanziarsi. Le risorse, se intese in senso generale,
sovra-abbondano. È pur vero che ciò che in precedenza generava un certo "cash flow"
ora lo fa in misura minore. Continuiamo a guardare una fontana la cui portata sia
diminuita mentre tutto intorno piove. Prendiamo dalla fontana quello che può dare
oggi e attrezziamoci per raccogliere l'acqua piovana.
Cosa potrebbero fare le istituzioni per migliorare e aiutare
il settore, soprattutto per la lotta contro la pirateria?
Prima di tutto eliminare i costi Siae per le esibizioni live se un'artista esegue
solo il proprio repertorio depositato. I musicisti che hanno editato un brano devono
prima di tutto poterlo suonare live senza costi. Si paghino i diritti solo se si
eseguono (live o riprodotti) i brani di altri. Occorre incentivare il ritorno alla
musica "live" che è la natura del jazz, l'edizione musicale fissa solo una particolare
esecuzione di quella musica è solo un punto sulla linea del tempo. Per la pirateria
facciamo un'altra provocazione: per una piccola etichetta indipendente la pirateria
è un "problema" diverso da Spotify? Entrambi mettono a disposizione di chiunque
la tua musica e la differenza di "retribuzione" è quasi nulla. Per noi non è un
problema, è un problema per le major. Una volta il valore di un bene era dato dalla
sua scarsità, mentre nel mondo di Internet il valore di un bene è dato dalla sua
diffusione. Sul web tutto ciò che contribuisce in qualsiasi forma a diffondere un
bene indirettamente ne aumenta il valore. Crediamo che porsi il problema di contrastare
questo fenomeno sia anti-storico.
La vostra struttura organizzativa si completa con il management?
Ritenete, comunque, che possa essere utile per completare il percorso e fidelizzare
al meglio i vostri artisti?
Certamente sì. L'edizione musicale è solo uno degli aspetti della crescita professionale
di un musicista. La nostra missione è accompagnare e promuoverne la crescita artistica
degli artisti, non fidelizzarli in quanto "clienti". La fidelizzazione, se sei utile
al tuo artista, è implicita.
Quali sono le difficoltà che incontrate e qual è la tendenza
del mercato dello spettacolo dal vivo?
Pochi spazi, spesso inadeguati, molta offerta, minore disponibilità da parte dei
locali a pagare i giusti cachet agli artisti, Siae sempre più vissuta come un balzello
(come in effetti è). Bisogna lottare per non scendere a compromessi e fare capire
ai vari stakeholder che la qualità e la professionalità hanno delle regole e che
infrangerle fa male a tutti.
A tal proposito, come giudicate lo stato di salute del
jazz attualmente (sia quello italiano, che internazionale)?
Citando Ennio Flaiano, "la situazione è grave, ma non è seria". Battute a parte,
forse oggi è più difficile orientarsi nella proposta musicale perché fare un disco
è diventato un punto di partenza, non più di arrivo come un tempo era. Quindi ci
troviamo di fronte a una messe enorme di materiale, che grazie alle Rete è disponibile
tutto, subito e low cost: questo rende difficile orientarsi. Nonostante questo la
qualità non manca, sia a livello di musicisti, sia di produzioni discografiche.
Forse fatica a emergere la "bella musica", che talvolta viene sottomessa al gusto
del "suonarsi addosso"… una certa estetica jazzistica dilagante soprattutto nel
nostro Paese, figlia di una profonda incultura musicale.
Il pubblico del jazz, almeno in Italia, è statisticamente
provato che sia formato perlopiù da persone over 35 anni. In altri stati, però,
ciò non succede. Secondo te quali sono i motivi di fondo? I prezzi dei biglietti
sono troppo alti? Il jazz non trova spazio negli ordinari canali di comunicazione
dei giovani? E' frutto di una crisi culturale?
Il prezzo dei biglietti è in linea con quello degli altri spettacoli musicali, quindi
non pensiamo che sia questo il problema. Diciamo che in Italia il jazz è stato escluso
dai palinsesti televisivi e dalla comunicazione in generale non solo da quella dei
giovani. Nel nostro Paese la crisi culturale è ormai strutturale, come il debito
pubblico! Aziende come la nostra sono piccole nicchie di resistenza organizzata!
E' un fenomeno che mi dispiace constatare, ma la tendenza
dell'Opera è quella di annoverare un pubblico sempre più giovane. Forse anche per
il fatto che molte opere sono rivisitate da registi di chiara fama che lo hanno
svecchiato parecchio. Nel jazz, però, anche lo svecchiamento non sempre porta risultati
entusiasmanti. Come mai?
L'opera è un prodotto di grande qualità ed è una parte della tradizione Culturale
Italiana non solo Musicale. È molto più "antica" del jazz e quindi bisognosa di
essere trasposta in chiave moderna per essere compresa e apprezzata. Il Jazz invece
è moderno, è parte integrante della Cultura Occidentale del XX Secolo: proporsi
di svecchiare qualcosa di moderno è una forzatura.
Non pensi che il jazz, in Italia, difetti in organizzazione
e coordinamento? Sarà forse perché lo Stato e gli enti territoriali lo tengono sullo
stesso livello delle sagre di paese (con tutto il rispetto anche per queste)?
Diciamo che lo "spessore" culturale degli amministratori fa la differenza. Per rispondere
ad una proposta Culturale occorre capirla. Non è l'Istituzione in quanto tale, ma
chi la rappresenta che dovrebbe aver chiara la differenza tra un Festival jazz e
la Sagra del Peperone.
La diversificazione del prodotto artistico, e quindi discografico,
anche al di fuori dell'ortodossia jazzistica, può essere utile, oppure ritenete
migliore la specializzazione in un singolo settore musicale?
Diversificare il prodotto artistico per noi significa interagire con altre forme
d'arte, rimanendo, per quanto riguarda la musica, fedeli all'ortodossia e all'eresia
del jazz: la musica del XX° secolo. Ogni nostro progetto discografico viene sviluppato
insieme o spesso a partire da un progetto artistico (pittura, calligrafia, incisione,
poesia, cinema…). Il dialogo fra più arti rende più interessante e anche notiziabile
la musica: per chi la fa e per chi la ascolta (e magari la compra). In Jazzy siamo
siamo tutti dei creativi a 360°. E comunque non ci interessa molto la differenziazione
di generi (sempre all'interno del jazz) all'interno dell'etichetta, quanto il produrre
buona musica.
Quali sono i prossimi progetti?
Qualcosa di molto speciale: il nuovo progetto discografico di
Giovanni Mazzarino,
con Steve
Swallow, Adam Nussbaum,
Fabrizio Bosso
e un'orchestra d'archi di quattordici elementi diretta da Paolo Silvestri.
L'arte a cui questo lavoro verrà abbinata è il cinema, con il regista Gianni Di
Capua. Ancora non possiamo dire di più! Poi stiamo organizzando il Crema Jazz Art
Festival a Luglio, con un cartellone molto interessante in equilibrio fra jazz e
arte figurativa.