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Quattro chiacchiere con…Lara Iacovini
novembre 2013
di Alceste Ayroldi

Lara Iacovini, vocalist e autrice di vaglia, ha da poco licenziato l'interessante album "Right Together", al fianco di Steve Swallow e con Paolino Dalla Porta, Adam Nussbaum e Roberto Soggetti, oltre agli ospiti d'eccellenza Andrea Dulbecco e Giovanni Mazzarino. Un disco che mette le parole alle musiche di Swallow e le sorprese sono tante e belle. Ne parliamo con lei.



Un disco, un progetto nel quale metti insieme una serie di eccellenti musicisti. Come è nato?

Ho conosciuto musicalmente Steve Swallow ascoltando "Ladies In Mercedes", senza sapere che il brano fosse suo. Rimasi colpita dalla semplicità e dalla classe di quel tema composto da poche note che cresceva d' intensità sui cambi armonici. Quando poi scoprìi che esisteva anche un testo, decisi di includerlo nel mio primo cd "Everybody's Song". Da allora sono trascorsi alcuni anni, segnati da qualche incontro casuale in occasione di concerti o stage, fino a quando è nata l'idea di lavorare sulla sua musica, temi stupendi ai quali desideravo aggiungere un mio testo.

Ciò che colpisce è il fatto che il quintetto di base sia improntato sulla ritmica, con basso e contrabbasso, e tu sia l'unico strumento totalmente armonico. Avevi già qualche riferimento in mente?
No, nessun riferimento in particolare. La scelta di unire basso e contrabbasso è stata fatta in virtù dello stile con il quale Steve suona il basso elettrico, che spesso è anche chitarristico. Il contrabbasso poteva così valorizzare maggiormente i soli di Steve, e viceversa, perché non dimentichiamo che al double bass c'è Paolino Dalla Porta!

Parliamo del tuo incontro e apparentamento con Steve Swallow?
Come dicevo, dopo aver deciso di lavorare sulla sua musica, in occasione di un suo concerto a Milano, mi sono presentata "ufficialmente". Ora conoscevo buona parte della sua musica, ma l'emozione di incontrare la persona è stata altrettanto forte: la sua gentilezza, il suo garbo, la sua disponibilità, mi confermarono uno stile, una sensibilità umana davvero singolari, che ben si riflettevano nella grandezza delle sue composizioni. Gli ho proposto di poter provare ad aggiungere le liriche ad alcuni suoi brani e dopo sei mesi, mi sono ritrovata in studio al suo fianco, con altri straordinari compagni di viaggio: Adam Nussbaum, Paolino Dalla Porta, Roberto Soggetti, tutti insieme per realizzare un progetto che, richiamando per contrasto il titolo di un famoso brano di Steve, potesse definirci "Right Together".

Una track-list elaborata che alterna la tradizione a composizioni più suggestive. Qual è stata la genesi dei brani, sia quelli da te composti, che degli altri? In particolare, in base a quale criterio sono stati scelti?
Alla base della scelta c'è un attento ascolto del repertorio di Steve Swallow e di alcuni brani di Carla Bley come "Lawns e Carnation", resi famosi dal loro connubio artistico, oltre che sentimentale. Ho scelto i brani che più mi hanno emozionata e che secondo me, si potevano prestare all'aggiunta di un testo. Inoltre, ho voluto raccontare una breve storia che in un qualche modo si richiamasse sempre al titolo originale. Ho agito in autonomia per quanto riguarda la scelta dei brani, ma Giovanni Mazzarino (ospite di due brani nel cd), mi ha dato una mano nel reperire la discografia di Steve.

Hai seguito una filo rosso? C'è un criterio che accomuna i brani in scaletta?
Credo che i due criteri siano il mood e l'atmosfera che sono state definiti: un intreccio elegante di melodie swing e sonorità provenienti dal jazz elettrico.

Nel mettere le parole alla musica di Swallow da cosa hai tratto ispirazione?
Senz'altro dalla musica innanzi tutto. Poi, come ho già accennato, in base a quanto le melodie si potessero prestare all'aggiunta di un testo. La più istintiva è stata senz'altro Lawns: poche parole, che rispondono come un eco al richiamo melodico.

