"L'amico del vento" (Ed. EGEA) è uno di quei dischi il cui ascolto è non solo consigliabile, ma addirittura indispensabile per capire in quale prospettiva i jazzisti italiani stiano innovando la musica basata sull'improvvisazione.
Questo è dovuto prima di tutto alla atipicità della formazione, in cui Stefano 'Cocco' Cantini (che ha, specialmente al sax soprano, un timbro
davvero unico) è supportato dal tocco angelico di Rita Marcotulli, da un bassista come Lello Pareti (di cui è evidente la grande personalità solistica, nonostante egli sappia essere anche un sensibilissimo e discreto "accompagnatore") e da Mauro Grossi, che arrangia e dirige il quartetto d'archi trattandolo come un vero e proprio strumento aggiuntivo (e usandolo da jazzista).
L'approccio jazzistico del gruppo (i cui componenti sono autori di quasi tutti i brani) è il mero punto di partenza per affrontare un materiale che, a prescindere dalle categorie in cui lo si voglia includere, è Musica nel senso più ampio e completo del termine: cioè appunto suoni evocativi di immagini, senza compromessi ne' limiti.
Il risultato è un lavoro il cui carattere sperimentale e "colto" non pregiudica mai la gradevolezza dell'ascolto, mantenendo un impianto melodico rispettosamente "italiano".
A prescindere da questi aspetti tecnici l'elemento dominante del disco, in cui il titolare fa suonare a un gruppo di amici brani dedicati ad altri amici, è proprio questo clima di grande amicizia, dovuto all'affiatamento tra collaboratori "storici", qui riuniti in formazione unica dopo aver ciascuno di essi accompagnato Cantini in altri progetti e in contesti musicali differenti.
Una particolarità: l'organico non prevede un batterista (e francamente non se ne sente affatto la mancanza). Considerando che le percussioni sono effetto del "percuotere", la scelta di farne a meno sa quasi di non-violenza.
E in tempi come questi non mi sembra poco...
Gianni Rubolino per Jazzitalia