La vitalità
creativa della provincia italiana trova conferma nel crescente fermento
artistico dell'austero territorio abruzzese, dal quale emergono vari musicisti
più che interessanti come il percussionista
Claudio Canzano, qui al proprio
esordio discografico, che per l'occasione si è giustamente circondato di vari
musicisti della sua regione come il brillante pianista (fecondo compositore)
Paolo Di Sabatino, conosciuto oramai a livello internazionale grazie al suo
ultimo disco con John Patitucci e Horacio "El Negro" Hernandez
(Threeo).
Non si pensi però ad una collaborazione occasionale fra Claudio e Paolo: si
tratta anzi duna co/leadership riscontrabile nei tre brani eseguiti in duetto
("La belle dame sans regrèts", "O que serà, que serà" e "Letizia").
Il primo è
caratterizzato da una certa linearità melodica con un assai discreto
accompagnamento di Canzano (qui alla batteria) mentre nel secondo notiamo la
padronanza delle congas di Claudio che, dopo il lirico e partecipe solismo del
piano, si ritaglia un assolo ricco di musicalità.
"Letizia" è uno dei momenti, a mio avviso, di più alto "interplay", con
un'intensa introduzione e un costante crescendo dinamico di Di Sabatino ben
coadiuvato da Claudio (unico brano già inciso da Paolo in quartetto con me,
Fabrizio Bosso e Pietro Ciancaglini
per l'etichetta americana Hallway).
L'opportuno inserimento di Del Grande nel capolavoro di Jobim "Retrato em branco
e preto" consente una rilassata esposizione tematica in registro medio/basso a
Paolo, mentre Claudio inventa nel suo set vari colori e figure di commento
ritmico.
Sia nei brani a tempo medio o lento che in quelli veloci il sostegno della mano
sinistra di Di Sabatino rende sempre vivo il mood latino, rendendo superflua la
presenza del basso. Questa dote particolarmente enfatizzata dal brano "Ritratto
sudamericano" suonato al piano elettrico con il timbro del buon vecchio Fender Rhodes.
Grazie anche alla robusta presenza del sax tenore di Gianluca Caporale
(altra
giovane realtà della terra del Gran Sasso), questo brano risulta un'altra punta
di diamante del disco, dove Claudio offre una gamma completa di trascinanti
timbri percussivi ben miscelati: viene voglia di ballare!
Quasi a non voler tralasciare nessun ritmo importante di derivazione latina,
troviamo anche un bel tango: "Nelly" eseguito in trio con il validissimo
fisarmonicista Renzo Ruggieri. Per esperienza diretta so quanto sia arduo
scegliere l'accompagnamento "giusto" di un tango "Argentino" senza cadere nel
banale o nel kitsch. Claudio affronta e risolve il problema col Cajon (una
specie di cassa in legno che si percuote mentre ci si sta seduti sopra).
Per la title track del CD, che è anche l'unico pezzo firmato da Claudio (L'amo),
incontriamo altri due bravi artisti in simbiosi umana e musicale: il bassista
Maurizio Rolli e la vocalist
Diana Torto, che interpreta la sinuosa e melanconica
melodia di Canzano con una voce piena di amonici. Lo stesso quartetto interpreta
un ulteriore original di Paolo, "Basso e chiudo", nel quale anche Rolli trova un
abile spunto solistico, supportato da marcati accenti in levare del piano e da
fioriture ritmiche delle congas.
Così si chiude questo disco al quale va aggiunto il merito di una buona sonorità
generale.
In definitiva:
Claudio Canzano, secondo me, supera questa prima prova
discografica mettendosi in ottima luce senza gli impacci o eccessi che spesso
affliggono gli esordi. Qui anzi vediamo spesso come l'armamentario percussivo
sia usato al servizio esclusivo della musica, giungendo perfino al silenzio
totale, come nella nota ballad "Una lunga storia d'amore" di Gino Paoli
interpretata dal pianoforte di
Paolo Di Sabatino.
Aggiungo, inoltre, che ho avuto modo di ascoltare Claudio dal vivo, constatando
una incredibile energia e coinvolgimento durante l'esecuzione dei vari brani!
Consiglio a tutti di andare a vedere un suo concerto!
Massimo Manzi
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Data pubblicazione: 28/03/2002
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