Prodotto da Wide Sound & Gianluca Brugnano Produttore esecutivo: Musicomania Editoriale Registrato da Roberto Schiano presso il Muddle Music Factory dal novembre 2004 al dicembre 2005 Missato e masterizzato da Giuseppe Cozzolino presso il Pepper Studio Foto di Camilla Sferruzza Artwork: Assenti Studio Codice WD154
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Gianluca Brugnano
I Can Fly
1. I can fly – 7,33
2. A child – 5,54
3. Five in New York - 5,18
4. Canzone per Claudia Cardinale – 7,30
5. My father – 5,48
6. Oh mama – 4,34
Gianluca Brugnano - chitarra e batteria Antonio Onorato - chitarra solista Marco Zurzolo - sax alto Pippo Matino - basso Roberto Schiano - trombone Diego Imparato - basso e contrabbasso Carlo Lomanto - voce Armanda Desidery - pianoforte Giuseppe Cozzolino - tastiere Michela Montalto - voce Rocco Di Maiolo - sax soprano
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64020 Nepezzano (TE)
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La nuova scuola napoletana di jazz – parte IV
di Massimiliano Cerreto
Come nei casi di "My Big Room" (di
Luca Gianquitto),
di "70's Soundtrack" (di
Diego Imparato)
e "Departures" (di
Daniele Esposito),
raccontare di "I Can Fly", il primo disco del batterista
Gianluca
Brugnano, significa raccontare anche della nuova realtà jazzistica partenopea,
da sempre contraddistinta da un'innata attitudine alla contaminazione. Doveroso
aggiungere che ciascuno dei musicisti citati ha scelto un proprio percorso stilistico
e sarebbe un grave errore non tenere conto delle differenze che contraddistinguono
le loro produzioni discografiche. Ma è un dato di fatto che esiste una nuova scuola
napoletana di jazz, e che ha molto da dire.
Tra le peculiarità stilistiche di
Gianluca
Brugnano va posta in evidenza, innanzitutto, la sua particolare attenzione
agli aspetti melodici e armonici. Cosa non comune per chi è abituato a sedere dietro
i tamburi. Ma che si spiega, almeno in parte, per via del suo primo approccio alla
musica, che è avvenuto grazie alla passione nei confronti della chitarra. Del resto,
in "I Can Fly", tutte le chitarre d'accompagnamento sono suonate da lui.
"In merito alla chitarra non uso un voicing convenzionale. Più in generale, sono
attratto dalla forma canzone, con cui il jazz ha sempre avuto un fortissimo legame.
Basti pensare agli standards. In altre parole, prediligo temi cantabili, di quelli
che restano nella mente degli ascoltatori". (Gianluca
Brugnano)
Non meno interessante capire da cosa nasce il titolo dell'album: "Da
bambino, e un po' ancora oggi, soffrivo di vertigini. Nonostante questo, ho sempre
sognato di poter volare. Perché volare è come immaginare, è come sognare. E la musica
è esattamente così. Non solo. Pensiamo al volo degli uccelli. Non è, forse, ritmico
il loro modo di muovere le ali? Suonare la batteria, per me, è anche un modo per
imitare questo movimento". (Gianluca
Brugnano)
Ascoltando la title track si comprende quanto le parole del giovane
batterista partenopeo siano sincere. La piacevolissima ariosità dell'armonia, la
voce di Carlo Lomanto, il dialogo tra il trombone di Roberto Schiano
il pianoforte di Armanda Desideri e la batteria di
Gianluca
Brugnano ne sono solo alcuni esempi. Per non parlare del lungo e articolato
intervento chitarristico di
Antonio Onorato.
"In questo brano c'è un incontro tra l'Africa e la musica napoletana. Questo
lo si avverte, soprattutto, da un punto di vista della scansione ritmica, che è
pensata - movimento per movimento- in base al concetto dell'uno". (Gianluca
Brugnano)
Sicuramente più intimista (ma non meno bella) è
A child. In questa
ballad c'è, da come si evince anche dal titolo, un evidente richiamo al momento
dell'infanzia. "E' il mio modo di rappresentare la capacità di essere sorpresi
dalla vita che hanno i bambini". (Gianluca
Brugnano) Anche qui ci troviamo di fronte ad una vera e propria song.
