Il jazz alla maniera di Marco Zurzolo
Il rito della Madonna dell'Arco, le poesie di Raffaele Viviani e la maschera di Pulcinella. Tre icone della napoletanità, e tre momenti della carriera artistica del sassofonista e compositore Marco Zurzolo: "Ex voto", "Napoli ventre del Sud" e "Pulcinella", tutti editi dall'Egea Records.
E, ancora per l'Egea Records, esce "Sette e mezzo", il suo ultimo disco. Seppure Napoli, intesa più come un modo di essere interiore che un luogo geografico, sia sempre molto presente nelle sue composizioni attuali, "Sette e mezzo, è l'inizio di un nuovo modo di guardare alla musica, più intimista e romantico. Ho intitolato questo lavoro con il nome di un gioco di carte perché come giocatori andiamo per la nostra strada concentrati solo sul nostro fine, senza pensare che a volte bisogna aspettare e guardare ciò che accade al mondo attorno a noi. L'ho intitolato come un gioco di carte napoletane perché Napoli è sempre presente nella mia vita ed, in questo momento particolare, è emblema di questo atteggiamento" (Marco Zurzolo)
La svolta artistica si può ravvisare, oltre che nelle composizioni e negli arrangiamenti, anche nella scelta dei musicisti. La
Mamma Vita Mia Band, il piacevolmente caotico ensemble a geometria variabile che lo aveva accompagnato nei dischi precedenti, lascia il posto ad un quintetto, che è arricchito dalla presenza d'ospiti quali, Marc Johnson (contrabbasso) e Gabriele Mirabassi (clarinetto). Mentre un ruolo portante, e in tutti i brani, lo hanno le chitarre (acustiche e classiche) di
Carlo Fimiani. Senza dimenticare che Vittorio Riva, qui impegnato anche nelle vesti di percussionista, è il vero alterego musicale (e non solo ritmico) di Marco Zurzolo, da sempre. A rimanere immutata, è anche quella fusione tra jazz e tradizione popolare che ha dato vita, nel corso degli anni, ad un genere assolutamente unico.
L'album inizia con "Torno a sud". Dopo una parte introduttiva molto evocativa (merito del talento di
Erasmo Petringa), la composizione assume un andamento simile a quello della tamurriata, ma con sonorità più moderne. Molto caratterizzante anche il solo di Marc Johnson, cui va riconosciuta la rara abilità di calarsi in una tradizione musicale diversa da quella propria. Meritano attenzione anche l'elegante uso delle spazzole da parte di
Vittorio Riva e l'accostamento tra il sax baritono di Gabriella Grossi
e il sax alto di Marco Zurzolo.
In "Cinque e un po'", i richiami più evidenti sono alle sonorità bandistiche, quelle che tanto avevano caratterizzato l'album "Ex voto". Il brano è un continuo alternarsi di momenti diversi, tutti di grande intensità ed energia. Se nel tema A è in evidenza il rapporto tra il trombone di Alessandro Tedesco e il contrabbasso di
Giuseppe Timbro, nella parte B è davvero notevole la sovrapposizione di tempi dispari con suddivisioni binarie ad opera di
Vittorio Riva, che qui suona anche la darbouka. Senza dubbio tra i brani più belli di Marco Zurzolo, anche per la sua capacità di ottenere dal sax voci molto differenti.
Una ballata popolare in 3/4. Ecco "E duje piscature", che si apre con la chitarra di
Carlo Fimiani e (poco dopo) il clarinetto di Gabriele Mirabassi. Ascoltando questo brano si ha l'impressione di ascoltare un'Italia che non c'è più. Sensazione acuita dall'uso di percussioni di tipo bandistico quali, il rullante, la grancassa e i piatti sinfonici. Per nulla avulse dal contesto, le due parti in cui il brano assume un'atmosfera mediorientale in 12/8. Gli ammiratori di Marco Zurzolo vi ritroveranno, infatti, alcune ispirazioni tematiche già presenti in "Napoli Ventre del Sud".
