Se numerose rappresentazioni del jazz nel mondo,
da quello sudamericano a quello scandinavo, hanno spesso fatto uso dei propri brani
tradizionali, ritmi e feeling autoctoni, perché anche l'Italia non dovrebbe
ripensare la musica afroamericana, mescolando insieme ad essa i caratteri musicali
che culturalmente le appartengono?
Un qualcosa che forse sta già avvenendo… Vediamo infatti sempre più spesso,
sparsi fra le tracce degli album dei nostri jazzisti, brani italiani d'autore trattati
come veri e propri standards statunitensi: da
Bollani
a Fresu,
fino a Rava
e Gatto,
per citare solo i più famosi.
Le canzoni di Tenco, Lauzi, Conte – naturalmente
insieme a quelle di molti altri autori (Endrigo, De André…) – hanno
tracciato un solco definitivo tra la canzone tradizionale italiana e quella moderna
con la figura del cantautore: che scriveva e allo stesso tempo interpretava i propri
brani portando nell'Italia del boom "…una carica di anticonformismo spregiudicatezza"
(Gianni Borgna Storia della canzone italiana Mondadori). E questo lavoro
parte proprio da qui per rinnovare il significato di questo nostro passato musicale-culturale.
Veniamo ora al disco: due brani originali del leader Alberto Mandarini,
come inizio e fine di un disco dedicato alla canzone d'autore italiana. Arrangiamenti
a più facce: soffici ed eleganti sui tempi lenti con gli archi dedicati a un grande
lavoro di riempimento; accesi e incalzanti invece sui ritmi più veloci, in cui tendono
ad emergere le voci dei due fiati.
Se da una parte sembra quindi di assistere a riletture – come in
Parlami d'amore Mariù e
Almeno Tu Nell'universo – piuttosto tradizionali, dall'altra,
ascoltando alcuni passaggi di Ba-Ba-Baciami
e Non gioco più, si è invece portati e ricredersi;
e la verità, come spesso avviene, è probabile che si trovi nel mezzo.
"Love songs" è un disco raffinato che esplora
in sostanza due registri stilistici: quello melodioso proprio dei temi delle nostre
canzoni, e un secondo invece di stampo jazzistico. Un disco che per la sua veste
può rimanere nascosto all'attenzione del jazzofilo purista, ma che risulta invece
molto interessante per la varietà dei linguaggi che elabora ed assembla, e per la
forza con cui riesce coinvolgere ed emozionare (sarà anche perché risuonano melodie
legate in un modo o nell'altro alla vita di ciascuno di noi).
La forte carica espressiva della musica di Alberto Mandarini sta
tutta nella rilettura del brano di Tenco Vedrai,Vedrai:
dove si alternano momenti lirici, in cui la melodia del sax del sempre ottimo
Trovesi
vola sui tappeti tessuti dagli archi, a passaggi più arditi e divagazioni – anche
di matrice free – che completano un quadro ricco di stili diversi ma assolutamente
complementari.
Marco De Masi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 25/02/2007
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