4 chitarre, 4 teste, 4 cuori, 4 modi diversi di suonare l'"ascia" a 6 corde. Quattro musicisti in grado di far diventare voce il proprio suono.
Consolidata l'esperienza del Contemporary Jazz Guitars, alias
Condorelli,
Farias e
Onorato, i tre hanno pensato bene, come guest del nuovo album, di aggiungerne una quarta...E quale se non quella di colui che è e rimarrà l'icona della chitarra jazz in Italia? Stiamo ovviamente parlando di Franco Cerri, signore che con entusiasmo, umiltà ed eleganza al tempo stesso integra le note a quelle dei tre colleghi. Note pesanti, note cariche di una saggezza che i tre "moschettieri" partenopei avranno senza dubbio colto e serbato nel proprio bagaglio delle esperienze.
La presenza di
Cerri su Brasil scandisce l'imprinting del brano dato che vi espone il tema con una leggerezza dietro la quale si adegua la ritmica, Su L'Ipae, brano composto dallo stesso
Cerri, tema corale (molto moderno!) delle quattro chitarre a mo' di sezione fiati ellingtoniana e giro di soli con evidenza agli aspetti ritmici in quello di
Cerri dotato di un notevole senso dello swing. La conduzione tipica da sezione fiati diventa più
rimarcata sul bell'Ortigia di
Farias, un soft-anatole dove le note "secche" del solo di
Cerri si intervallano con un fraseggio che prende quota per cedere poi il passo ai soli del tre leaders. Riguardo gli altri brani, l'apertura è affidata alla title track di Jimmy Giuffrè, fluida, scorre senza "intoppi" con un perfetto passaggio tra i soli quasi a renderli un'unica cosa. Analogamente More, adattata per l'occasione e Meditation dove
Farias risulta particolarmente ispirato. Una dedica con Sitar firmata da
Onorato al Bangladesh e a George Harrison
che negli ultimi anni della sua vita si era impegnato per la difesa dei
diritti degli abitanti di questo paese. The Fake Blues,
tipicamente condorelliano, aperto, rarefatto, offre l'opportunità di ascoltare meglio la capacità di amalgama essendo qui più marcate alcune estemporaneità colte sia dalle chitarre che dalla ritmica.
In tutto l'album Salvatore Tranchini e Angelo Farias sono assolutamente congeniali fornendo compattezza sui suoni, contribuendo alla fluidità a cui si è fatto cenno senza mai prevaricazione.
Un album "sicuro", nel senso del contenuto qualitativo e del livello esecutivo ma anche del "rischio" che il Contemporary Jazz Guitars
si è assunto. In un prossimo step, magari, non sarebbe errato "osare" qualcosa in più...
Marco Losavio per Jazzitalia