Intervista e recensione del concerto dei
"Quadrivision"
Dynamo Club - Milano, 29 marzo 2007
Testo e fotografie della recensione:
Eva Simontacchi
Fotografie dell'intervista:
Nadia Pazzaglia
Poco prima della performance dei "Quadrivision", ci appartiamo
con Marco Ricci,
Massimo
Manzi, Alberto Mandarini e Roberto Cecchetto
in un angolo tranquillo del Dynamo Club di Milano, e li intervistiamo prendendo
spunto dal nome della loro formazione, e cioè uno ad uno, per farci dare la loro
particolare "visione" a ogni domanda.
Un aggettivo o un colore (una pennellata impressionistica!)
per descrivere il progetto Quadrivision dal vostro particolare punto di vista:
Marco Ricci:
Un dipinto molto poliedrico, ricco di colori, macchie e sfumature; potrebbe essere
un quadro di Kandinsky tipo "composition n.2", senza una figura o un soggetto
predominante ma con diversi motivi coesistenti.
Massimo Manzi:
Azzurro intenso per i brani più di atmosfera e un amaranto per i brani più dinamici.
Da addetto ai lavori faccio fatica a pensare ad aggettivi per definire la musica
che creiamo. Si cerca di arrivare a una leggibilità nell'astrazione della composizione
istantanea.
Alberto Mandarini: Due parole: una è passione,
e l'altra è generosità. E se riusciamo a suonare tenendo conto di queste due cose
secondo me si possono ottenere degli ottimi risultati.
Roberto Cecchetto: Un aggettivo per definire questo
progetto potrebbe essere dinamico e rilassato contemporaneamente, mentre per quanto
riguarda il colore direi più un percorso di colori come accade di osservare per
esempio in un quadro.
Qual
è il denominatore comune che unisce tutte e quattro le vostre visioni e personalità?
Marco Ricci:
Il primo che mi salta in mente è sicuramente il piacere di ascoltare e di
creare belle melodie, perché oltre al DNA italico (che ha il suo bel peso) credo
ci accomuni l'esigenza di una continua ricerca di una melodia, di un canto, di un
racconto; è un modo di "sentire" musicale che non può prescindere dall'aspetto melodico
anche in contesti più free e di apparente "caos". Il filo rosso della melodia, passando
da un solista ad un altro, non manca mai. Anche Manzi è un notevole melodico al
suo strumento, oltre ad essere anch'egli un ottimo compositore.
Massimo
Manzi: Il cercare di non essere
banali senza abbandonare la ricerca di una comunicativa musicale.
Roberto Cecchetto: Sicuramente un atteggiamento
non prevaricante nei confronti delle persone che ti accompagnano nel fare musica
insieme.
Alberto Mandarini: Secondo me il denominatore comune
è la musica, né più né meno, perché ognuno di noi ha avuto una sua esperienza personale.
In ogni caso tutte le esperienze erano finalizzate a creare della musica e a ricercare
il senso della musica che ognuno di noi ha dentro.
Come
è nata la scelta di unirvi in un progetto proprio voi quattro?
Roberto Cecchetto: Ognuno di noi quattro ha avuto
un percorso misto, denso di collaborazioni anche molto diverse tra loro e in questo
percorso ci siamo incontrati, il risultato è che ciascuno di noi quattro ha suonato
con gli altri tre in altri progetti.. ma alla fine devo dirti che non so chi sia
stato il fautore, ma ho un sospetto... secondo me è
Marco Ricci.
Marco Ricci:
É nata da una mia idea subito condivisa con Alberto Mandarini...mi ricordo
in occasione di un concerto con Sandro Cerino (Vivaldi's Four Seasons) che
ci vide e ci vede ancora coinvolti entrambi. Ho parlato con Alberto di questa voglia
di suonare con lui e con Roberto e Massimo e lui ha accolto immediatamente con entusiasmo
questa idea, confidandomi che anche lui nutriva da un po' di tempo lo stesso desiderio.
Di fatto abbiamo già un concerto, oltre alla serata al Dynamo, e l'idea è già realtà.
Massimo Manzi:
Ti devo dire che è stata una scelta di amicizia e di stima reciproca fra i componenti.
La scelta dell'organico è avvenuta parlando con
Marco Ricci,
e siamo arrivati a queste prime serate che hanno permesso di concretizzare l'idea.
