SCA 128
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Enrico Pieranunzi
Untold Story
1. chantango 8:09
2. abacus 7:07
3. episode 3:16
4. for your peace 7:37
5. september waltz 5:41
6. mode VI 8:43
7. improlude 7:11
8. dream book 5:30
9. django 4:31
Enrico Pieranunzi - piano Marc Johnson - contrabbasso Paul Motian - batteria
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L'inverno è quello del lontano febbraio 1993,
un anno prima
Enrico
Pieranunzi e Paul Motian, batterista del "Golden trio", si erano
incontrati. Il pianista romano e il "drummer" di Philadelphia, complici nell'esplorare
le grandi possibilità formali e comunicative di una combinazione certamente inusuale
nel jazz, danno un grande e riuscito esempio di improvvisazione/composizione a due.
Da quel set nacque un Cd: "Flux and change", che fu pubblicato dalla Soul
Note. L'anno seguente, per l'appunto il 1993,
al duo si unisce il contrabbassista, Marc Johnson, che accompagnò Bill
Evans fino alla fine dei suoi giorni. Da due anime classicheggianti:
Pieranunzi
e Johnson, insieme a colui che, negli anni '60,
fu l'innovatore della batteria, nasce un album "Untold
story" che, il 15 e il 16 febbraio del 1993,
fu registrato presso il Gemmick studio di Yerres, in Francia. In questi giorni,
a 13 anni di distanza – nell'ambito de: "Pieranunzi series" – l'album è riproposto
dall'Egea edizioni discografiche.
"Chantango", di
Enrico
Pieranunzi, apre il disco. L'aura che scende è quella eterea di un lirismo
pianistico soffice e raffinato. Seppur sostenute da un pedale monotonale, le concatenazioni
melodiche del pianoforte non risultano mai prive di libertà e di ispirazione musicale.
Il solo di Marc Johnson è di quelli che ricordano i suoi lavori più preziosi,
la dimensione ritmica è assolutamente svincolata dal metronomo dell'intero brano.
Nel "turnaround" Johnson è riagganciato da
Pieranunzi
che richiama il trio con una scala ascendente, che diventa anche il lancio per una
improvvisazione pianistica in cui si alternano note ed accordi.
"Abacus", di Paul
Motian, offre subito delle "conversazioni" tra il contrabbasso e le note gravi
del pianoforte. Motian, da canto suo, non abbandona mai le spazzole e il
ballad che ne nasce, seppur latineggiante, ha un sapore classico e delicato. Si
ha proprio l'idea che i musicisti lavorino in "open chorus", decidendo durata ed
espressione dei propri soli: quasi come se il suono sgorgasse dall'anima, con un
fluire magico e segreto. Abacus, però, dal "due" passa in "quattro" e tutto
diventa più ritmico e più "muscolare". Soprattutto il piano di
Pieranunzi
esige dalla sezione ritmica un "walking" a sostegno della progressione melodica;
all'improvviso…il solo diventa preda di accordi e con una "corona" chiude il secondo
brano.
Più di ricerca l'apertura di "Episodi"
(E.Pieranunzi).
E' il breve preludio ad uno swing di chiara ispirazione bebop. Qui l'influenza che
Bill Evans ha avuto su
Pieranunzi
si sente tutta. Il pianista romano offre un "discorso" di note, tra le quali si
intercalano accordi e ricami di una mano sinistra sempre più predominante, il tutto
per un effetto quasi da "barrelhouse".
"For your peace"…è il
suono del piano…Accompagna i sogni
Enrico,
e lo fa riempiendo la mente di chi ascolta con un mare calmo di note. Il brano è
una tormentosa dolcezza, gli occhi sono sfiorati dal buio e par quasi di immaginare
le mani che carezzano i tasti. E quasi come in un incantesimo, tra il canto del
piano, entra un basso, il cui glissato si stringe alle note del pianoforte per non
abbandonarle più. For your peace è un'altra delle "Storie indicibili"
di Enrico
Pieranunzi.
E' il momento – sublime – di "September
waltz": penetrante "melancolia" di un cool jazz colorato di soli, tra
Enrico
e Marc, che ricordano un po' le soavità di Sal Mosca.
