Una musica viscerale, forte, non facile, ma vera, profonda, proveniente, appunto, dall'anima. Quella più "acida", messa a confronto ogni giorno con ciò che ci circonda, quella che assimila, che accumula e che è sempre lì pronta a suggerire, consigliare, bene, male...Quella che si deve liberare e
si deve lasciar andare, come in un rito tribale. Quella che cerca sempre di farsi ascoltare e che non è facile ascoltarla, ma quando si riesce a farlo allora vengono a galla molte asperità nascoste, e tutto sembra più chiaro, più ovvio, più facile. Si comincia a seguire la stessa direzione e si comincia anche ad intuire il passo successivo.
E' quello che accade ascoltando brano dopo brano The Voice Within, di
Fabio Morgera, un album di jazz, funk, dance, hip hop, ricco di contaminazioni nere, suoni elettronici, artefatti, un album che per certi versi giunge laddove forse Miles sarebbe arrivato. Su ritmi e groove "tosti" si fa largo, con autorità, il fraseggio jazz della tromba di
Morgera che già nel brano d'apertura Positive, disegna percorsi fluidi, pur armonicamente impervi, intrecciandosi con la voce dell'anima qui rappresentata dalla giovane ed eclettica
Kryslte Warren.
Chi ha partecipato a questo album deve necessariamente aver scelto di esporre la propria voce interiore come ha fatto Stefano Di Battista
in Slave of Passion, con un incredibile solo ottimamente
"rincorso" dalle tastiere. In
Balinese vi è solarità evocata dall'unisono della
mute trumpet e del trombone per poi cedere il passo all'altra faccia, quella tribale, primitiva, dell'induismo
a metà tra rito e devozione evocata invece dalle tastiere.
Un originale wha-wha e il trombone di Josh Roseman in commistione con la voce del rapper e poeta
Dyonisius rendono il raggae Holy Ganja davvero intrigante...una
"droga sacra" dato che tutte le religioni, nell'estrema esternazione
rituale rendono il corpo assuefatto, rapito, coinvolto.
Fertility, un'altra danza, un altro rito, con un suono di tromba davvero incredibile e con la voce della
Warren più che adeguata, capace di seguire l'escalation ritmica che il brano percorre agevolando l'evocazione, questa volta, della fertilità. Improvviso stacco, l'Alleria di Pino Daniele con solo un "tappeto" di keyboards sul quale il suono pulito della tromba di
Morgera è semplicemente da ascoltare.
Utilizzare il violoncello insieme al suono dello scratching di un DJ
e al canto di un rapper, potrebbe risultare al limite del "blasfemo"...ma
si può. The Power of Truth pone dinanzi alla coscienza il problema delle spalle al muro, quelle che si hanno quando la verità c'è, con tutta la sua forza.
In Down with it, la chitarra elettrica e distorta di
Saul Rubin è introdotta da
un suono di tromba ancora una volta filtrato da un effettistica che ne avvicina
il peso dinamico quasi a dimostrazione che oltre un certo limite tutti gli
strumenti possono esprimersi in egual modo.In
Fourteen,
su uno "scomposto" groove batteristico, la tromba di
Morgera con una
line che sembra "solenne", percorre vari sentieri ora virtuosi ora meno rendendo il tutto molto fluido nonostante la complessa figurazione ritmica.
Lo sperimentatore Eddie Harris è giustamente accolto tra gli autori con la sua Freedom Jazz Dance, il rito questa volta è in onore della musica afroamericana. Per
il raffinato Angel è sufficiente una chitarra classica, la voce di
Morgera (bella scoperta!), l'armonica meravigliosa di Gregoire Maret (ha fatto bene Metheny ad accoglierlo nel PMG...). Quando la verità emerge,
con la sua forza dirompente, spesso risulta incredibile, al punto da...non
crederci. Suonato live, The Incredible Truth vede come compendio tutti i suoni ascoltati con in più la voce libera di una
Norah Jones mai ascoltata così...da non crederci.
Al termine dell'ascolto di questo album si desidera di "riposarsi", se si è rimasti molto coinvolti, oppure ci si ritrova a riascoltarlo, e allora,
bisogna far attenzione, perchè vuol dire che pian piano sta diventando una sorta di "holy ganja"
che rischia di rendere trasgressivi i propri gusti musicali.
Marco Losavio per Jazzitalia