Laurent Cugny Quartet plays Joe Zawinul
+ Forum "Miles Davis"
Sunset/Sunside Club, Parigi, 11 novembre 2009; Maison des Etats Unis, 28 novembre
2009
www.sunset-sunside.com
di Luca Civelli
L'autunno parigino è stato tutto all'insegna di Miles (Davis s'intende). La splendida
mostra musical-visuale We Want Miles (titolo dell'omonimo live del
1981), organizzata alla Cité de la Musique
con il sostegno degli ereditieri del trombettista, è stata alla testa di numerose
iniziative ad essa congiunte.
Tra queste la soirée dedicata a Les pianistes de Miles (11 novembre)
promossa e coordinata dall'associazione Paris Jazz Club. Con un unico biglietto
si accedeva ai quattro locali coinvolti (Sunset/Sunside, Le Baiser Salé, Duc des
Lombards) e ad altrettanti concerti (Laurent de Wilde 4tet plays
Chick Corea,
Laurent Cugny 4tet plays Joe Zawinul, Miles Hancock ou Herbie Davis par Pierre De
Bethmann Trio e René Urtreger 5tet). Inutile dire che il pubblico ha ben approfittato
dell'offerta e dell'originale quanto invitante proposta, muovendosi per le sale
tra un set e l'altro.
Il plays Joe Zawinul è stato filtrato attraverso le dissonanze elettriche
di Laurent Cugny e del suo quartetto, completato da Sylvain Gontard
(tromba), Jérôme Regard al contrabbasso e da Frédéric Chapperon alla
batteria. Più che un tributo al musicista viennese, si è assistito a un breve viaggio
nell'universo-Davis di quegli anni (Cugny è riconosciuto come un esperto del periodo
1968-1975 del trombettista) con brani trainati dalle scansioni rock-oriented
di Chapperon e dai fragorosi riff di Regard. Meno efficaci, a causa di un'acustica
che tendeva a mischiare suoni e sonorità, i giochi di sostegno armonico che il Fender
Rhodes del leader apportava alla tromba di Gontard. In generale il concerto ci è
parso un buon esercizio di stile, preparatorio, all'esibizione tenuta da Cugny e
dall'Enormous Band alla Cité de la Musique (18 dicembre 2009).
Di notevole interesse il forum "Miles Davis" organizzato dalla Maison des Etats
Unis (28 novembre 2009). Alex Dutilh (produttore e presentatore a France
Musique ed ex direttore di Jazzman) e Franck Bergerot (critico
e attuale rédacteur en chef di Jazz Magazine/Jazzman) hanno basato
i loro interventi su ascolti mirati e adeguatamente selezionati — la quasi totalità
proveniva dal cofanetto "The Complete Columbia Album Collection" —, tesi
ad individuare gli elementi free nella musica di Davis; due lezioni che trovavano
corrispondenze e completamenti visuali nelle sale dell'exposition dedicate
al quintetto (per l'importanza storica verrebbe da scriverlo con la Q maiuscola)
e ai primi anni elettrici: Miles Smiles — la liberté contrôlée (1960-1967)
e Miles électrique — la distorsion du rock (1968-1971).
Adam Nussbaum meets Riccardo Del Fra, Hervé
Sellin, Pierrick Pedron
Sunset/Sunside Club, Parigi, 12 novembre 2009
www.sunset-sunside.com
di Luca Civelli
L'incontro tra Adam Nussbaum e tre teste
di serie della scena parigina (Riccardo Dal Fra, Hervé Sellin e
Pierrick Pedron) ha avuto luogo al Sunset di fronte a un pubblico che ha gradevolmente
gustato una serata all'insegna di un jazz carico di swing e volume (Nussbaum non
ha mai risparmiato le orecchie degli ascoltatori!). Proprio la datata conoscenza
tra quest'ultimo e Riccardo Del Fra, già assieme con
Toots Thielemans,
ha fatto si che in un solo pomeriggio si definissero le coordinate di un modern
mainstream elegantemente proposto.
Tra i primi brani ha spiccato una lanciatissima versione di Let's Call This
di Thelonious Monk, innescata da un poderoso riff di basso ripreso e sostenuto dal
piano. Hervé Sellin (di cui consigliamo il recente «Marciac New-York Express»)
è stato l'ago della bilancia tra le ripetute accelerazioni e i rallentamenti improvvisi
di basso e batteria, riuscendo a posizionare i propri interventi tra i repentini
botta e risposta della coppia Nussbaum-Del Fra.
Convincenti e inattese le scelte dei brani in scaletta. Si è passati dal blues di
Hey Pretty Baby alla ballad Days of Old, ambedue firmati da Nussbaum,
fino al Monk di Played Twice, spesso eseguito dai We 3 (Adam Nussbaum
+ Dave Liebman
e Steve Swallow).