Degni di nota, come sempre gli interventi di
Marco Zurzolo
(con cui
Gianluca Brugnano ha condiviso l'esperienza del festival di Montreal,
del Blue Note
di New York e della edizione australiana di Umbria Jazz nda). E lo sono anche
la voce di Michela Montalto e il suono delle spazzole.
Particolare la storia che si nasconde dietro le note di
Five in New York. "Al
ritorno da New York, mi riferisco alla prima volta che ci sono andato al seguito
del chitarrista Gianni Guarracino, ho pensato a questo brano, che è il più
americano del disco. Il titolo non prende il nome solo dalla scansione ritmica,
che è in cinque, ma anche dal numero di musicisti sul palco. In altre parole, rappresenta
il tentativo di restituire all'ascoltatore l'atmosfera che ho vissuto in quel periodo".
(Gianluca
Brugnano) Ciò che emerge maggiormente in questo brano è senza dubbio
la sezione fiati, che è composta da
Marco Zurzolo
e Roberto Schiano. Ma impossibile non accorgersi anche dello splendido lavoro
da parte del bassista
Pippo Matino,
che qui è in un contesto diverso da quelli che lo vedono abitualmente protagonista.
Il supporto di
Pippo Matino, come anche quello offerto dalla sezione fiati, danno
a Gianluca
Brugnano la possibilità di esprimersi in maniera molto creativa. Attenzione
agli ultimi istanti del brano (ma questa è una sorpresa).
A dire il vero, il brano in cui il musicista napoletano esprime tutto
il suo essere batterista è Canzone
per Claudia Cardinale. "L'inizio è un solo di batteria molto articolato,
un po' alla maniera di Antonio Sanchez, che considero un musicista molto
interessante e moderno. Il pezzo nasce dalla visione di un film con Claudia Cardinale
– "C'era una volta il west" - e il solo di Giuseppe Cozzolino alle tastiere,
ad esempio, s'ispira molto alle visioni di Ennio Moricone". (Gianluca
Brugnano) Si tratta di una composizione decisamente particolare in quanto
c'è quasi una frattura tra la prima parte di essa (il solo di batteria) e la seconda,
che è una vera e propria forma canzone, seppure con dei temi molto larghi. Aldilà
dell'ottima interpretazione del già citato Giuseppe Cozzolino, merita attenzione
il binomio
Antonio Onorato e
Pippo Matino.
Due composizioni, la prima dedicata al padre e una seconda dedicata alla
madre, chiudono l'album. My Father
è una ballad scandita dal trombone di Roberto Schiano (che qui mostra una
grandissima sensibilità nel caratterizzare le atmosfere) e dal pianoforte di
Armanda Desidery (che, in alcuni momenti, sembra quasi interpretare una sorta
di "controcanto"). Volutamente delicati ed eterei sono i suoni del contrabbasso
di Diego Imparato
e della batteria. "Mio padre è una persona molto energica, vulcanica, con un'energia
incredibile. In questo brano ne ho raccontato l'aspetto più intimista". (Gianluca
Brugnano) Oh mama
sembra, invece, una sorta di reprise del primo brano, grazie anche alla voce
di Carlo Lomanto. Piacevole l'armonia di contrasti che si viene a creare
in questa composizione. "Il sound che emerge è molto etereo. Non è aggressivo,
ma neppure eccessivamente melodico. Un po' come il carattere di mia madre".
(Gianluca
Brugnano) Interessante anche il solo di contrabbasso di
Diego Imparato.
E vero, "I Can Fly" è un'opera prima. Ma
Gianluca
Brugnano, a dispetto anche della giovane età, ha dato alle stampe un
album in grado di soddisfare anche le esigenze degli ascoltatori più esperti. Senza
trascurare che le composizioni dell'album, soprattutto per la loro affinità con
la forma canzone, possono risultare piacevolissime anche per chi non ascolta abitualmente
jazz.
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Data pubblicazione: 14/10/2006
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