GatsProductions GPTS016
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Luigi Martinale Trio
Simple Memory
1. Clear (Martinale)
2. No title (Martinale)
3. Lennie's pennies (Tristano)
4. Parlami d'amore Mariù (Bixio)
5. Cuba root (Martinale)
6. A gleam of hope (Martinale)
7. Children of the night (Shorter)
8. Still lives in my memory (Martinale)
9. Touching a string (Martinale)
10. It Could Happen To You (VanHeusen-Burke)
11. Tango for Takashi (Martinale)
12. Skylark (Carmichael-Mercer)
Luigi Martinale - piano Stefano Risso - bass Paolo Franciscone - drums
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Saltellante e vibrante spandersi di piatti, un tempo ternario elegante
e scorrevole, con una punta di romanticismo trasognato: sembra che già in questo
primo tema originale, Clear,
ci siano un po' tutte le componenti della musica di questo trio, capeggiato dal
pianista
Luigi Martinale sotto la scorta del contrabbasso di Stefano
Risso e della batteria di Paolo Franciscone. Conosciamo ormai
le doti del pianista di Barge nel Cuneese, all'attivo diversi album, a proprio nome
ed in varie formazioni, ma in questa occasione impegnato a mostrare la propria arte
in terra nipponica: sì perché questo album,
Simple Memory, è prodotto
e licenziato dalla giapponese GatsPro, al momento solo per il Giappone.
L'ascolto prolungato e profondo di
Petrucciani
emerge, interiorizzato, in No title,
nel tocco spigliato ma al contempo lirico del pianista. Ed anche il suo stile compositivo
risente di quell'ascendente, delle strutture simmetriche e bilanciate, di una eleganza
che ha l'unico difetto di non sorprendere – specie chi già la conosce – ma al contempo
pure il pregio di spiccare fra le mediocri approssimazioni dei nostri tempi. Eleganza
e, a macchie, anche ironia. Quella del carattere musicale di
Martinale,
la quale prorompe tutta nella sua rilettura di
Lennie's pennies di Lennie
Tristano, esposizione molto lucida e sapiente inserimento di accattivanti figurazioni
pianistiche che rallegrano davvero l'orecchio. Ed i beat di contrabbasso
e batteria vi si prestano, sia per assecondare il leader, sia per sfoderare
le proprie qualità accompagnando lo standard lungo il percorso della riarmonizzazione,
come felicemente risalta nel loro "assolo combinato", l'uno a sostenere l'altro,
l'uno a controbattere l'altro, sullo sfondo del tracciante piano e dell'inconfondibile
poliritmia su cui è costruito il pezzo.
Poetica nel rispetto dell'originale
Parlami d'amore Mariù,
già presente, in versione cantata, nel cd "Dipinto
di Blu" di quel "Jazzinaria Quartet" di cui i tre musicisti costituiscono
sessione ritmica a fianco della vocalist Laura Cavallero. Qui invece,
il pianista d'adozione gianduia ne restituisce una trascrizione tutta strumentale,
che per sensibilità supera la precedente: basti seguire l'intervento del titolare
del trio o quello del suo complementare contrabbassista, il cui lineare assolo carezza
le corde intime non soltanto di coloro che ricordano l'originale "desichiano" concepito
dalla coppia Bixio/Neri, ma pure dei tanti che hanno conosciuto soltanto in seguito
questo importante tassello cromosomico dell'italico dna musicale. Salsa caraibica
per Cuba root, che denota,
da parte del nostro, buona sintesi nel coniugare padronanza della materia "piano-jazzistica"
con climi provenienti da ben altre culture, metabolizzando comunque il tutto sempre
attraverso le proprie personali coordinate d'estemporaneità.
Rilassante – e forse anche troppo lenta – è
A gleam of hope, punteggiata
dall'intenso contrabbasso e spruzzata nelle cadenze topiche dalle multitimbriche
sonorità percussive delle batterie di Franciscone, mentre l'abilità reinterpretativa
dell'arrangiatore e della terna di esecutori si rinnova con equilibrata sinergia
nella shorteriana Children of the
Night (ancora da sottolineare il contrappunto solistico di Risso ed il
cavalcante ride di Franciscone che si increspa sbottando in sonori
rolls e crash nel crescendo a metà del pezzo). Il brano che meglio
di tutti incarna l'anima di questo trio è
Still lives in my memory,
al cui crinale ternario
Martinale
sovrappone – forse anche inconsciamente – un tema melodico dalle inflessioni sincopate
che marciano invece su un più usuale 4/4: qui le capacità evocative dei solisti
sono enfatizzate da un sorprendente missaggio e panning dei canali, che contribuisce
ad avvolgere le sensazioni del fruitore. Piuttosto malinconica è invece
Touching a string, la cui
ciclica progressione armonica – quasi un giro di bossa – risulta vincente nel catturare
l'attenzione dell'ascoltatore.
Swing di quelli che mettono di buonumore in It
Could Happen To You, e poi ancora un passo sudamericano, che questa volta
palesa nel titolo, Tango for Takashi,
la dedica al mentore del presente lavoro discografico, e la cui ispirazione è spiegata
con una battuta nella presentazione del booklet. Mancava, in effetti, un
momento di intimità musicale che dispiegasse quel sottilissimo filo di corrispondenze
emotive che trascorrono fra l'artista e chi lo ascolta: così il cd si conclude con
una brillante Skylark in piano solo, all'insegna
di una straordinaria e pungente semplicità.
Antonio Terzo per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 04/08/2006
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