Mai un titolo è stato così in grado di dare il senso di un brano come nel caso di "Vient
'e mare". Anche qui ci troviamo di fronte ad una ballata popolare, ma ancora più romantica della precedente. Molto interessante la cadenza jazzistica e l'uso delle spazzole, che qui danno l'idea delle onde del mare. Per non parlare del solo di Marc Johnson, che ha un solo difetto: è troppo breve. In primo piano, più che altrove, la "voce" di Marco Zurzolo.
Assolutamente nello spirito del disco, ma diversa da tutte le altre composizioni è la title track. Non è azzardato parlare di una fusion con vaghe sfumature funky, ma rigorosamente acustica. Tra le peculiarità stilistiche di Marco Zurzolo, l'abilità nel sorprendere l'ascoltatore. Quasi d'improvviso, arriva una sezione, introdotta dall'oud di
Erasmo Petringa, che cambia completamente le carte in tavole. Davvero ottimo il lavoro di tutti i musicisti, e di grande efficacia ritmica la sovrapposizione del 7/8 con l'andamento del 4/4 scandito dal charleston. Infine, non è azzardato pensare che alcune sonorità del sax siano un omaggio ad uno dei grandi "maestri" di Marco Zurzolo: James Senese.
In "Napoletana a coppe", la parte introduttiva è lasciata nuovamente agli strumenti a corde. L'andamento è quello della musica popolare, ma vi sono delle raffinatezze percussive e armoniche che lo rendono qualcosa di diverso e originale. A volerlo descrivere con le parole, fa pensare ad una notte d'inverno, e ad un viaggio che è già iniziato, ma che non si sa dove possa portare. Tra i momenti più belli, aldilà dell'intensità dei temi, quelli solistici ad opera di Marco Zurzolo e
Carlo Fimiani.
Ancora una notte, ma a Bayamo. La composizione è caratterizzata da una struttura articolata in più momenti. Sembra quasi che Marco Zurzolo
abbia voluto raccontarci una storia d'amore, ma da angolazioni e punti di vista
diversi. Probabilmente, è proprio "Notte a Bayamo" che rappresenta in modo migliore il senso dell'intero album. In tale brano, vi sono racchiuse, infatti, tutte le matrici ispirative da cui prende vita. Semplicemente straordinario il lavoro di tutti i musicisti e bellissimo il finale.
Sarà per il titolo, ma "Rosso Pomigliano" evoca alla memoria la musica di uno storico gruppo che, è nato proprio a Pomigliano D'arco: "e' Zezi". L'elemento ritmico e, in particolar modo, la percussione gioca un ruolo fondamentale nello scandire questa ballata popolare, soprattutto nella parte finale. Per la sua forza espressiva, sarebbe piaciuta anche ad un artista come Fabrizio De Andrè.
La voce di Sofia, la piccolissima figlia di Marco Zurzolo, apre il brano a lei dedicato. Si tratta di un atto d'amore di un padre, e ogni parola è superflua.
Il jazz e Marco Zurzolo, anzi il jazz alla maniera di Marco Zurzolo.
Potrebbe essere questo il sottotitolo di "…e sto bbene", espressione che si usa nel gioco del sette e mezzo quando non si vogliono più carte. Per la sua energia, è sicuramente tra i brani che si prestano maggiormente ad un'esecuzione dal vivo. Qui troviamo anche uno dei più bei momenti solistici dell'album: quello di Gabriele Mirabassi. E sensazionale è, poi, lo special di Marco Zurzolo.
Ascoltando "Sette e mezzo" si comprende, quindi, la ragione del successo di un artista che è stato l'unico ospite italiano dello scorso Montreal Jazz Festival, e tra i più applauditi nell'edizione australiana di Umbria Jazz 2005. Chi già conosceva i dischi di Marco Zurzolo, troverà un artista che ha raggiunto una nuova tappa della propria evoluzione artistica. Chi non ha ancora ascoltato la sua musica, ha la possibilità, oggi, di ascoltare il suo disco più bello: "Sette e mezzo".
Massimiliano Cerreto per
Jazzitalia