"Mode VI", di Paul
Motian, par quasi cercare tra i passaggi tonali dell'apertura una sua identità,
non è un "dirty" (sporco). Non lo è affatto, anzi, proprio perché tonale, offre
– dopo qualche beat – il "drive" per un enfasi espressiva che è il frutto di una
cultura musicale classica, ma mai scevra di ricami jazzistici. L'intro dunque è
la ricerca, il guardare dentro le note per trovare il giusto sentimento per entrare
dentro al brano. Ed è subito
Enrico
con un "groovy piano", la cui predominanza però lascia presto il ruolo di
prim'attore al contrabbasso. Gli accordi restano in disparte, fonte insostituibile
di riferimento per la costruzione di un solo – quello di Marc – che non si disarticola
mai dall'armonia chorus.
"Improlude" è l'unico
brano firmato da tutti e tre i musicisti. Si apre con un obbligato di basso in cui,
con accento ritardato, si inseriscono le frasi del piano di
Pieranunzi.
Paul Motian abbandona le spazzole per lavorare, raffinato, sui piatti e su
un rullante cui, abilmente, è fatta scomparire e riapparire la retìna. E' l'unico
momento dell'album in cui
Enrico
Pieranunzi si concede delle digressioni cromatiche, in assoluta liberta
melodica. è il momento del solo di Paul Motian. E qui la grande esperienza
del batterista di Philadelphia emerge a forza. Paul è l'enciclopedia vivente della
"riforma" del batterismo mondiale dei tempi del bebop, ma il suo linguaggio si è
evoluto. Diventa improvvisamente muscolare, e poi si immerge in un swing sincopato
– e ricco di anticipi – rincorso dal piano e dal contrabbasso.
"Dream book", di
Enrico
Pieranunzi, tratteggia un affresco colorato di accordi e note che si
alternano su uno sfondo fatto di ricami bassistici e di intarsi dei piatti di
Motian. Note singole, anche lunghe o con grandi intervalli, per un effetto penetrante
che accompagna, per mano chi ascolta, dentro il solo di Marc Johnson. Il
suono del suo contrabbasso è dotato di un attacco lieve e sapiente. L'ultimo brano,
il nono, è firmato dal grande John Aaron Lewis – indimeticato pianista del
Modern Jazz Quartet -, si tratta di "Django".
I contrappunti, i ritardi, le appoggiature – sottolinea Arnaud Merlin (Radio
France) – sono gli elementi distintivi e supremi di una delle tante opere del grande
pianista di Chicago. Ad un primo ascolto dell'album potrebbe sembrare che l'apporto
di Paul Motian sia, come dire, non troppo determinante ai fini della realizzazione
dell'opera. Si badi bene però, Motian è uno di quei musicisti che offrono
durante le esecuzioni una base di sicurezza e di copertura ritmica praticamente
ineguagliabili. Tutto questo, mentre il Cd risente fortemente dell'ascendenza "hard
bop" e modale di un
Enrico
Pieranunzi lirico e muscolare. Erano i tempi in cui il pianista romano
accompagnava gli americani di passaggio: Art Farmer,
Charlie Haden, Kenny Clarke e
Chet Baker.
E proprio inciso con il trombettista "maledetto", di
Enrico
Pieranunzi, l'Egea pubblicherà un altro disco, ma questa è un'altra
storia che vi racconteremo in futuro.
Marcello Migliosi per Jazzitalia
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
27/06/2010 | Presentazione del libro di Adriano Mazzoletti "Il Jazz in Italia vol. 2: dallo swing agli anni sessanta": "...due tomi di circa 2500 pagine, 2000 nomi citati e circa 300 pagine di discografia, un'autentica Bibbia del jazz. Gli amanti del jazz come Adriano Mazzoletti sono più unici che rari nel nostro panorama musicale. Un artista, anche più che giornalista, dedito per tutta la sua vita a collezionare, archiviare, studiare, accumulare una quantità impressionante di produzioni musicali, documenti, testimonianze, aneddoti sul jazz italiano dal momento in cui le blue notes hanno cominciato a diffondersi nella penisola al tramonto della seconda guerra mondiale" (F. Ciccarelli e A. Valiante) |
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Data pubblicazione: 27/08/2006
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