Non è possibile prescindere da una premessa.
Ci sono ben pochi musicisti in Italia, ed anche in Europa, che sentono la musica,
che la vivono e la portano addosso come fosse il più bel capo di abbigliamento,
quello dei giorni più belli. Ci sono pochi musicisti che hanno la poliedria nel
dna. Bene, ciò premesso parliamo di uno di queste rarità:
Vito Di Modugno,
giunto al suo terzo disco da leader, licenziato per la gloriosa e storicamente attenta
alle migliori firme, Red Records
e, oramai, nell'arengo dei musicisti nazionali e non solo.
Di Modugno
è un polistrumentista che può muoversi, con pari abilità, tra il pianoforte, il
fender, l'hammond ed il basso. In questa avventura è affiancato da
Pietro Condorelli
alla chitarra,
Massimo
Manzi alla batteria e dalle "guests": Michele Carrabba al tenore
e Pino Di Modugno, padre del Nostro, alla fisarmonica.
L'afflato è evidente già dal primo brano, Haitian
Fight Song, tributo a
Charles
Mingus, vissuto e suonato con vibrante scioltezza. Poi un alternarsi
di brani caratterizzati da sonorità ad ampio spettro, lì dove
Vito Di Modugno
dialoga ora con un
Condorelli
particolarmente ispirato (Ok The Time is Right,
Delgado), ora con Carabba, tenorista
che sa ricamare tonalità angolate come pochi, senza perdersi in vuoti assiomi (If,
The Big), ovvero, ancora, con il padre, inarrestabile
fantasista della fisarmonica e profondo conoscitore dei tessuti armonici e melodici
anche della tradizione popolare: Pino Di Modugno, che in
Got a Match di
Chick Corea,
lavora il suono in maniera tale da renderlo parossisticamente coinvolgente. Le tessiture
dinamiche di
Massimo
Manzi amalgamano perfettamente le componenti melodiche e ritmiche che
vedono Vito
Di Modugno, energicamente, originare percorsi di ogni tipo.
Una particolare menzione merita, per un barese d.o.c.,
La Zita di Ceglie. Sincretica rappresentazione
di suoni, odori, colori della tradizione pugliese, così come è nella locuzione (fidanzata
abbandonata, ma questa "traduzione" è riduttiva rispetto all'anamnesi storica).
Un lavoro vigoroso e virulento, contagioso.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 09/04/2008
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