Alberto Mandarini: Sempre per lo stesso motivo;
per la musica. Alla fine ognuno di noi bene o male aveva dei rapporti che magari
partivano da molto distante. Per esempio con Roberto Cecchetto avevo suonato
20 anni fa poi ci siamo persi di vista, ma eravamo vicini musicalmente. Poi quando
parlando con Marco
Ricci si ipotizzava un nuovo Quartetto siamo andati a cercare le persone
con le quali avremmo avuto più piacere a condividere questa esperienza e anche a
ricercare una sonorità non consueta, e dunque dei musicisti con un sound molto personale.
Trovo
che questo progetto sia molto interessante perchè nonostante la situazione d'insieme,
permette a ognuno di voi di essere messo in luce e in risalto per le proprie particolari
doti compositive e strumentali. C'è libertà, creatività, respiro…..
Marco Ricci:
Assolutamente. E' proprio l'aspetto che vorrei non passasse mai in secondo piano;
non faccio un paragone azzardato se cito e considero come nostro punto di riferimento
la polifonia rinascimentale in cui ogni parte, dal soprano al basso, è paritetica
e prescinde dai classici ruoli prestabiliti di melodisti ed accompagnatori. Per
realizzare questo equilibrio, è fondamentale poter contare sulla sensibilità e il
bagaglio tecnico-culturale dei miei tre "partner".
Massimo Manzi:
Sì. E' ancora presto, guardo avanti e guardo agli sviluppi della situazione. Poi
penso che ognuno di noi darà consigli agli altri per mettere a fuoco meglio il proprio
contributo individuale in funzione dell'insieme, del quartetto.
Alberto Mandarini: Si può dire che ormai la tendenza
dei quartetti che si formano in questo modo è questa. Penso di poter dire che l'idea
di questo quartetto è una idea di ricerca che può prendere le direzioni più insospettabili.
E quando c'è la ricerca di mezzo i musicisti possono davvero mettere in luce tutte
le loro caratteristiche. E in effetti questa non deve essere solo la sensazione
dell'ascoltatore ma l'obbiettivo dei musicisti.
Roberto Cecchetto: Penso proprio di sì e penso anche
che il motivo è perchè c'è molta lealtà tra di noi, e la musica che ne viene fuori
è una musica che nasce dall'amicizia...questa per me è una delle condizioni ideali
per fare musica insieme.
Avete
in programma di entrare in sala d'incisione per documentare il progetto?
Marco Ricci:
Sicuramente, anche se mi piacerebbe farlo dopo una serie di concerti o un mini tour,
il che ci permetterebbe di di affinare le "misure" al meglio. Ma, come si sa, la
realtà del jazz in Italia, e credo anche all'estero, ti impone di realizzare il
progetto prima su Cd (magari anche su vinile, ho sentito di un suo ritorno). L'idea
mi esalta comunque e mi riempie di stimoli. Finalmente ho un giocattolo che sento
mio!
Massimo Manzi:
Appena sentiremo che è giunto il momento per farlo. Appena saremo abbastanza convinti
e soddisfatti del risultato…Tutti noi lavoriamo con grandi professionisti e in questo
progetto vogliamo portare un risultato all'altezza delle aspettative. Il tempo è
tiranno e non permette di provare abbastanza, e le richieste per concerti non sono
mai abbastanza numerose.
Alberto Mandarini: Quando c'è una formazione che
interessa a tutti i componenti sicuramente l'idea di registrare, di salvare su disco
c'è. Mi piacerebbe per una volta fare un po' come facevano i nostri padri musicali,
e cioè andare a registrare nel momento in cui ci sia un pensiero formato a livello
musicale, ci sia uno spessore, una intenzione comune. Allora sarebbe bello andare
in quel momento. Invece ora si tende a fare il contrario; adesso si registra immediatamente
e la musica magari esce dopo due anni. Sarebbe bello per una volta riuscire a fare
l'inverso. La proposta musicale è sterminata e chi deve fare delle scelte, o va
per chiara fama, oppure si deve avere del materiale, della documentazione, perché
si possa avere una idea di cosa si va a fare. E se hai solo un'idea, nessuno l'accetta
per quella che è, l'unico modo è avere una registrazione, che poi nella musica è
l'unica cosa che ha senso, perchè a quel punto le parole decadono. La musica ha
questo pregio straordinario: quando funziona è inequivocabile.
..::il Concerto::..
