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Dino Betti van der Noot
Notes are but wind
Stradivarius (2015)
1. Notes Are But Wind
2. Memories from a Silent Nebula
3. In the Deep Bosom of the Ocean
4. Midwinter Sunshine
5. The Rest Is Music (dedicated to Giorgio Gaslini)
Gianpiero Lo Bello, Alberto Mandarini, Daniele Moretto, Alberto Capra - tromba, flicorno Luca Begonia, Stefano Calcagno, Enrico Allavena - trombone Gianfranco Marchesi - trombone basso Sandro Cerino - dizi, flauti, didjeridoo, sax alto, clarinetto basso Giulio Visibelli - sax soprano e tenore, flauti Francesco Bianchi - clarinetto, sax alto Claudio Tripoli - flauto, sax tenore Gilberto Tarocco - clarinetti, flauto alto, sax baritono Emanuele Parrini - violino Luca Gusella - vibrafono Vincenzo Zitello - arpa Nicola Cattaneo - tastiere Gianluca Alberti - basso elettrico Stefano Bertoli, Tiziano Tononi - batteria, percussioni Dino Betti Van Der Noot - direzione
Con una cadenza regolare, ogni biennio, dal 2009
in poi, Dino Betti esce con un nuovo lavoro discografico e immancabilmente ci sorprende
e conquista con la sua musica multiforme e multicolore. Il titolo del disco, Notes
are but wind, riprende una frase di Shakespeare adeguatamente modificata. Nell'originale:
le parole non sono che aria, qui le note…Non è una novità assoluta. Anche il precedente
album utilizzava una citazione dalla Tempesta dello scrittore inglese: "The stuff
dreams are made on", " siamo fatti della stessa materia dei sogni"…
Il disco è composto da cinque tracce. Due sono già state registrate in "They cannot
know", opera premiatissima, datata 1987. Il
compositore milanese, cioè, va avanti in perfetta continuità con quanto prodotto
fino ad oggi. Anche la big band, forte di una ventina di elementi, vede la conferma
di tanti effettivi. Non ci sono le cantanti, però, presenti nelle ultime incisioni.
Le composizioni non prevedono la loro partecipazione. Manca Alberto Tacchini,
un punto fermo nell'orchestra sino a poco tempo fa. Niccolò Cattaneo, a quel
punto, oltre che delle tastiere elettroniche, viene ad occuparsi pure del pianoforte.
Il nucleo di base, il nocciolo duro della band è stabile, unito e risponde nel migliore
dei modi agli stimoli per far lievitare le idee, le folgorazioni, i colpi di genio
del leader. Betti procede incrociando percorsi differenti e trova equilibri complicati
in questo coacervo di spunti contrastanti. Il basso elettrico e le tastiere, con
l'aggiunta di qualche altro strumento, spargono note e accordi ventosi, aerei per
dar luogo ad introduzioni indefinite e sospese. Il tema è di solito enunciato dalla
sezione-fiati in unisoni corposi e dinamicamente mossi, in crescendo dall'inizio
al prosieguo del brano. Gli assoli germogliano da questo humus fertile, sgomitano
e si fanno strada per venire fuori e gettare nuova luce sul carattere dei vari pezzi.
In secondo piano le percussioni sottolineano una base jazz rock, più rock che jazz
in verità, pulsante e (ir)regolare, con qualche accento africano trasferito sulle
rive del Tamigi.
Non sempre suonano tutti contemporaneamente. A parti comuni, in cui l'orchestra
dispiega la sua compattezza, il suo spessore, succedono intermezzi dedicati a pochi
protagonisti, in un'alternanza virtuosa di pieni e di vuoti. L'ascolto, comunque,
viste le premesse, non è per niente impegnativo. La musica scorre miracolosamente
fluida e senza interferenze, risultando gradevole e intellettuale (nel senso migliore
del termine)
Fra i musicisti arruolati per la registrazione, occorre almeno ricordare Gianluca
Alberti che con il suo basso connota il timbro complessivo dell'ensemble. Fra
i solisti, Mandarini è lirico e trascinante al tempo stesso. Parrini strapazza il
suo violino con un archetto battente, per realizzare interventi graffianti e discorsivi.
Visibelli si lascia andare in un assolo turbinoso, quasi a rivelare la facoltà di
forzare il suo temperamento solitamente mite, meno aggressivo, per questa occasione.
Dino Betti, da parte sua, si gratifica parecchio nel dirigere un gruppo così omogeneo
e disponibile, addirittura entusiasta nell'eseguire le partiture scelte. Il risultato
finale premia il lavoro attento e scrupoloso del leader e lo spirito di collaborazione
mostrato dagli orchestrali.
C'è solo da aggiungere, per concludere, che "Notes are but wind" ha stravinto nel
referendum di Musica jazz come miglior disco del 2015. Ci sarà un motivo?
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 18/09/2016
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