L'omaggio a
Steve Lacy avveniva con l'omonima We 3 (dall'album "Three For
All"), che senza soluzione di continuità si trasformava in If I Should Lose
You, standard eseguito nel pieno rispetto della forma e caratterizzato dalle
frammentate riprese tematiche di Pierrick Pedron.
Accantonate le incursioni elettriche di "Omry" (gli sono valse il premio
Choc de l'année 2009 sulle pagine di Jazz Magazine/Jazzman) il sassofonista
ha riscoperto le scritture di "Deep in a Dream", registrato con Thomas Bramerie,
Mulgrew Miller e Lewis Nash. Waltz For A King, dedicato all'inglese Peter
King, ha messo in mostra tutta l'agilità nel percorrere il registro medio-grave
del suo sax alto e l'abilità nel liberare fraseggi bop.
Chiusura affidata a Love in Paris, un bis in bello stile introdotto dal contrabbasso
e dalle note quasi staccate di Pedron. L'aggiunta del flicorno di Stephane Belmondo
espandeva il quartetto a quintetto, con la sensazione che si fosse di fronte a una
versione upload dei gruppi anni '60.
Jerry Bergonzi Trio
Sunset/Sunside Club, Parigi, 22 novembre 2009
www.sunset-sunside.com
di Luca Civelli
Una piccola affiche all'ingresso del Sunset riportava una celebre frase
di Michael
Brecker, che sollecitato su chi fosse il miglior sax tenore in circolazione,
rispondeva: «I don't know, ask
Jerry Bergonzi».
C'era bisogno di chiedere "qualcosa" a Bergonzi? Francamente no. Si era consapevoli
che le risposte sarebbero arrivate da sole. L'esibizione novembrina del nuovo trio
è stata un'ulteriore dimostrazione che il bostoniano, sebbene non abbia più niente
da dimostrare, conserva ancora molto da dire.
La séance è stato un valido banco di prova per presentare i brani di "Three
For All", recentissimo lavoro discografico per la Savant. Il trio si è proposto
in un'esibizione intensissima (oltre due ore di concerto ripartite in tre set) tra
brani nuovi ed altri provenienti da un recente passato (dal repertorio di «Simply
Put» — 2008), in cui poco o niente è stato
concesso all'infernale calore della sala e alla stanchezza crescente.
Senza che lo swing venisse mai meno, la musica ha perseguito gli orientamenti più
vari: composizioni ex nove (alcune come Obama e Between The Lines
già ascoltate in precedenza), vecchi standard camuffati, quasi parodiati;
scansioni ritmiche basculanti, spruzzate funky e latin. Si potrebbe pensare ad un
quartetto espunto dal pianoforte e invece no. Pensata e scritta appositamente per
il trio, con il sax in prima linea, la resa live del nuovo album ha fiondato Bergonzi
& Co all'indietro nel tempo, passando attraverso i suoi dischi di marca
Red Records, fino e alle
storiche recording session di Rollins e Henderson.
La formazione prevedeva Michelutti vertice basso e Santoro in posizione
più avanzata. Il batterista non è mai ecceduto in virtuosismi, distinguendosi per
un lavorio preciso e costante, di continuo sostentamento alle sortite solistiche
dei due colleghi. Daniele Cecchini ha scritto che il quartetto di «Simply Put»
è «un avamposto strategico del mainstream d'oggi». Anche in trio, il duo
ritmico ha confermato di avere in mano carte e coordinate esatte per seguire le
traiettorie del leader.
Bergonzi ha sfoderato alcuni soli mozzafiato per intensità e inventività
"verticale". Linee melodiche geometriche nel loro svolgersi, che scivolavano e rimontavano
l'estremità dell'estensione strumentale. Break taglienti e sempre variati dimostrazione
di una creatività senza pari. Più di uno tra il pubblico non ha smesso un attimo
di far dondolare la testa (tra questi il sassofonista Stephane Spira), prova che
la musica, aldilà delle complicazioni, ha davvero fatto centro.
04/05/2008 | 1 marzo 1984: ricordo di Chet Baker al Naima Club di Forlì: "La sua voce sottile, delicata, sofferta, a volte infantile, mi è rimasta dentro il cuore per molto tempo, così come mi si sono rimaste impresse nella memoria le rughe del suo viso, profonde ed antiche, come se solcate da fiumi impetuosi di dolore, ma che nello stesso tempo mi sembravano rifugi, anse, porti, dove la sua anima poteva trovare pace e tranquillità. La pace del genio, la pace del mito, al riparo delle tragedie che incombevano sulla sua vita." (Michele Minisci) |
|
Inserisci un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 3.098 volte
Data pubblicazione: 02/05/2010
|
|