Si
dispongono sul palco del Dynamo Club
Marco Ricci
(contrabbasso),
Massimo
Manzi (batteria), Roberto Cecchetto (chitarra) e
Alberto Mandarini (tromba e flicorno), e la loro performance inizia
con l'unico standard della serata: "Stella By Starlight",
brano di "riscaldamento" in cui entrano nella loro visione d'insieme giocando d'interplay
"in casa" su di uno standard noto a tutti, tanto che a tratti le loro improvvisazioni
sono talmente libere e sganciate dal tema da renderlo un brano del tutto nuovo e
totalmente irriconoscibile se non fosse per le progressioni armoniche che restano
inalterate. Terminano accolti da uno scroscio di applausi passando, a questo punto,
ai loro brani originali. Si tratta di musicisti che vantano prestigiose collaborazioni
e anni di esperienza sui più importanti palchi e nelle più note jazz venues italiane.
Marco Ricci
presenta al pubblico in sala "Oslo Hotel", una
composizione di Roberto Cecchetto. Si respirano atmosfere nordiche
e rarefatte, e i colori sono a tratti pallidi e poetici, a tratti più forti e nitidi.
Le note e le melodie portano con sé scenari limpidi e lontani ma presenti in un
angolo del mondo interiore di ognuno di noi, nel quale ci possiamo rispecchiare.
Segue
"Pray" di
Marco Ricci,
brano melodico 5/4 feel nel quale Marco si esprime con una sensibilità e
un lirismo sorprendenti, e in cui la voce narrante è quella del contrabbasso. Ognuno
porta il proprio rilevante contributo all'interno di ogni brano:
Massimo
Manzi è un vero incantatore e riesce a creare tappeti ritmici talmente
espressivi da esaltare al massimo tutti i viaggi che ci vengono raccontati a ogni
esposizione. A volte abbandona lo strumento e tace ascoltando le altre voci per
poi rientrare per colorare l'esposizione con nuovi gusti, nuove sensazioni, nuovi
ritmi. I racconti di Alberto Mandarini sono a tratti morbidi e carezzevoli,
a tratti intensi, prorompenti, incalzanti o insistenti come il volo di un calabrone.
Al
termine di "Pray", segue una mini suite di Alberto Mandarini
che si intitola "Funky-Tally". Si tratta di
un brano che si compone di più sezioni, in cui l'ottimo trombettista fornisce ampia
prova della sua perizia strumentale e compositiva. Ottimo l'interplay tra tutti
i musicisti, nonostante il progetto sia stato da poco ideato e ancora in via di
formazione. Si tratta in ogni caso di esperti e valenti professionisti che hanno
più volte suonato insieme in situazioni diverse e che hanno dunque già raggiunto
un buon affiatamento. Il primo tempo della performance dei "Quadrivision"
si conclude per un breve intervallo al termine del quale si apre il secondo tempo
sulle note di "Terra del Fuego", un brano free
di Roberto Cecchetto. Segue "Ebb",
una composizione di
Marco Ricci
ispirata da una poesia di Edna Saint Vincent Millay, di cui esiste una versione
cantata dalla jazz vocalist
Eleonora
D'Ettole. "Ebb", brano melodico dolce e intenso sfocia ben
presto nel free. Alberto Mandarini sostituisce per un momento
Marco Ricci,
che ha presentato finora tutti i brani della serata, per spiegare il significato
del titolo del prossimo brano, una sua composizione: "Free-Ko".
Si tratta di un gioco di parole. Infatti il frico è un piatto friulano della
sua terra natìa a base di patate e formaggio. Giocando sul nome di questo piatto
e sul termine "free", è nato il titolo del brano incalzante che ci è stato presentato,
subito seguito da un altro brano di Cecchetto, "Cyclop's
Dream", in cui la morbida chitarra di Roberto Cecchetto
si è pregevolmente espressa nella prima parte, per poi concedere spazio espressivo
ai suoi compagni di viaggio e di racconti. La serata viene chiusa da "Minoranze",
un blues minore melodico latineggiante di
Massimo
Manzi.
Termina sotto ottimi auspici la prima serata di presentazione dei "Quadrivision"
con insistenti richieste di bis da parte del pubblico in sala. Abbiamo ascoltato
degli eccellenti musicisti all'opera, e siamo curiosi di assistere agli sviluppi
di questa formazione tanto ben assortita ed equilibrata.
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Data pubblicazione: 26/05/2007
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