Colpisce l'inusuale scelta di "Isfahan"
Perché desideravo inserire anche alcuni standard, ma possibilmente poco rivisitati e soprattutto, di gran classe. Mi ha colpita la versione di Fred Hersh, così mi sono documentata su questa incantevole città e ho aggiunto il testo.

Visto il nutrito e articolato combo, immagino che non sarà semplice riuscire ad averli tutti al tuo fianco dal vivo: hai pensato a qualche soluzione alternativa?
Purtroppo e per fortuna sì. Purtroppo perché avere sempre Steve e Adam è pressoché impossibile, viste le distanze e i loro numerosi impegni. Per fortuna perché anche in Italia abbiamo grandi musicisti con i quali posso ricreare il mood originale del disco. A breve uscirò con una formazione tutta made in Italy, ma sempre con i miei fidi compagni Paolino Dalla Porta e Roberto Soggetti.

Lara, come è iniziato il tuo rapporto con il jazz?
A casa mia si è sempre respirata aria di jazz: mio padre era appassionato di questo genere musicale e suonava bene il pianoforte. Ho percorso diverse strade per approdare al jazz, prima di tutto lo studio del pianoforte classico. Poi, il canto lirico, insieme a quello moderno. Più il tempo passava e più mi dedicavo allo studio degli standard, fino a quando mi sono detta: "ok, Lara, questa adesso è la tua strada".

Ti senti una cantante di jazz legata alla tradizione?
Senz'altro: amo il jazz delle origini, i grandi pilastri che ne hanno segnato la nascita e l'evoluzione, in primis Louis Armstrong. Ma sono anche europea, oltre che italiana e non posso non tener conto di musicisti e compositori come Norma Winstone, o John Taylor, o ancora Dave Holland, e Kenny Wheeler di salde radici classico–europee (anche se Wheeler è di origine canadese).

Oggi si esplorano tante soluzioni, si operano tante contaminazioni, quasi per tenere in vita il jazz. Pensi che la strada migliore sia quella di rimanere nei canoni, piuttosto che osare altre vie?
Ci vuole coraggio per osare, ma se nessuno lo facesse...beh, sappiamo bene cosa accadrebbe. Nel mio piccolo ho osato anch'io con "‘S Wonderful": non era facile rileggere due grandi compositori e musicisti come Steve Wonder e George Gershwin e interscambiare i loro stili, ma credo che l'esperienza realizzata con Riccardo Fioravanti (ideatore e coarrangiatore del progetto), sia stata soddisfacente.

Tu sei anche una valente didatta, come giudichi il livello di preparazione e di attenzione dei ragazzi nei confronti del jazz?
Ottimo. Abbiamo tanti giovani talenti, motivati. La maggior parte degli alunni che si iscrivono al triennio o al biennio dei Conservatori lo fa per passione, passione sincera perché quella della musica jazz è una strada in salita. Adoro insegnare e lo faccio con entusiasmo, desidero però che il rapporto con gli alunni sia improntato sulla fiducia reciproca perché in caso contrario non riusciremmo a realizzare un percorso didattico costruttivo. Trovo inoltre che insegnare sia uno dei modi più proficui per apprendere.

Che consiglio daresti a un giovane che vuole avvicinarsi al jazz e farne una professione?
Direi: "ascolta te stesso, oltre che la musica jazz; verifica che la tua passione sia autentica perché il percorso è arduo. Ma non smettere mai di sognare"...troppo romantica?

Lara, sempre a tal proposito: in Italia il jazz può essere una professione?
Può senz'altro esserlo; ciò non significa che sia facile, per usare un eufemismo. Non per cadere nei luoghi comuni, ma la crisi si sente davvero molto. L'ideale è poter svolgere un'attività didattica affiancata a quella artistica.

Hai già idee sul tuo prossimo lavoro discografico? E quali sono i tuoi progetti futuri?
Certo che ho mille idee e una in particolare, ma non posso parlarne...per ora!







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Data pubblicazione: 21/12/2013

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