via
L. Fioravanti 26
64020 Nepezzano (TE)
Tel./Fax 0861.558611
email:
info@widesound.it
La freschezza esecutiva di questo lavoro si specchia profondamente nell'età della vocalist emiliana. Rita Cervellati, giovane jazz singer, propone le sue rivisitazioni e le sue liriche con assoluta padronanza di linguaggio non solo squisitamente jazzistico, ma anche denso di sonorità, per certi versi, perdutesi nel tempo.
La fusione di suoni, la merge di ritmi, delle parole in libertà o ben inquadrate in schemi armonici, caratterizza in parte il lavoro. Gli otto brani eseguiti sono classici rivisitati, rimodellati. E in alcuni casi tale opera di restyling è riuscita grazie all'abilità esecutiva della musicista bolognese che ha saputo ricostruire dei frammenti di storia del jazz avvalendosi di strutture musicali ben differenti. Come nel caso del brano d'apertura: Indiana che ha uno start reggae per poi evolversi in uno swing d'annata, lucido e ben guidato dal vocal no-sense della Cervellati.
Good Ol' Day di Jon Hendricks conferma quanto la Cervellati sia ben a conoscenza dello scat e dell'improvvisazione vocale, studiata a fondo proprio con Michele, figlia del leggendario compositore del brano in questione.
Il corposo gruppo che accompagna l'artista felsinea la sorregge in ogni suo "capriccio" vocale. Gli sviluppi armonici di Renato Chicco al piano aprono ai fraseggi caldi e corposi del sax di
Michele Polga che alimentano il pathos della sempre meravigliosa Malafemmena, un classico più volte rivisitato in chiave jazz che, però, in questa esecuzione appare piuttosto sfilacciato nell'aspetto vocale. Forse per una dizione troppo "italiana" rispetto a quella partenopea che sarebbe necessitata. La chiave di lettura risulta una via di mezzo tra il remake e l'esecuzione standard.
Celia di Bud Powell è riempita dalle liriche della Cervellati che riesce a donare una maggiore sinuosità agli affreschi sonori dipinti dal pianista afroamericano.
Altro passaggio classico è la breve Something to live for
di Strayhorn. La chitarra e la voce che si scambiano le note e si rincorrono, amoreggiano e gigioneggiano.
Ancora Bud Powell con Hallucintations consente alla Cervellati di mettere in evidenza la sua padronanza nello scat.
World blues è l'unico brano tutto originale. Cantabile, orecchiabile ma per certi versi troppo comune e molto deja-vu.
Chiude un altro classico, ancora di Strayhorn, Lush Life, romantico, melanconico un po' troppo volutamente suggestivo e forse, primo caso, privo di una adeguata interpretazione.
Il lavoro scorre rapido, orecchiabile con punte di gradevole lirismo e di freschezza esecutiva, come già detto. E' ben suonato, e Rita Cervellati dimostra di avere sufficiente padronanza della propria voce. E' il primo frutto tangibile del lavoro fino ad ora svolto, ma si avverte la mancanza del senso narrativo che forse solo l'esperienza potrà produrre.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia